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L’intervista

Il governatore della Basilicata “difende” l’autonomia di Calderoli: «Non è una secessione»

Bardi: «Il Ddl non è un atto eversivo». Ma non nasconde le difficoltà: «Iter complesso. Cosa serve al Sud? Il ritorno dei giovani dall’estero»

Pubblicato il: 17/02/2023 – 16:07
di Emiliano Morrone
Il governatore della Basilicata “difende” l’autonomia di Calderoli: «Non è una secessione»

POTENZA Prosegue il dibattito sull’autonomia differenziata avviato dal Corriere della Calabria prima della recente approvazione dell’apposito disegno di legge da parte del Consiglio dei ministri. Nel merito, lo scorso 23 gennaio avevamo tra gli altri sentito il politologo Isaia Sales, già sottosegretario di Stato nel primo governo guidato da Romano Prodi.
L’autonomia differenziata è prevista dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, secondo cui in alcune materie «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» «possono essere attribuite» «con legge dello Stato» alle Regioni a statuto ordinario.
In Parlamento il centrodestra non partecipò al voto sulla riforma del Titolo V della Costituzione, che avvenne con la legge costituzionale numero 3 del 2001, preceduta dal referendum confermativo del 7 ottobre di quell’anno, conclusosi con il 64,2 per cento di voti favorevoli a fronte di un’affluenza alle urne del 34,1 per cento degli aventi diritto al voto.
Oggi discutiamo di autonomia differenziata e Mezzogiorno con il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, ex vicecomandante generale della Guardia di Finanza, eletto il 24 marzo 2019 quale candidato unitario del centrodestra su indicazione di Forza Italia, sebbene di provenienza civica. In particolare, gli chiediamo come la Basilicata stia muovendosi sull’autonomia e quali ne siano le prospettive per il Sud.
Il nostro obiettivo è alimentare il confronto politico sul tema del rapporto tra regionalismo differenziato e futuro del Sud, sul quale, al momento, si registra diffuso silenzio e non troppo approfondimento.

Presidente, qual è, sia per come concepita che in generale, il suo punto di vista sull’autonomia differenziata?
«Sgombriamo il campo dalla propaganda: il ddl Calderoli non è eversivo, non è un atto di secessione, non è incostituzionale ma è anzi in attuazione della Costituzione così come modificata dalla sinistra. Ricordiamolo sempre, altrimenti non capiamo di che cosa stiamo parlando. L’autonomia è già in Costituzione. E l’ha messa il centrosinistra nel 2001. Tornando al ddl Calderoli, bisogna sottolineare che l’iter è molto complicato».

Come valuta l’iter in corso sull’autonomia differenziata?
«Proprio ieri il Comitato di coordinamento dei direttori generali della giunta regionale ha preso atto di una richiesta che mi ha formulato il ministro Calderoli e sta organizzando il flusso di comunicazioni tra il Dipartimento delle autonomie della Presidenza del Consiglio e la Regione Basilicata. Il problema non riguarda solo la definizione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni, ndr): si dovranno scegliere dei criteri che penalizzeranno alcuni e valorizzeranno altri, come in ogni norma. Ma quante risorse finanziarie serviranno per la loro attuazione? Nessuno lo sa. L’Italia non ha la possibilità di usare il bilancio per fare operazioni di politica economica così importanti, a differenza della Germania, per esempio. Definire i Lep non sarà facile, stanziare i fondi necessari sarà ancora più difficile. E se i Lep non fossero raggiunti dalle regioni, ci sarebbe un intervento diretto dello Stato? La tentazione dello Stato di riappropriarsi delle funzioni trasferite, magari con un rigurgito centralista, andrebbe in direzione opposta all’autonomia».

Crede che sul tema dell’autonomia ci sia un approccio politico spesso ideologico?
«Il ddl Calderoli è in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione. Ma chi ha scritto questo articolo 116 della Costituzione? Chi ha reso possibile questa autonomia differenziata? Chi ha aperto questo vaso di Pandora?  Chi vuole dividere il Paese, come ho sentito dire da tanti autorevoli esponenti di centrosinistra, che magari – penso al mio collega Stefano Bonaccini – l’autonomia l’hanno già richiesta e siglata negli anni precedenti. Ebbene, a scrivere questo nuovo articolo 116 fu il governo di centrosinistra guidato da Giuliano Amato nel 2001, a “federalizzare” la Costituzione. Altro che Calderoli! Giuliano Amato è stato poi anche presidente della Corte costituzionale, per cui non certo identificabile come un attentatore dell’unità nazionale». 

