COSENZA Nubi sul movente e sulla dinamica dell’omicidio. Nonostante la confessione resa ai carabinieri di Cosenza, restano ancora molti i dubbi degli inquirenti sulla morte di Rocco Gioffrè, 76enne assassinato nell’abitazione di Tiziana Mirabelli, 47enne, che ieri si è costituita ammettendo la propria responsabilità e fornendo ai militari le informazioni sul fatto di sangue consumato al quinto piano di una palazzina popolare a via Monte Grappa, a pochi passi da Palazzo dei Bruzi.
Nella giornata di ieri e questa mattina sono stati sentiti dai carabinieri i tre figli della vittima, mentre il pm della Procura di Cosenza ha disposto l’autopsia sul corpo di Gioffrè. L’esame autoptico è previsto nella giornata di oggi e solo l’analisi cadaverica potrà diradare le nubi sulla data della morta. Secondo il racconto di Mirabelli, infatti, l’uomo sarebbe stato ucciso lo scorso 14 febbraio a seguito del tentativo di quest’ultimo di abusare sessualmente della 47enne. Che avrebbe reagito brandendo un coltello e sferrando alcuni colpi mortali contro l’anziano. Il delitto, dunque, si sarebbe verificato il giorno di San Valentino, ma confessato solo il 19 febbraio. La donna avrebbe, dunque, tenuto in casa il cadavere prima di costituirsi in caserma.
Sentito dal Corriere della Calabria, l’avvocato della famiglia della vittima – Francesco Gelsomino – ha fornito ulteriori dettagli sulla vicenda. «La vittima era stata contattata dai figli che non avevano sue notizie da lunedì (13 febbraio). Gioffrè pagava alcune bollette a Mirabelli, stavano insieme e avevano una relazione». Secondo il legale, i figli avrebbero provato a contattare il padre senza successo ricevendo in risposta alcuni sms «strani». «Dopo alcune telefonate senza risposta, i figli di Gioffrè hanno ricevuto degli sms in cui la vittima avrebbe tentato di rassicurare tutti dicendo di non preoccuparsi e che aveva solo preso del tempo per stare da solo». Il testo e le modalità di invio del messaggio non convincono però i figli della vittima e lo stesso avvocato. Gioffrè, infatti, «non sapeva utilizzare il servizio di messaggistica e dunque pare strano abbia inviato degli sms. Tra l’altro – precisa il legale – dopo l’invio dei messaggi i figli hanno chiesto di sentire la sua voce e di ricevere una telefonata ma alla richiesta è seguito solo il silenzio». La preoccupazione dei familiari aumenta e i figli pensano di rivolgersi ai carabinieri. Un tentativo anticipato dalla confessione di Mirabelli. C’è un altro giallo nel giallo e riguarda il denaro e alcuni effetti personali di Gioffrè. Come precisa l’avvocato Gelsomino, «non sarebbero stati trovati in casa di Gioffrè il suo portafoglio e dalla cassaforte sono spariti soldi ed oggetti personali». Le indagini continuano mentre la donna è stata ristretta nel carcere di Castrovillari. (f.benincasa@corrierecal.it)
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