CATANZARO «La realtà carceraria si conferma una realtà spesso dimenticata. Le strutture continuano a essere inadeguate e il numero di addetti alle attività trattamentali, preziose per il reinserimento del detenuto, è sempre del tutto insoddisfacente». L’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 del Distretto di Catanzaro (quattro province su cinque in Calabria) mette a nudo ancora una volta una grande criticità, che accomuna la Calabria al resto del Paese. Nella relazione della presidente vicario della Corte d’appello, Gabriella Reillo, un focus – molto preoccupante – è infatti dedicato al pianeta carcere in tutte le sue compienti.
Anzitutto, alcuni numeri. «I detenuti presenti negli istituti penitenziari di competenza del Tribunale di Sorveglianza – si legge nella relazione – sono in totale 1920, di cui n. 576 a Catanzaro, n. 377 a Vibo Valentia, n. 284 a Rossano, n. 239 a Cosenza, n. 144 a Castrovillari, n. 154 a Paola, n. 129 a Crotone. Il sovraffollamento si registra solo nella Casa Circondariale di Crotone nella misura del 146%. La causa di questo rilevante sovraffollamento è da individuarsi negli sbarchi di migranti, sempre più frequenti sulle coste del crotonese, e nella difficoltà di una pronta ridistribuzione dei detenuti, dovuta ai protocolli sanitari da rispettare nei trasferimenti tra istituti penitenziari per prevenire la diffusione del Covid-19. Quanto al personale, particolari criticità emergono con riferimento alla figura dei direttori: per lungo tempo vi sono stati solo 4 Direttori per 7 istituti di pena, ossia direttori titolari solo per le case circondariali di Vibo Valentia, Catanzaro, Cosenza e Castrovillari, mentre gli istituti rimanenti (case circondariali di Paola e Crotone, casa di reclusione di Rossano), potevano contare solo su direttori reggenti, presenti non più di 2 volte alla settimana. Successivamente vi è stata l’assegnazione di un direttore a Paola. Non completa – prosegue la relazione dell’alto magistrato – risulta la copertura degli organici dei funzionari giuridici pedagogici: a Castrovillari ne è presente solo 1 su 3 previsti; a Catanzaro 4 su 9; a Crotone 2 su 3, a Rossano 3 su 5; a Vivo Valentia 4 su 6».
La presidente ff della Corte d’appello di Catanzaro, definisce poi «allarmante» la scopertura del personale di Polizia Penitenziaria. Anche qui altri numeri: a Castrovillari vi sono 107 unità su 124; a Catanzaro 347 su 470; a Cosenza 135 su 169; a Crotone 66 su 85, a Paola 101 su 127; a Rossano 119 su 153; a Vibo 189 su 246. «Tali carenze – si evidenzia – si riflettono, evidentemente, sulle attività trattamentali, frustrando il finalismo rieducativo della pena di cui all’articolo 27 comma terzo Costituzione. L’esigenza dell’incremento delle dotazioni di personale, anche specializzato, è stata avvertita in modo più rilevante a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale 32 del 2020 253 del 2019, che hanno dato luogo ad un maggiore accesso ai permessi-premio, in particolare, da parte degli affiliati alla criminalità organizzata, a prescindere dalla loro collaborazione. La recente novella che ha inserito sul punto limitazioni ai benefici penitenziari e ai permessi-premio ancora più stringenti rispetto al passato, è di recente applicazione e non si può dar conto della sua ricaduta sul sistema».