Teme che l’autonomia differenziata possa aumentare il divario economico e sociale del Sud rispetto al Nord?
«I dati della Svimez, un istituto dalla chiara connotazione politica e culturale, ci dicono che, dall’entrata in funzione delle Regioni a oggi, il divario Nord-Sud è aumentato. Dai dati in nostro possesso si evince come il Pil pro capite del Mezzogiorno sia aumentato costantemente – riducendo in modo consistente le distanze con i territori del Nord grazie a un processo peculiare di convergenza – solo tra l’inizio degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Settanta. Quindi, se è vero che il centralismo ha ridotto le distanze Nord-Sud con un massiccio intervento pubblico, è altrettanto oggettivo che il regionalismo – con il decentramento prima, opera del centrosinistra, e il federalismo poi, sempre opera del centrosinistra – ha aumentato le distanze Nord-Sud. Se dunque legassimo il divario Nord-Sud alla configurazione istituzionale, una logica azzardata, dovremmo tutti batterci per una riforma istituzionale».

Ritiene che l’autonomia differenziata possa fermare il confronto politico e istituzionale sulla modifica dei criteri di ripartizione del Fondo sanitario?
«Sono due partite differenti e al momento non collegabili».

In che modo, in Basilicata, le parti politiche stanno affrontando il discorso sull’autonomia differenziata? Ed in che modo giudica, al riguardo, il dibattito politico e il coinvolgimento dei cittadini?
«Il Consiglio regionale della Basilicata ha approvato all’unanimità, in data 20 marzo 2018, la risoluzione intitolata “Autonomia Basilicata”. L’atto di indirizzo impegna il presidente della Giunta a predisporre un documento in merito “alle potenzialità/opportunità del regionalismo differenziato”, da inviare alle competenti Commissioni consiliari. Mi pare che questa iniziativa sia stata intrapresa dal centrosinistra, sotto un governo di centrosinistra, in applicazione di una riforma, quella costituzionale, scritta dal centrosinistra. Nulla di male, sia chiaro, ma è giusto fare un excursus storico, così da dare tutte le informazioni necessarie ai cittadini».

Come si sta preparando la Regione Basilicata riguardo all’autonomia differenziata?
«Il nostro obiettivo è valorizzare al massimo le risorse della Basilicata, ma al contempo agiremo in sede di Conferenza Stato-Regioni per evitare che decisioni nazionali possano pregiudicare i diritti e i servizi in favore dei lucani».

Che cosa pensa dell’elevato astensionismo alle recenti elezioni regionali della Lombardia, che il centrodestra ha vinto anche puntando sull’attuazione dell’autonomia differenziata?
«Credo che il centrodestra avrebbe stravinto anche senza il passaggio del ddl Calderoli in Consiglio dei ministri. L’astensionismo invece è una tendenza che sembra inarrestabile, ma non è mai una buona notizia».

Sanità, istruzione, diritti e servizi essenziali. Lei ritiene che in questi ambiti le regioni del Mezzogiorno possano trarre vantaggi dall’autonomia differenziata?
«La sfida dell’efficienza non può essere rifiutata. E non lo dico solo io, ma lo dice anche il collega della Campania, Vincenzo De Luca. È però chiaro che attrarre medici in Calabria e Basilicata non è la stessa cosa che in Veneto e Lombardia. Una differenza che non può non essere presa in considerazione».

Esiste una questione meridionale ancora aperta?
«Lo è nei numeri, nei fatti, nella demografia. Negarla non la risolve».

Di che cosa avrebbero bisogno, oggi, le regioni meridionali?
«Di nuove energie, di giovani motivati, magari di ritorno da esperienze all’estero, capaci di portare il proprio know-how al servizio del Sud, magari liberandolo dalle solite vecchie logiche».

In materia di autonomia differenziata, che tipo di interlocuzione sta avendo con gli altri presidenti delle Regioni del Sud?
«Ci siamo confrontati a Milano, ci confrontiamo in Conferenza Stato-Regioni. Il Sud è unito, ma non basta l’unità della classe politica. Serve che la società meridionale si faccia valere, con un approccio innovativo e dinamico». (redazione@corrierecal.it)

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