CROTONE Il porto di Cirò Marina passa dalla tirannia dei padri a quella dei figli. I padri sono finiti in prigione dopo l’operazione Stige ma i pescatori non hanno avuto serenità a lungo: a chiedere loro conto sono arrivati i rampolli, pronti a pretendere il pescato migliore al migliore prezzo.
Due gruppi, che lavorano in perfetta sinergia, si dividono la gestione illecita del porto di Cariati comprando all’ingrosso il pesce da pescatori del luogo a prezzi stabiliti dagli stessi componenti della cosche cirotane e rivendendolo «a prezzi maggiorati sia a ristoratori e commercianti della Calabria, che a commercianti all’ingrosso della Sicilia, della Campania, del Lazio e della Grecia; e imponendo altresì ai pescatori la fornitura di esche, ghiaccio e cassette». Lo racconta l’inchiesta della Dda di Catanzaro – vergata dai sostituti procuratori Domenico Guarascio, Paolo Sirleo e Pasquale Mandolfino – che questa mattina ha condotto i carabinieri a operare 31 misure cautelari.
Gli abusi avvengono «senza che i pescatori locali abbiano potuto in alcun modo opporsi. Ed invero chi ha provato a resistere è rimasto vittima di atti ritorsivi», è scritto nei brogliacci dell’inchiesta che è figlia della precedente maxi operazione Stige. Dalla viva voce di una vittima si legge tutta la gravità della situazione. Un pescatore aveva subìto un incendio e un suo collega racconta che «probabilmente il danneggiamento compiuto ai danni del furgone poteva essere dovuto al fatto che, come avviene solitamente nel nostro ambiente, alcuni soggetti noti nella nostra comunità, tra cui Alessandro Nigro e Francesco Crugliano, che quotidianamente si recano dai vari pescatori pretendendo decine di chili tra il migliore pescato, non tengono conto né del valore di mercato del prodotto né degli accordi consuetudinari tra il pescatore e la pescheria di fiducia, rapporti che esistono in alcuni casi da anni e anni».
Alessandro Nigro e Francesco Crugliano sono solo due dei componenti del gruppo che tiranneggia i pescatori.
Secondo le indagini, infatti, la gestione illecita del mercato ittico è divisa tra il gruppo di Antonio Crugliano, Alessandro Nigro, Luigi Pucci e Giorgio Pucci e quello composto da Francesco Crugliano e Fabio Cataldi. Non c’è rivalità tra le fazioni che «utilizzano per l’attività un magazzino riconducibile a Antonio Crugliano dotato di diverse celle frigo; quivi i sodali si occupano dello stoccaggio, della pesatura e del confezionamento del pescato».
I sodali si sarebbero avvalsi di una serie di imprese per monopolizzare il mercato del pesce.
Il racconto del pescatore prosegue e spiega come la vittima del danneggiamento avesse da 20 anni un rapporto esclusivo di rifornimento del pescato a una pescheria «con i quali ha un forte rapporto di fiducia e che a lui forniscono le cassette per il pescato, il ghiaccio e le esche». Secondo il testimone, la vittima si sarebbe rifiutata di consegnare il suo pescato «a questa gente che ho indicato, che tutti conosciamo per i trascorsi soprattutto dei loro padri, attualmente detenuti per “Stige”».
Alessandro Nigro – racconta il testimone – «che per quanto io sappia non è di famiglia di pescatori e non esercita di fatto né la professione di pescatore né di titolare di pescheria, trascorre la giornata a chiedere decine di chili di pescato a chi rientra dall’attività da pesca. Lui pretende la qualità migliore di pesce pescato, poiché si vende più facilmente, creando non pochi problemi al pescatore di turno che, conoscendo il padre, Salvatore Nigro attualmente detenuto per “Stige”, lo zio Salvatore Morrone, anche lui attualmente detenuto, percepiscono il rischio di eventuali ritorsioni».
Il monopolio non si limita alla vendita del pescato. Per il rimessaggio (custodia e sorveglianza fuori dall’acqua ed eventuale manutenzione, ndr) di una barca piccola si arriva a pagare 600 euro. «Noi nella normalità dovremmo pagare al contane solo 16 euro di marca da bollo e 25 euro di assicurazione», racconta un pescatore. «Nigro e Crugliano, già da molto tempo impongono alle pescherie il prezzo al quale pagare le barche dei loro pescatori di fiducia. Da questo meccanismo, loro ne traggono un grande profitto. So pure che si sono da sempre recati anche a Crotone alfine imporre anche a quei magazzini il prezzo con cui questi pagano le barche di loro fiducia».
A volte le cosche si prendono anche pezzi di mare impedendone l’accesso agli altri: «Sono a conoscenza – racconta un altro pescatore – che Fabio Cataldi, genero di Leonardo Crugliano (non è indagato in questa inchiesta, ndr), che generalmente fa il muratore, utilizza la barca di suo suocero di nome “San Francesco” ed ha i propri marinai e, con le nasse che erano del suocero, va a pesca di polipi. Anche lui, al pari di suo suocero in passato, si prende tutto lo spazio di mare cirotano ovvero quello che va da Punta Alice fino al villaggio “Solito Posto”, impedendo in tal modo, agli altri pescatori, di calare le nasse per la pesca del polipo». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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