Sono incoraggianti le proposte elencate dal rettore dell’Unical, Nicola Leone, in una recente intervista rilasciata al Corriere della Calabria. Di più: sono un segnale che in Calabria non può dirsi morta la speranza di una rinascita, al contrario di quanto affermato dal giornalista e scrittore Corrado Augias, secondo cui si tratta di «una regione perduta, irrecuperabile». L’Unical ha le carte in regola e può rappresentare l’abbrivio di una nuova visione della sanità calabrese. L’università può essere il luogo in cui ritorni a diffondersi un’idea di futuro, in cui le persone siano preparate a scrivere e stimolare progetti concreti. Finalmente c’è una strategia precisa per recuperare la capacità collettiva di guardare avanti. Essa è basata su elementi solidi: mettere a disposizione della Regione le eccellenze dell’università nell’ambito ingegneristico, informatico e dell’intelligenza artificiale; promuovere la formazione professionale di futuri medici che siano dotati di conoscenze e competenze anche sulle nuove tecnologie; contribuire al miglioramento dei servizi sanitari del territorio. In Italia il dibattito su questi temi è arrivato alla conclusione che bisogna ripartire dalla medicina territoriale, della quale l’ospedale è la parte centrale ma non esclusiva. Da anni è purtroppo dominante una filosofia ospedalocentrica ed è scomparsa la medicina territoriale. Tuttavia, se si vuole cambiare rotta, occorre trovare una soluzione di larga corresponsabilità, coordinando il livello dei vari Istituti sanitari con il territorio. Ciò per definire un protocollo unitario con linee terapeutiche possibili e condivise da affidare alle singole entità ospedaliere e territoriali. L’innovazione tecnologica può consentire questo processo di condivisione delle informazioni tra tutti gli attori coinvolti nel sistema sanitario (medici, infermieri, pazienti, ospedali, specialisti, assicurazioni e istituzioni) e contribuire alla riorganizzazione dei modelli di cura nella Calabria.
Perciò è una priorità oltre che una necessità.
Vari studi confermano che secondo le aspettative del personale medico, le tecnologie che possono migliorare l’efficacia della diagnosi nei prossimi 3-5 anni sono la telemedicina (83%), l’intelligenza artificiale (75%) e i biosensori (74%). La telemedicina oggi rappresenta la ripartenza dell’assistenza sanitaria e può affermarsi come la modalità di fruizione nuova dei servizi sanitari e socio-sanitari, complementare e da integrare con la tradizionale pratica clinica, in grado di affrontare il bisogno di salute dei cittadini e diventare fondamentale per garantire una risposta più tempestiva, nonché per assicurare equità di accesso alle cure in luoghi remoti o distanti dai centri erogativi. Big data, intelligenza artificiale, applicazioni mobili, stampa 3D, cloud computing, sensori, App, monitoraggio continuo dei parametri biometrici attraverso dispositivi “wearable”, assistenti virtuali dotati di intelligenza artificiale che comunicano con il paziente, algoritmi che generano biomarcatori fisiologici e comportamentali, sono le nuove frontiere della Digital Health, lo scenario futuro della sanità digitale protagonista di un’improvvisa accelerazione, anche a causa dell’emergenza sanitaria ancora in atto. I riferiti strumenti creano nuove opportunità per migliorare l’efficienza e l’efficacia della diagnosi. I dispositivi indossabili e impiantabili possono fornire informazioni continue che consentono ai sistemi sanitari di monitorare la salute degli individui. La ricerca suggerisce che i servizi di telemedicina diventeranno una parte fondamentale della pratica clinica di routine, guidando i test a casa e le discussioni dei risultati, nonché le cure e i follow-up clinici di triage. La telemedicina consente l’erogazione della cura anche fuori dagli ospedali, riducendo la necessità di vedere i medici di persona. In questo senso, metriche come la densità di professionisti sanitari e di posti letto diventano meno rilevanti per valutare l’accesso. Con la telemedicina si possono realizzare diversi tipi di intervento. Ne elenchiamo alcuni di seguito.
Prevenzione secondaria
Si applica a persone che sono a rischio, o che sono affette da patologie che necessitano di un continuo monitoraggio di certi parametri, come ad esempio la glicemia (per i pazienti affetti da diabete mellito). Questo ha lo scopo di evitare o di ridurre al minimo le complicazioni della malattia stessa.
Diagnosi
Può servire per trasferire al paziente le informazioni diagnostiche a distanza, evitando quindi lo spostamento del paziente stesso per la necessità di recarsi presso la struttura sanitaria. Ad esempio, lo specialista può refertare a distanza esami diagnostici eseguiti presso l’ambulatorio del medico di Medicina generale, presso la farmacia o addirittura al domicilio del paziente.
Cura
Può essere utilizzata con lo scopo di effettuare una scelta terapeutica oltre che nella valutazione dell’andamento e della prognosi per quei pazienti la cui diagnosi è già stata fatta e che quindi sono già in trattamento o in follow-up.
Riabilitazione
La telemedicina può essere impiegata per l’erogazione di prestazioni a pazienti fragili, bambini, disabili, cronici o anziani, che sono mantenuti in strutture specializzate oppure a domicilio.
Monitoraggio
Si tratta della gestione, anche nel tempo, dei parametri vitali (glicemia, pressione arteriosa, peso etc), che possono essere gestiti consentendo lo scambio dei dati tra il paziente ed i professionisti sanitari in collegamento con una postazione di monitoraggio per l’interpretazione dei dati.
Ci auguriamo che le istituzioni calabresi, a partire da quelle politiche, guardino avanti e considerino lo sviluppo della telemedicina come utile e necessario in una regione come la Calabria che, forse più delle altre, ha bisogno di investire in tutti i sensi sulle nuove tecnologie per tutelare meglio il diritto alla salute.
*Direttore sanitario Ospedale San Raffaele Turro e Responsabile Sanità del Comitato POP-Popolari in rete della Calabria
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