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Le stufette in tribunale a Palmi, l’incompiuta storica a Reggio. Viaggio nei (veri) guai della giustizia

Le emergenze negli uffici giudiziari calabresi. Dalla chiusura per freddo a Castrovillari ai lavori infiniti in riva allo Stretto (e a Locri)

Pubblicato il: 14/02/2023 – 6:59
Le stufette in tribunale a Palmi, l’incompiuta storica a Reggio. Viaggio nei (veri) guai della giustizia

REGGIO CALABRIA Le stufette a Palmi, il Tribunale chiuso per freddo (almeno) per 10 giorni a Castrovillari. E poi disagi generalizzati e un ritardo da guinness dei primati. È un campionario di difficoltà davanti alle quali gli abusi sulle intercettazioni non sembrano il problema principale quello che il Fatto Quotidiano racconta da giorni. La tappa calabrese di questo viaggio tra le (vere) priorità dei sistema parte da Palmi e si affida a poche ma significative battute del procuratore Emanuele Crescenti. «In questi giorni le udienze si fanno col cappotto – dice il magistrato –. D’estate invece c’è un caldo insopportabile. Il personale si porta le stufette da casa, si sovraccarica l’impianto e spesso salta tutto il sistema». La descrizione è l’immagine plastica della giustizia in Calabria. Qualche chilometro più a Nord, sul Pollino, le temperature in picchiata decidono di completare un quadro già complicato. Il 7 febbraio, a Castrovillari, il presidente del tribunale Massimo Lento ha deciso di sospendere le udienze per 10 giorni a causa del freddo. Cambiano i tempi e il tipo di difficoltà. Restano, però, le scoperture dell’organico: quella in Corte d’Appello a Reggio Calabria tocca il 51%.

Le stufette in tribunale a Palmi, l’incompiuta storica a Reggio. Viaggio nei (veri) guai della giustizia

A Catanzaro, invece, la Procura s’è da poco trasferita nell’ex ospedale militare ristrutturato, ma la Corte d’Appello fa ancora i conti con l’ultimo piano dell’ufficio, che è inagibile. 
Sul versante delle infrastrutture, invece, Reggio Calabria fa i conti con un ritardo storico. Dalla finestra dell’ufficio della presidente del Tribunale Maria Grazia Arena si vede il nuovo palazzo di giustizia: la prima pietra è stata posata quasi 20 anni fa e l’opera è ancora incompleta. Al punto che nel 2021 la presidente l’aveva definita «il simbolo del fallimento dello Stato in terra di mafia». «Siamo allocati al Cedir – spiega Arena al Fatto Quotidiano – che è un palazzo di proprietà del Comune, non progettato per essere un ufficio giudiziario. Abbiamo più magistrati che aule, eppure al dibattimento celebriamo 110 udienze al mese, facendo i salti mortali. Dividiamo l’aula bunker con la Corte d’Appello».
L’ultimo appello risale a qualche giorno fa ed è della Feneal Uil. «Anche quest’anno la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario – ha spiegato il segretario generale Maria Elena Senese – ci lascia in rassegna gli insopportabili ritardi nella realizzazione dei nuovi tribunali di Reggio Calabria e Locri. Poco ha lasciato sul campo la firma del protocollo d’intesa siglato dall’ex ministro della Giustizia Marta Cartabia e il comune di Reggio Calabria per lo sblocco dell’importante cantiere reggino, solo attese stanno ingenerando i procedimenti, farraginosi, che stanno accompagnando l’iter della realizzazione della nuova casa della giustizia locrese». Un cantiere in itinere a Locri, con ritardi legati ad alcune varianti. Su Reggio Calabria l’iter si trova davanti ad un nuovo intoppo, con la nuova gara di affidamento dei lavori ancora in alto mare e la struttura che mostra i segni di una lunga disattenzione.

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