Tanto tuonò che piovve! La dove è stato impossibile arrivare democraticamente, lo si vorrebbe imporre per legge. I partiti politici che detengono la maggioranza di Governo affrettano i tempi e mostrano interesse per l’“Autonomia differenziata” da realizzare, guarda caso, tanto per cominciare in Lombardia e in Veneto, senza tener conto che l’Italia è divisa in tante realtà, l’una diversa dall’altra.
La voglia di gestire la propria regione come si vuole non tiene conto dell’unità d’Italia, nata dal Risorgimento, che non può essere al servizio di nessuno; men che meno per realizzare “isole autonome”.
Pur comprendendo che la Lega deve alla “sua” gente riconoscenza per l’apporto elettorale che riceve ogniqualvolta ne ha bisogno, allo stesso modo non può dimenticare che l’Italia risorgimentale non può essere al servizio di alcuno che non sia la comunità nazionale. Così come sarebbe un’impresa ardua equiparare le regioni del Mezzogiorno a quelle del Nord, riconoscendo a queste ultime un benessere difficilmente riscontrabile. Se ne è accorto anche il ministro per la Salute, Orazio Schillaci, di “Fratelli d’Italia” che ha lanciato un monito sostenendo che le Regioni debbano essere “guidate” dal suo Ministero per aiutare chi non riesce a lavorare bene. Ingiustificabile l’attacco di Salvini che, di rimando, ha affermato che «se il livello di assistenza sanitaria in alcune regioni è scadente, è solo per l’incapacità di alcuni presidenti di regione». Parabola significa che secondo il vicepresidente del Consiglio chi abita in alcune regioni del Mezzogiorno può contare su una Sanità diversa. Tanto perché l’Italia è un “Paese unito” e democratico, ma soprattutto perché non è affatto vero che l’obiettivo prefissato è di imboccare la strada della territorialità, collaudata sin dai tempi del “federalismo” di Umberto Bossi. Adesso, magari profittando dell’incarico di Ministro per gli affari regionali dell’onorevole Calderoli, si vorrebbe imporre ciò che non è stato possibile realizzare in passato. È come se qualcuno si fosse dimenticato dei valori acquisiti con l’Unità d’Italia che costò la vita a tanti italiani.
Già Bossi tentò di instaurare il “federalismo” che non escludeva la “secessione da uno Stato iniquo”, come la Lega considerava in quel tempo, e forse lo ritiene anche oggi, l’Italia. Ora che il tempo ha modificato molte cose, la proposta ritorna d’attualità per iniziativa del ministro Calderoli, il quale, evidentemente pervaso dai “valori sovranisti”, propone l’autonomia anche scontrandosi con Fratelli d’Italia che, al contrario, è un partito nazionalista e centralista.
L’iniziativa è valsa, comunque vada a finire, a far protestare i territori del Centro, e soprattutto del Sud, alcuni dei quali hanno chiesto al Presidente della Repubblica di fermare questo disegno di legge. Tra i promotori c’è anche Catanzaro che è il capoluogo della Calabria e questo fa onore alla cittadinanza e agli amministratori.
In una lettera inviata al Presidente Mattarella la Città di Catanzaro preannuncia la mobilitazione per manifestare dissenso da ciò che l’autonomia comporta. Il Capoluogo della Calabria è una delle 140 città del Mezzogiorno i cui sindaci rendono grazie al Presidente della Repubblica per avere dedicato un passaggio del suo discorso di fine anno alle “ingiustizie tra i territori” e hanno sollecitato le forze politiche a non insistere con i progetti di “autonomia differenziata” che possono solo aumentare le differenze tra le regioni.
Contro l’iniziativa di Calderoli si è schierata anche l’Associazione nazionale comuni italiani della Sicilia, che sottolinea come «l’insistenza può comportare la frammentazione del territorio nazionale».
L’Associazione calabrese, invece, si è riservata di inviare un documento al Capo dello Stato, considerato che in Calabria anche un movimento di cittadini auspica una legge di iniziativa popolare che promuova un referendum sul “presidenzialismo”. Secondo costoro è indispensabile che chiunque intenda apportare modifiche alla “Carta Costituzionale” lo deve fare coinvolgendo la popolazione e usando i mezzi voluti dalla democrazia, cioè il referendum. La Costituzione italiana, peraltro, prevede che “il regionalismo” deve essere solidale per non lasciare indietro nessuno.
È un dato di fatto che Calderoli rischia di dover rendere conto al Paese a seguito di un progetto che può finire anche in sede giudiziaria, considerato che da più parti si sostiene che esso rappresenta l’antitesi dei valori voluti dall’Unità d’Italia. Le avvisaglie, come si vede, ci sono e non provengono solo dalle regioni meridionali; il Presidente della Liguria, Michele Emiliano, considera la proposta Calderoli difficile da attuare e, come lui, altri presidenti di regione sono pronti ad opporsi. Il professor Viesti, per esempio, ha definito il progetto «la secessione dei ricchi», ovvero un sistema per trattenere le tasse versate dai cittadini di ciascuna regione per avere una maggiore efficienza di spesa. Si trascura così il presupposto della “perequazione” che fa parte dei principi fondanti della Costituzione del nostro Paese.
Il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, mette “l’accento al posto giusto” quando afferma che bisogna dare attuazione anche alla parte della Costituzione che riguarda i diritti civili e sociali degli italiani e il ruolo delle regioni. «Per farlo – sostiene Occhiuto – bisogna che si definiscano prima i diritti che vanno riconosciuti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Così come – aggiunge il Presidente della Calabria – è utile che si archivi l’ingiusto criterio della spesa storica per finanziare questi diritti, ma che si faccia funzionare la perequazione».
Occhiuto ammonisce infine che «la Calabria non appoggerà alcuna fuga in avanti soltanto per una parte della legge che riguarda l’autonomia differenziata perché riteniamo che nella Costituzione tutto va tenuto insieme, anche quando si tratta di attuarla».
*giornalista
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