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Operazione Svevia, «spacciata mezza tonnellata di stupefacenti» – VIDEO

Gratteri: «Legami storici con i clan di San Luca». Il capitano Luce: «Monitorate 200mila conversazioni». Capomolla: «C’è l’ombra del clan Giampà»

Pubblicato il: 20/02/2023 – 13:45
di Alessia Truzzolillo
Operazione Svevia, «spacciata mezza tonnellata di stupefacenti» – VIDEO

CATANZARO «Dal 2016 la Guardia di finanza del Gruppo di Lamezia Terme e di Catanzaro stanno monitorando tutto il territorio di Lamezia con propaggini nel Vibonese con propaggini anche nella Locride e a San Luca, sino ad arrivare a Roma. È stata fatta un’indagine per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, per la vendita, in particolare, di marijuana, hashish, eroina e cocaina. I promotori hanno una loro storia, un loro pedigree, perché sono il prodotto, sono la conseguenza di famiglie di ‘ndrangheta importanti della zona di Lamezia Terme, città che sul piano criminale ha una storia importante con accordi e alleanze con la ‘ndrangheta di San Luca. Infatti questo rapporto, riscontrato durante le indagini, non ci ha meravigliato perché quando c’è stata la guerra di mafia a Lamezia Terme, le indagini della Dda di Catanzaro portavano sempre nella disponibilità di killer, nello scambio di killer sempre tra famiglie di ‘ndrangheta di Lamezia Terme e San Luca». Così il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha commentato le risultanze dell’operazione della Guardia di finanza – denominata “Svevia” – contro una grossa piazza di spaccio che aveva il suo epicentro nella città della Piana. Un’inchiesta condotta tra la Dda di Catanzaro e la piena sinergia della Procura di Lamezia Terme, guidata da Salvatore Curcio.
Un’indagine che ha portato i finanzieri guidati dal capitano Valentino Luce a intercettare oltre 200mila conversazioni, al sequestro di 10 chili di sostanze stupefacenti e al ritrovamento di 650 munizioni di vario genere, anche per armi da guerra. Un gruppo armato, quello lametino, che poteva contare su pistole, fucili e anche un bazooka. E poteva contare su canali di approvvigionamento che spaziavano dalle famiglie reggine fino a noti gruppi criminali romani con i quali i lametini avevano acquisito rapporti di parentela.

Spacciati 465 chilogrammi di droga

Il gruppo criminale, è stato calcolato dagli inquirenti, ha spacciato 465 chili di stupefacenti e questo – è emerso dalle indagini del Nucleo Mobile della Gdf comandata dal maresciallo Vito Margiotta – nonostante quattro arresti in flagranza di reato che non hanno fermato l’organizzazione criminale. Un gruppo armato che – ha spiegato il comandante provinciale della Guardia di finanza il generale Domenico Grimaldi – aveva la propria base operativa nel quartiere di Capizzaglie e nel vicino quartiere detto “Ciampa di Cavallo”. In una occasione, ha spiegato Grimaldi, un soggetto, per sfuggire alla cattura ha speronato un’auto della Finanza, reato per il quale pende un procedimento penale davanti al Tribunale di Lamezia Terme.
Quindici dei soggetti arrestati godevano del reddito di cittadinanza mentre il gruppo, che era dotato di una cassa comune, la cosiddetta “bacinella”, pensava alla mutua assistenza dei detenuti e delle loro famiglie.

L’ombra della cosca Giampà sul traffico di droga

Al vertice dell’organizzazione c’era un esponente della storica cosca di ‘ndrangheta Giampà. Si tratta, si legge nelle carte dell’inchiesta, di Antonio Galiano.
«Si tratta di un’organizzazione criminale che vede al suo vertice, il reduce di una organizzazione criminale di stampo mafioso che è quella riconducibile alla cosca Giampà – ha spiegato il procuratore vicario Vincenzo Capomolla – con una serie di nuovi soggetti che sono particolarmente attivi nell’approvvigionamento e traffico di droga realizzata attraverso una rete molto ampia che va dal Lazio, con soggetti che operano prevalentemente in quel territorio, e con approvvigionamenti che si avvalgono delle rotte classiche che sono quelle reggine, zona Rosarno e San Luca». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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