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Caso Arpaia, il sequestro da un milione e mezzo di euro torna davanti al Riesame

La Suprema Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tdl. L’imprenditore è accusato del tentato autoriciclaggio delle ingenti somme

Pubblicato il: 13/02/2023 – 7:33
di Alessia Truzzolillo
Caso Arpaia, il sequestro da un milione e mezzo di euro torna davanti al Riesame

LAMEZIA TERME La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Catanzaro che a giugno 2022 ha respinto il ricorso presentato dall’imprenditore lametino Claudio Arpaia, indagato per autoriciclaggio dalla Procura di Lamezia Terme.
La somma oggetto dell’autoriciclaggio corrisponde a un milione e 432mila euro rinvenuta in contanti in parte nelIo stabilimento dell’Arpaia spa. (16.500,00 euro), in parte presso nell’abitazione dell’indagato e della moglie, coindagata, Annamaria Del Gaudio (15.970 euro) ed in parte nell’abitazione della madre di quest’ultima (1.399.600 euro). La somma era stata sequestrata e l’imprenditore aveva ricorso al Tdl.
A giugno scorso i giudici del Riesame avevano giudicato sussistenti i gravi indizi di colpevolezza riguardo «all’potesi di tentato autoriciclaggio e, parimenti, sussistente il periculum in mora in ragione della possibilità di aggravamento o dell’aggravamento di detto reato ovvero della commissione di altri reati».

Il ricorso in Cassazione

Secondo il ricorso in Cassazione proposto dal legale di Arpaia, il professore Mario Murone, «il Tribunale, violando le disposizioni di legge ed il diritto di difesa dell’indagato, aveva completamente modificato il tipo di sequestro preventivo originariamente disposto, su conforme richiesta del pm, ai fini della confisca, modificazione non consentita sulla scorta dei principi della giurisprudenza di legittimità».
Secondo la difesa «contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, non era ravvisabile il reato di autoriciclaggio né nella forma consumata né in quella tentata». A mancare, secondo il legale, è “il movente del delitto” ovvero «un profitto ricollegabile ad una ipotesi meramente tentata di autoriciclaggio». Rispetto alle somme sequestrate non vi era stata, viene scritto nel ricorso nessuna «operazione di “ripulitura” o comunque di utilizzazione delle stesse per l’aggravamento dei reati ovvero per la commissione di altri reati, trattandosi di somme rinvenute nella disponibilità dei coniugi Arpaia che le detenevano da sempre senza mai averle utilizzate o reinvestite per una qualunque operazione finanziaria, precisandosi che le stesse modalità di custodia (si trattava di denaro contenuto in parte in buste ed in parte in dei trolley) escludeva, di per sé, le condotte di cui alle richiamate norme incriminatrici». Si sottolinea nel ricorso come le 16.500 euro trovate nello stabilimento della Arpaia spa, facevano parte della “cassa” della società, mentre le 15.970 trovate nell’abitazione degli indagati «erano gli importi di denaro conservati per gli interessi e le esigenze della famiglia».

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte concentra le proprie motivazioni sul tipo di sequestro disposto dal Tribunale, perché «il sequestro era stato disposto esclusivamente a fini di confisca «e non risulta affatto che il pubblico ministero l’avesse richiesto anche in vista della sua funzione impeditiva». La Cassazione afferma che benché «la funzione del sequestro, vuoi impeditivo vuoi a fini di confisca, non cessa di essere quella preventiva», allo stessto tempo, al Tribunale non è consentito «prefigurare una specifica finalità non perseguita dal Pubblico ministero ed estranea rispetto all’ambito delineato dalla domanda cautelare». «Il sequestro preventivo richiesto e disposto a fini esclusivamente della confisca non poteva dunque essere confermato dal Tribunale del riesame sulla base della sua finalizzazione impeditiva in quanto sul punto non era possibile ritenere instaurato il contraddittorio». Per questa ragione la Cassazione ha annullato la sentenza del Riesame con rinvio a un nuovo giudizio. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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