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“Il sequestro Matarazzi”, Melia racconta le ore più buie della storia della Calabria

Gli anni in cui la ‘ndrangheta appariva (e forse era) invincibile e il male fatto al territorio ritornano nel volume dell’ex giornalista Rai

Pubblicato il: 14/02/2023 – 7:03
di Antonio Chieffallo
“Il sequestro Matarazzi”, Melia racconta le ore più buie della storia della Calabria

LAMEZIA TERME Pietro Melia è quello che può definirsi un giornalista di trincea, uno che la polvere delle strade l’ha respirata nel vero senso della parola. Quarant’anni di attività che lo hanno fatto diventare uno dei volti più noti della carta stampata e della televisione. Artefice dello scoop mondiale sui bronzi di Riace, inviato della Rai, del Mattino, cofondatore del Quotidiano di Lecce, Melia ha rischiato più volte la vita nel corso della sua carriera: «Stavo per entrare nel bar in cui mi aspettava Pepè Cataldo, boss di Locri, quando si avvicina un’auto da cui scendono tre uomini armati che iniziano a fare fuoco. Faccio appena in tempo a buttarmi dietro un bancone prima di sentire una tempesta di colpi contro il malcapitato che, solo per miracolo, riuscirà a salvarsi».
Una vita sul filo di lana passata a raccontare le cronache giudiziarie in un tempo in cui gli agguati erano all’ordine del giorno e la ‘ndrangheta veniva, ed era, considerata invincibile: «Sono riuscito a cavarmela perché ho mantenuto un grande equilibrio e non sono mai stato schierato. Non ho fatto né il portavoce delle procure né quello della ‘ndrangheta. Questo è servito a far capire che il mio era un comportamento corretto ed onesto».

La storia del “sequestro Matarazzi”

Un bagaglio infinito di esperienze, come quella legata al “Sequestro Matarazzi”, che è il titolo del suo ultimo libro, edito da Città del Sole, e che racconta le vicende legata al rapimento di Tobia Matarazzi, avvenuto nel giugno del 1975. Il saggio descrive, con uno stile efficace, asciutto, privo delle sovrastrutture narrative utilizzate in questo tipo di lavori, la vicenda relativa al rapimento del giovane Tobia Matarazzi, un sequestro anomalo che si è concluso in soli venticinque giorni con la sua liberazione e senza il pagamento del riscatto: «L’epilogo felice fu il frutto di una grande mobilitazione della cosca egemone in quel territorio. Era un punto di onore scoprire chi aveva preso l’iniziativa criminale poco tollerata dalla vecchia guardia. È vero che ci fu un grande impiego delle forze dell’ordine, ma senza l’intervento della malavita locale difficilmente si sarebbe riuscito a portare a casa il risultato, come poi hanno dimostrato i fatti che sono accaduti negli anni a venire».

«Nell’epoca dei sequestri grande indebolimento del territorio»

A raccontare quanto accaduto è lo stesso Tobia Matarazzi, intervistato da Pietro Melia: «Lo incontrai e compresi che aveva bisogno di liberarsi di qualcosa che aveva dentro e che non era riuscito a superare». Un lavoro che riaccende i riflettori su un fenomeno le cui dimensioni e conseguenze non sono adeguatamente considerate: «L’epoca dei sequestri non ha prodotto solo enorme differenza nelle persone che li hanno subiti, ma ha determinato un grande impoverimento del territorio, soprattutto nei primi anni, quando le vittime erano tutte calabresi. L’alta borghesia delle zone colpite ha, infatti, spostato altrove le proprie attività spinta dalle tragedie che avevano investito molte famiglie benestanti». Pietro Melia ha riacceso, con “Il sequestro Matarazzi”, le luci su un fenomeno che ha segnato una delle stagioni più buie della storia calabrese, con il cipiglio di chi non smettere di scrivere e raccontare la sua terra.

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