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la storia criminale

Droga e armi a Lamezia, il dominio dei Galiano a Capizzaglie protetti dalla cosca Giampà

L’avvio delle indagini nell’estate del 2016, poi intercettazioni, pedinamenti e sequestri. Fondamentali le dichiarazioni dei pentiti Torcasio e Giampà

Pubblicato il: 20/02/2023 – 18:33
di Giorgio Curcio
Droga e armi a Lamezia, il dominio dei Galiano a Capizzaglie protetti dalla cosca Giampà

LAMEZIA TERME Una richiesta continua per un mercato sempre in fermento. E allora tocca ai soliti nomi venire incontro alla domanda, quelli legati alle più potenti e influenti cosche della ‘ndrangheta locale, capace di rifornirsi da altri mercati per soddisfare le richieste delle piazze di spaccio. Perché anche a Lamezia Terme l’assunzione di droga è un problema di grossa portata da tanti anni, soprattutto cocaina. E i numeri recenti sono una prova tangibile di un’emergenza che da sole le operazioni di polizia non possono arginare.

Operazione “Svevia”

È uno dei tratti emersi dall’operazione della Distrettuale antimafia di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, che all’alba di oggi ha portato all’arresto di 46 persone (40 in carcere e 6 ai domiciliari). L’indagine ha portato al sequestro di 10 chili di sostanze stupefacenti, un numero considerevole per una piazza di spaccio come quella lametina. E a gestirla sono figure già note, nomi che rimbalzano da un’operazione all’altra e che riconducono ogni volta a quelle famiglie che da decenni controllano il territorio, nonostante gli innumerevoli arresti. L’attività di indagine portata a termine oggi altro non è che lo sviluppo e l’approfondimento di alcune vicende che si sono verificate a Lamezia Terme già dopo l’arresto di Andrea Muraca (cl. ‘79) noto come “U’ gemellu” risalente al 24 agosto del 2016 – finito in carcere nel blitz di oggi – perché trovato in possesso, nella sua abitazione, di una grande quantità di droga e armi clandestine in via dei Bizantini, nel quartiere Capizzaglie, che è poi il cuore pulsante dello spaccio in città.

Il gruppo Galiano

Dopo l’arresto di Muraca gli inquirenti si attivano immediatamente. Le intercettazioni telefoniche già all’indomani hanno consentito di individuare come figura centrale del gruppo criminale Antonio Galiano, figlio del più noto Giorgio Galiano, già condannato in via definitiva nel processo “Perseo”, accendendo i riflettori sul traffico di droga che lui stesso gestiva, entrambi arrestati questa mattina. Passerà qualche mese e proprio Antonio Galliano verrà arrestato insieme a Luigi Vescio, entrambi trovati in possesso di 10 chili di hashish. Insomma, due indizi che hanno consentito poi di risalire a tutti i protagonisti del giro di spaccio facente capo a Antonio Galiano, con la trasmissione degli atti dalla Dda di Catanzaro, inclusi i nomi del padre e del fratello Angelo (cl. 90).

Droga e armi

Tra Antonio Galiano e Andrea Muraca i contatti erano costanti, sia attraverso telefonate sia tramite WhatsApp, i cui messaggi per la maggior parte erano caratterizzati da un linguaggio criptico e stringato. Questo quello che gli inquirenti riescono a capire in poche settimane. Ma, ulteriori elementi sull’esistenza del gruppo criminale attivo nello spaccio di droga, sono stati raccolti dalle informazioni sommarie rese da alcuni assuntori, dalle immagini registrate da due telecamere installate in via degli Svevi, nei pressi dell’abitazione della famiglia Galiano, nonché da molteplici sequestri di droga. Ultimo dei quali risalente al 13 novembre del 2019, quando proprio Antonio Galiano era stato arrestato perché trovato in possesso di 140,2 grammi di cocaina e 86 grammi di eroina, oltre a 91,2 grammi di sostanza da taglio ed un bilancino di precisione, il tutto contenuto in un recipiente di vetro detto “boccaccio”, oggetto al quale lo stesso Galiano aveva fatto spesso riferimento nel corso delle conversazioni intercettate. Traffico di droga, ma non solo. Per gli inquirenti il gruppo Galiano ha cercato di imporsi sul territorio lametino anche attraverso il possesso di armi potendo contare sulla disponibilità di un significativo “arsenale” di armamenti di diverso potenziale.

