CATANZARO «Se vuoi lavorare in un negozio di giocattoli in Calabria non devi solo avere qualche competenza e capacità di rapportarti al pubblico, per alcuni datori di lavoro in quegli ambienti evidentemente si consumano segreti indicibili e sperimentazioni futuristiche. Non si spiegherebbe altrimenti come mai un’azienda avverta il bisogno di sottoporre contratti limitativi delle libertà individuali e sociali alle proprie lavoratrici e lavoratori dipendenti». A denunciarlo è Giuseppe Valentino Segretario Generale della Filcams Cgil Calabria. È, secondo il sindacalista, quanto avveniva in un grande negozio di giocattoli in provincia di Catanzaro: «Una ditta di Milano – continua – che sottopone i dipendenti a regole che violano palesemente le libertà politiche ed individuali stabiliti dalla Costituzione della Repubblica Italiana, nonché dallo Statuto dei lavoratori e dai contratti nazionali. Vietato volantinare, vietato discorrere di politica o parlare in famiglia di ciò che avviene in azienda, cosa ancora più grave, le donne devono prontamente comunicare entro e non oltre il settimo mese (termine previsto dalla legge per la comunicazione all’Inps) lo stato di gravidanza. Insomma, – denuncia il sindacalista – una condizione di dipendenza non solo al lavoro ma nella vita, questo è quello che vorrebbero certi datori di lavoro. La barbarie giuridica rispetto alle norme che regolano il lavoro in questo nostro Paese ha raggiunto livelli indicibili, aggravate dalla mancanza di controlli e di organismi ispettivi e da un certo lassismo delle istituzioni e da un’imperante cultura anti-labour e sprezzante nei confronti di chi per vivere ha bisogno di lavorare».
Secondo Valentino, «lo sfogo diventato virale sui social dell’ingegnere che avrebbe avuto 750 euro di compenso per il suo lavoro è solo la punta di un iceberg della situazione con la quale giovani lavoratori e lavoratrici devono misurarsi. L’idea che il lavoratore e la lavoratrice siano a disposizione del datore di lavoro non solo per effettuare una specifica prestazione prevista e scritta in un contratto tra le parti, ma a prescindere dalla stessa e’ il sentire comune. Assieme al contratto di lavoro, il datore di lavoro pensa di avere in fitto (o addirittura in possesso) il corpo, la mente ed il cuore di chi è dipendente dall’impresa. Siamo impegnati – aggiunge – come sindacato nei settori più precari ed a rischio di povertà per rivendicare un cambio radicale di cultura nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori, per restituire valore e dignità al lavoro, per contrastare azioni unilaterali da parte di alcune aziende che in nome del profitto passano senza alcuna remore su qualsiasi regola e norma di civiltà».
La Filcams Cgil Calabria, conclude Valentino, «non accetta e respinge questo tipo di cultura patronale che non deve trovare spazio nel mondo del lavoro. Invitiamo le lavoratrici ed i lavoratori ad organizzarsi liberamente per contrastare questi fenomeni, di denunciarli affinché altri non debbano subire un ritorno al secolo scorso in termini di diritti e di dignità sui luoghi di lavoro».
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