CROTONE A controllare il porto di Cirò Marina per conto del locale di ‘ndrangheta erano in tre: Antonio Crugliano, 77 anni, Francesco Crugliano, 34 anni, e Alessandro Nigro, 33 anni.
Antonio Crugliano ha un ruolo di vertice nell’organizzazione ed è a lui che i più giovani si rivolgono per risolvere i problemi.
Così quando una grossa partita di tonni rimane invenduta, Alessandro Nigro, Giorgio Pucci e Luigi Pucci chiedono al veterano di piazzare quel pescato.
Spoiler: i tonni finiranno sul mercato romano senza alcuna tracciabilità sanitaria o fatturazione, il tutto col benestare dell’intermediario romano, tale Marco, e di un certo Moustafa, detto “l’egiziano” che avrebbe il monopolio dei pesci su Roma, due soggetti – scrivono i magistrati della Dda di Catanzaro – «di cui si può legittimamente dubitare circa la liceità dei loro traffici». Ma partiamo dal principio.
I fatti risalgono a giugno 2021 quando i carabinieri di Crotone registrano una telefonata tra Antonio Crugliano e il romano Marco che si informa dal settantenne se è in grado di consegnare a Roma. Crugliano risponde che loro sono soliti consegnare in agri romano: «Noo! Ma noi veniamo a Roma pure! Stiamo anche venendo a Roma!», e spiega che sono soliti vendere pesce fresco a una ditta di Terracina.
Dopo una settimana Marco richiama e si comprende che sta facedo da intermediario per un «soggetto di nazionalità egiziana per vendergli diversi tonni di grosse dimensioni che altrimenti non sarebbero riusciti a vendere. Marco nella circostanza gli comunica che può mandargli anche 10/15 quintali. Crugliano, quindi, dicendo che va bene, aggiunge che aspetteranno la barca che sarebbe rientrata in giornata». Tra l’altro Marco sostiene che l’egiziano conosca il fratello di Antonio, Leonardo Crugliano.
Antonio Crugliano e il romano si mettono d’accordo sulla disponibilità di pescato fresco e sul prezzo a fare al chilo ma è il calabrese a imporre le condizioni sulle modalità di pagamento a saldo della fornitura del pescato, ovvero che il saldo avvenga in contanti alla consegna
Marco prova a opporre resistenza dicendo che con il fratello adottavano la modalità di pagamento cosiddetta “una và e l’altra viene” , ovvero si salda la fornitura precedente a fronte di quella nuova. Crugliano, però, non sente ragioni e impone in modo perentorio la propria decisione pretendendo garanzie e ritenendo il romano diretto responsabile del saldo della fornitura: «Ti raccomando, Marco, ai soldi! Tu sei il responsabile, eh! Te lo dico, eh!».
Il giorno dopo Antonio Crugliano contatta Giorgio Pucci che quel giorno si trova a Roma. Pucci si lamenta: sta scaricando 20 quintali di tonno in una pescheria dalle dimensioni anguste. Inoltre dice a Crugliano che l’egiziano, di nome Moustafa, ha difficoltà a pagare le 9000 euro di tonno in contanti e chiede di pagare con un assegno. Pucci e Crugliano «si pongono il problema di come versare il titolo in banca in quanto la compravendita è frutto di un accordo bonario, pertanto privo di qualsivoglia documento fiscale e sanitario che attesti la tracciabilità alimentare», scrivono gli inquirenti.
Crugliano non recede nemmeno quando Pucci gli racconta che il compratore si è lamentato perché «ha voluto vedere il primo tonno e, una volta aperto, ha notato che all’interno era di colore bianco».
Il settantenne di Cirò lo comunica chiaramente a Marco: non devono fare assegni. L’affare si conclude con il pagamento da parte di Moustafa di 7.400 euro a fronte dell’importo di circa 9.400 euro. Marco si è fatto garante dell’importo mancante (2.000 euro) e tale somma è comprensiva anche dei 700 euro da corrispondere a Marco come provvigione per l’intermediazione. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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