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le motivazioni

L’omicidio Iona e l’assoluzione di Marrazzo. «Elementi di prova trascurati e ignorati. Processo da rifare»

Per la Cassazione non sono stati tenuti in conto i riscontri tra le dichiarazioni di Oliverio, le intercettazioni e gli esami balistici

Pubblicato il: 14/02/2023 – 15:26
di Alessia Truzzolillo
L’omicidio Iona e l’assoluzione di Marrazzo. «Elementi di prova trascurati e ignorati. Processo da rifare»

CROTONE Agostino Marrazzo, 59 anni, era stato condannato all’ergastolo dal Tribunale di Crotone, il 6 luglio 2018, quale mandante dell’omicidio di Franco Iona avvenuto l’8 ottobre 1999.
Il 17 dicembre 2020 la sentenza è stata ribaltata in appello con l’assoluzione per il delitto e la condanna riformata a 10 anni di reclusione. Ma con questa assoluzione non sono d’accordo i giudici della seconda sezione penale di Cassazione che hanno annullato con rinvio la sentenza. Il processo è da rifare davanti a una nuova sezione della Corte d’Appello di Catanzaro. 
Sul tema sono entrati in conflitto la Procura generale e i giudici che hanno emesso la sentenza. Nel ricorso presentato davanti alla Suprema Corte, il procuratore generale Raffaela Sforza lamenta il fatto che i giudici di Corte d’Appello abbiano erroneamente «affermato che le intercettazioni poste a fondamento dell’ipotesi accusatoria sono ambigue, incomplete e non dirimenti in ordine al mandato omicidiario» e hanno travisato il contenuto di una intercettazione datata 9 giugno 2003 «nel corso della quale Marrazzo Agostino ammetteva implicitamente il proprio coinvolgimento nell’omicidio di Franco Iona con frasi che non venivano riportate dai giudici di appello». Un dialogo intercorso tra Marrazzo e Pizzuto che «ha ad oggetto proprio le indagini conseguenti all’omicidio di Franco Iona e l’imminente arresto dei fratelli Marrazzo per tali fatti», del tutto ignorato dai giudici di appello.

La difesa

Sul ricorso dell’accusa è intervenuto il difensore di Agostino Marrazzo, il quale ha «ha chiesto che il ricorso proposto dal Procuratore Generale venga dichiarato inammissibile in quanto connotato da una mera richiesta di rivalutazione del materiale probatorio effettuata dalla Corte…». «Secondo la difesa la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che la conversazione del 9 giugno 2003 non fornisca un riferimento certo ed individualizzato circa la partecipazione in qualità di mandante del Agostino Marrazzo all’omicidio dello Iona in quanto nel corso del colloquio gli interlocutori parlavano anche dell’omicidio di un soggetto soprannominato “Querciu”». 

L’importanza (trascurata) delle intercettazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del sostituto procuratore generale. Secondo gli ermellini la decisione dei giudici d’appello non si confronta con tutte le prove acquisite. Per esempio «si è, infatti, limitata a ritenere ambigue e frammentarie le conversazioni intercettate in data 9 giugno 2003», senza dare motivazioni in merito alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Oliverio, agli elementi di riscontro desumibili da ulteriori intercettazioni in atti, dagli accertamenti balistici e medico-legali relativi all’omicidio di Iona. Il 9 giugno 2003, Pizzuto avverte Agostino Marrazzo che stanno indagando sull’omicidio di Franco Iona e lo avverte: «Ci sei tu…Mario Manfredi… Marrazzo Sabatino, a chi chiamano al compare Sabatino?» Agostino Marrazzo non si preoccupa per la propria posizione ma per quella del fratello: «Si, ma Sabatino da dove è uscito? Io bonu…bonu…(Va bene) ma mio fratello?». 
«I giudici di appello – scrive la Cassazione – hanno ritenuto le conversazioni intercettate il 9 giugno 2003 prive dei requisiti di univocità e precisione necessari a farle assurgere alla funzione di riscontro esterno alle propalazioni dell’Oliverio, limitandosi ad una ricostruzione di tipo atomistico e congetturale che non ha tenuto in considerazione il complesso degli elementi logico-probatori che, secondo la valutazione del primo giudice, rendevano univoco il significato delle predette captazioni». 

 Marrazzo: «Non mi voleva fare andare carcerato, mi voleva ammazzare»

In un’altra intercettazione del 10 giugno 2003 Marrazzo racconta a Pizzuto «che lo Iona era determinato ad ucciderlo e che lo stesso era già pronto a fare il confidente per ottenere la carcerazione dei suoi amici». Anche di questo dialogo non viene tenuto in conto nella sentenza.
I giudici, sostiene l’accusa, non hanno tenuto conto di una frase dell’intercettazione del 10 giugno «ritenuta idonea a riscontrare quanto affermato dal collaboratore di giustizia Francesco Oliverio in ordine al movente dell’omicidio di Franco Iona». Dice Pizzuto: «Sul piano di Franco era ben altro…cominciava o insomma… a tutti quelli che erano vicini a lui, li doveva eliminare…comunque carcerati». E Marazzo: «Va bene, allora, finché parliamo di carcerare è un discorso, però lui non mi voleva fare andare carcerato, a me mi voleva ammazzare cioè forse non mi hai capito».
La sentenza d’appello – che secondo la Cassazione si sarebbe limitata a una «valutazione antagonista» della sentenza di primo grado – ha inoltre trascurato un elemento che fungeva da riscontro alle dichiarazioni di Oliverio. Il collaboratore, infatti, «ha ricostruito i motivi che hanno condotto all’omicidio dello Iona». Si tratta dei rapporti «tra Franco Iona e la cosca di appartenenza e la conseguente alleanza da lui stretta con il sodalizio ‘ndranghetistico di Cirò al fine di iniziare una guerra fra cosche, strategia che aveva trovato prima esplicazione nell’uccisione di Bruno Dima, all’epoca capo della famiglia Iona». In primo grado – nel processo istruito dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio – il Tribunale di Crotone «ha ritenuto compatibili con la ricostruzione dell’omicidio fornita da Oliverio e con l’interpretazione delle intercettazioni».
Elementi, questi, dice la Cassazione che «necessitavano di un adeguato esame da parte della Corte di merito (appello, ndr) e di necessaria specificazione dei motivi di un’eventuale irrilevanza». 

La compatibilità tra le dichiarazioni di Oliverio e gli accertamenti balistici

Altro elemento che i giudici d’appello non hanno tenuto in conto è la «compatibilità tra le modalità di esecuzione dell’omicidio descritte da Oliverio e quanto emerso dagli accertamenti balistici e medico-legali posti in essere nell’immediatezza dei fatti (utilizzo da parte degli esecutori materiali di un fucile da caccia calibro 12, esplosione di due fucilate a notevole distanza dalla vittima seguite da un ulteriore colpo esploso a poco più di un metro di distanza da Iona), compatibilità che doveva essere opportunamente ricompresa nel giudizio di attendibilità intrinseca ed estrinseca delle propalazioni di Oliverio». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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