Parola ai pentiti eccellenti

Per gli inquirenti, sebbene l’indagine “Svevia” abbia avuto origine a partire dal 2016, la famiglia Galiano non è comunque nuova nel campo del narcotraffico così come nel traffico di armi. «(…) Antonio Galiano, nell’anno 2005, mi diceva che era in possesso di cocaina a buon prezzo e io mi recai da Giuseppe Giampà per riferire se era interessato all’acquisto. Siccome io non mi intendevo di sostanza stupefacente, Giuseppe mandò con me a Maurizio Molinaro per andare a prendere una prova della cocaina cosi io e Maurizio ci recammo a Roma (…) l’acquisto non andò a buon fine poiché, per come riferitomi da Antonio Galiano, avevano paura ad effettuare il viaggio della cocaina…». Questo uno stralcio delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Angelo Torcasio che descriveva il gruppo Galiano come particolarmente attivi nello spaccio di droga già nel periodo in cui militava nella cosca dei Giampà.

L’appoggio logistico

Anche il collaboratore di giustizia Giuseppe Giampà, nei verbali d’interrogatorio resi ad ottobre del 2012, fornisce agli inquirenti altri elementi importanti come l’esclusiva disponibilità di un fabbricato in costruzione, formalmente di proprietà di Giorgio Galiano e della cognata ma nella totale disponibilità di Antonio Galiano. Qui, dopo una perquisizione risalente al 24 novembre 2016, verranno poi trovate 682 munizioni di vario calibro per armi comuni da sparo, una munizione per arma da guerra e un caricatore per pistola 9×21 oltre a materiale provento di rapina. «Insieme ad Angelo Torcasio – riferisce Giampà in un interrogatorio del 16 ottobre 2012 – individuammo in alcuni magazzini situati a Capizzaglie sotto l’abitazione di mio zio Vincenzo Giampà “Camacio” il luogo adatto per la partenza dei killer. Preciso che tali magazzini erano di proprietà di Giorgio Galiano e nella disponibilità dei suo parenti Angelo Torcasio e Antonio Curcio (…) eravamo saliti su a Novara al paese in cui risiedeva Giorgio Galiano e in quella occasione ricordo che parlammo anche di questi magazzini e Galiano ci diede la sua piena disponibilità a che fossero utilizzati come appoggio logistico per azioni di sangue nei confronti dei Torcasio-Gualtieri».

I Galiano inseriti nel gruppo Giampà

Anche in un recente interrogatorio, risalente al 24 novembre del 2021, Giuseppe Giampà conferma l’inserimento di Giorgio Galiano e del figlio Antonio nei contesti di traffico di droga a Lamezia Terme ed i rapporti, collaudati già a metà degli anni 2000, con alcuni parenti romani per quanto riguardava le forniture di stupefacente e lo scambio di armi. «(…) Giorgio Galiano faceva parte della cosca Giampà, fece da “garante” di Angelo Torcasio quando quest’ultimo entrò nella famiglia come affiliato. Giorgio Galiano entrò nella cosca Giampà nel 99/2000, dopo aver subito un tentato omicidio da parte di Nino Torcasio Nino che voleva punirlo per il suo atteggiamento spavaldo e sopra le righe, quasi come un capo». E ancora: «Giorgio Galiano all’interno della nostra cosca si occupava di estorsioni, ma anche di traffico di sostanze stupefacenti, in particolare, durante il periodo in cui si era trasferito a Novara, smerciava cocaina, per come ho appreso direttamente da lui quando scendeva a Lamezia Terme o quando è capitato di salire al Nord con Angelo Torcasio (…) so che Galiano aveva anche il compito di custodire le nostre armi, come fucili e pistole che gli avevamo consegnato per il tramite dei nipoti, Antonio e Domenico Muraca, quest’ultimo cognato di Angelo Torcasio. In occasione dell’agguato a Capizzaglie per uccidere Pasquale Torcasio detto Carrà, Giorgio Galiano diede appoggio ai killer, che partirono con la moto da un garage proprio del Galiano, vicino a casa sua». E su Antonio Galiano il pentito spiega: «Ho conosciuto anche il figlio di Giorgio Galiano, Antonio, anche lui coinvolto nel traffico di armi. In particolare, ricordo che in una occasione Antonio venne da noi con dei suoi parenti di Roma e fece da intermediario nella vendita di armi offerte proprio da questi soggetti romani. La compravendita, poi non conclusa, avvenne a casa di Angelo Torcasio credo attorno al 2009 (…) ricordo che in quell’occasione appresi che Antonio Galiano era coinvolto anche nello spaccio di stupefacenti tra Roma e Novara, sempre insieme ai parenti romani». (g.curcio@corrierecal.it)

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