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La lotta alla ‘ndrangheta e le “timidezze” degli Stati europei ed extraeuropei: l’attacco ai patrimoni è ancora troppo debole

L’esito di un incontro promosso nell’ambito del progetto I-Can: in Italia quasi 2,5 miliardi sequestrati alle cosche, negli altri paesi numeri bassi

Pubblicato il: 19/02/2023 – 20:28
La lotta alla ‘ndrangheta e le “timidezze” degli Stati europei ed extraeuropei: l’attacco ai patrimoni è ancora troppo debole

I limiti della lotta alla ‘ndrangheta a livello internazionale: a fronte di arresti e operazioni significative, i paesi dell’Unione europea e i paesi extraeuropei sono ancora molto “timidi”, e molto indietro rispetto al’Italia”, nell’attacco ai patrimoni delle cosche. Il dato è stato evidenziato nell’incontro internazionale promosso nei giorni scorsi a Roma dalla Direzione centrale della Polizia criminale e da Europol sul tema della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia di sequestro e confisca dei patrimoni illeciti alla criminalità organizzata. L’incontro ha visto la partecipazione delle forze di polizia di 19 Paesi europei e la presenza di rappresentanti della presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Unione europea, della Commissione europea, della Procura europea (Eppo), di Eurojust, di Olaf (Ufficio europeo per la lotta antifrode), di Interpol e di Cepol.

Il progetto I-Can

In una nota diffusa dal Viminale si specifica che «grazie al progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) – partito nel 2020 su iniziativa del dipartimento della Pubblica Sicurezza e del Segretariato generale di Interpol con l’obiettivo di promuovere la lotta globale alla criminalità organizzata di matrice calabrese, partendo dal modello investigativo italiano che per primo ha dovuto fronteggiarla – sono stati catturati  nel mondo, in meno di 3 anni, 43 latitanti di ‘ndrangheta, testimonianza tangibile della politica di colonizzazione criminale della mafia oggi più pericolosa in Italia. Durante il meeting è stata evidenziata la necessità di allineare l’aspetto delle catture dei latitanti al dato dei sequestri e delle confische, considerato che agli arresti non è sempre seguito un altrettanto significativo attacco ai patrimoni della ‘ndrangheta nei Paesi europei ed extraeuropei, a causa di una mancata armonizzazione degli strumenti amministrativi e penali a disposizione».

I dati (negativi) dei sequestri e delle confische

Dal meeting – riporta poi la nota – è poi emerso che «nel biennio 2020/2022, in Italia, le Forze di polizia hanno sequestrato ben più di 5 miliardi e 300 milioni di euro alle organizzazioni criminali – quasi la metà alla ‘ndrangheta – mentre nel mondo, nello stesso periodo, i sequestri superano appena i 105 milioni di euro. Stesso discorso vale per  le confische: a fronte dei 2 miliardi e 800 milioni di euro confiscati in Italia, si registra nel mondo la cifra di 21 milioni di euro. Allineare l’azione mirata alla cattura dei latitanti a quelle orientata ai sequestri e alle confische dei patrimoni illeciti è, pertanto, la strada per colpire in modo efficace le mafie, che vanno considerate vere e proprie “imprese globalizzate” aventi lo scopo di infiltrarsi nel mondo dell’economia per condizionare appalti e gare pubbliche. Obiettivo dell’incontro la creazione di una proficua sinergia tra le forze di polizia affinché lavorino insieme, con gli stessi strumenti amministrativi e penali, per restituire alla società e alle comunità oppresse dalle organizzazioni criminali le risorse economiche provenienti dal narcotraffico, dall’immigrazione clandestina e dalla tratta di esseri umani».

Il progetto “Italian Initiative”

In quest’ottica – si riferisce poi nella nota – «il vice direttore del dipartimento della Pubblica Sicurezza e direttore centrale della Polizia criminale Vittorio Rizzi ha lanciato, nell’ambito dell’European Network on the Administrative Approach (Enaa), l’”Italian Initiative” per l’allineamento degli strumenti amministrativi a disposizione delle forze di polizia europee per l’azione di contrasto ai patrimoni mafiosi. Una proposta accolta favorevolmente dalla presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Unione e dagli altri rappresentanti di istituzioni e agenzie presenti, concordi nel ritenere che i Paesi europei debbano utilizzare lo stesso metodo sul piano amministrativo per combattere i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale, prevenendo i cosiddetti “white collar crimes”». (redazione@corrierecal.it)

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