«Problematica in tutti gli istituti penitenziari» viene poi definita «l’assistenza sanitaria, che, nonostante l’abnegazione della maggior parte degli operatori, presenta criticità di sistema che impongono interventi incisivi della magistratura di sorveglianza anche tramite frequenti incontri con le istituzioni competenti. Vi è, in particolare, lo spinoso problema dell’assistenza sanitaria dei detenuti con malattie psichiatriche. Invero, un tempo tali detenuti, ove la malattia raggiungeva livelli tali da non poter essere gestita in carcere, venivano assegnati ai soppressi ospedali psichiatrici giudiziari. Oggi, invece, a seguito della giusta abolizione di tali istituti, ai detenuti – rileva la relazione – potrebbe essere applicato l’istituto del differimento dell’esecuzione della pena ex art. 147 comma 2 c.p.: tuttavia, l’ultimo comma del citato art. 147 c.p. dispone che il differimento dell’esecuzione della pena non possa essere concesso o, se concesso, vada revocato qualora sussista il concreto pericolo della commissione di delitti.Ne consegue che, atteso che, nella maggioranza dei casi, il detenuto in condizioni di salute psichica incompatibile con il regime carcerario è, proprio per la gravità della patologia e per il suo scompenso, socialmente pericoloso, non ne può essere disposta la scarcerazione. Né sono state create per tali detenuti strutture e/o reparti dedicate. Infatti, le Rems possono ospitare solo coloro ai quali è stata applicata una misura di sicurezza mentre per gli imputati ed i condannati sono state create le Articolazioni per la Tutela della Salute Mentale (Atsm), con posti letto veramente esigui rispetto al fabbisogno (si pensi che nell’istituto di Catanzaro, l’unico nel Distretto provvisto di tale articolazione, vi sono solo 5 posti per l’osservazione e 8 per la riabilitazione). Peraltro, si registrano notevoli criticità nella gestione delle stesse. Infatti, nell’istituto penitenziario di Catanzaro, vi sono emergenze circa la dotazione organica (in particolare personale infermieristico) e di mezzi (test di valutazione e/o strumenti di riabilitazione). Vi è, poi, assoluta incertezza circa la funzione di tali Articolazioni, ossia se le stesse siano solo riabilitative o anche deputate a trattare malati psichiatrici cronici non riabilitabili. Le conseguenze sono di non poco momento, posto che, qualora si attribuisse ai reparti in questione solo funzione riabilitativa, si arriverebbe al paradosso che non vi sarebbe posto alcuno negli istituti penitenziari per coloro che durante la detenzione avessero sviluppato una malattia psichiatrica grave: non possono essere trattati nelle sezioni ordinarie e non possono essere scarcerati con il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena ex art. 147 n. 2 c.p. per la pericolosità sociale».
«Anche la situazione delle Rems è, a dir poco, drammatica. sostiene nella relazione la presidente ff della Corte d’appello di Catanzaro. «Nonostante gli anni trascorsi dall’abolizione degli Opg – disposta con legge 81/2014 – le REMS appaiono ancora largamente insufficienti rispetto all’utenza, come drammaticamente denunciato anche dalla Corte Costituzionale (sentenza 22/2022). Il dato cautamente positivo è rappresentato dalla recentissima apertura della Rems di Girifalco, che conta 40 posti letto, e che si affianca a quella di Santa Sofia d’Epiro, con soli 20 posti letto, all’evidenza del tutto insufficienti a far fronte alle esigenze della Regione. Tale situazione ha ricadute gravissime sulla gestione degli autori di reato affetti da patologie psichiatriche: invero, vi sono molti soggetti per cui è stata disposta la misura di sicurezza detentiva, ristretti in carcere in attesa di un posto in Rems, e molti altri liberi nonostante la pericolosità. Trattasi, all’evidenza, di una situazione certamente non confacente ad uno stato di diritto, che pone il magistrato di Sorveglianza – nonché il giudice di merito, quale giudice dell’esecuzione – in grande difficoltà allorquando riscontri che il soggetto sia affetto da disagi psichici incompatibili con il regime carcerario».
E ancora – prosegue la relazione – «altra problematica di tutti gli istituti del Distretto è l’elevato numero di stranieri, spesso indigenti, a cui fa da contraltare l’assoluta inadeguatezza del numero dei posti di lavoro e degli aiuti che, sotto varie forme, vengono erogati. Vi sono, pertanto, nelle carceri anche situazioni di vera e propria povertà, cui si fa fronte, in presenza dell’inerzia delle istituzioni, essenzialmente tramite il contributo del volontariato, apprezzabile ma non sufficiente. La presenza di stranieri provenienti dai più svariati paesi, anche in guerra o con situazioni di grave instabilità interna (ad esempio Iraq, Afganistan, Siria), rende non più procrastinabile l’esigenza di fornire gli istituti penitenziari di un congruo numero di mediatori culturali, per supportare nei rapporti con i distretti non solo il personale degli istituti, ma anche la magistratura di sorveglianza». Infine, quanto alla situazione carceraria minorile dal presidente ff della Corte d’appello «si rappresenta la necessità di creare nuove strutture diffuse sul territorio, onde attuare le cosiddette misure di comunità in un’ottica di risocializzazione e reinserimento in società dei minori condannati». (redazione@corrierecal.it)
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