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l’intervista

Nico D’Ascola: «Il 41-bis è al limite della Costituzione»

L’avvocato commenta il “Caso Cospito”. «Lo Stato eviti possibili insurrezioni». E sul sistema preventivo. «E’ privo di garanzie»

Pubblicato il: 21/02/2023 – 7:13
di Fabio Benincasa
Nico D’Ascola: «Il 41-bis è al limite della Costituzione»

COSENZA La questione è assai spinosa e le roventi polemiche delle ultime settimane lo testimoniano. Il 41-bis e il “Caso Cospito” agitano la politica. Per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, Alfredo Cospito sarebbe ancora in grado di «orientare la galassia anarco-insurrezionalista». Sulla decisione di non revocare il 41-bis «non ha influito, né poteva influire la requisitoria del procuratore generale della Corte di Cassazione» ha precisato il Guardasigilli. Sul tema è intervenuto al Corriere della Calabria Nico D’Ascola, professore di Diritto penale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e avvocato penalista. È stato membro delle commissioni ministeriali Nordio e Pisapia per la riforma del Codice penale. D’Ascola ha partecipato a Cosenza ad un evento organizzato dalla Camera Penale.

«Evitare possibili insurrezioni»

«E’ una materia estremamente delicata e deve essere applicata nei casi nei quali rappresenti l’estrema ratio», sottolinea l’ex senatore che aggiunge: «Nel caso Cospito mi permetto di dire che quando si è di fronte ad una realtà umana non si può pensare di agire come degli impiegati, ma bisogna fare gli intellettuali e allora molte volte si commettono degli errori». Secondo D’Ascola, «lo Stato non può consentire ad un detenuto di impartire gli ordini dal carcere o di mantenere invariato il proprio potere ma occorre evitare possibili insurrezioni, quella dilatazione del dissenso che impone prudenza e serietà».

«Il 41-bis è al limite della Costituzione»

L’avvocato penalista poi smentisce coloro che definiscono il carcere duro un «Grand Hotel». «Ho sentito la requisitoria del Procuratore Generale ed effettivamente non c’erano gli elementi per poter applicare a Cospito una misura così drammatica, perché chi descrive il 41-bis come un albergo di terza categoria, falsifica la realtà. La Costituzione dice che la pena non può consistere in trattamenti disumani e degradanti. La Costituzione è pur sempre un punto di riferimento che bisognerebbe tenere più presente di quanto in realtà non si faccia». E poi l’affondo: «Il 41-bis è al limite della Costituzione e quando si trattano realtà umane bisogna essere molto oculati, soprattutto quando si ha la possibilità di creare situazioni di dissenso che possono dilagare. Noi abbiamo vissuto la tragica esperienza delle Brigate Rosse e degli anni di piombo». Cosa avrebbe fatto Nicola D’Ascola se fosse stato al Governo? «Il Governo non può cedere dinanzi alla minaccia di un ricatto che viene dalla piazza ci mancherebbe altro, ne andrebbe della credibilità dello Stato, però si sono create per inesperienze, mentalità burocratiche e ottusità, delle situazioni di conflitto che una volta si sarebbero evitate».

Misura o «pena preventiva»?

L’intervista prosegue e dal 41-bis e “Caso Cospito”, l’attenzione si sposta sulle misure di prevenzione. «E’ un’espressione che nasce da un dibattito che ha riguardato anche la Corte Costituzionale e la Corte Edu, quella sulla natura delle misure di prevenzione come strumento effettivamente preventivo. Noi abbiamo, attraverso il processo per l’applicazione delle misure di prevenzione, in taluni casi una duplicazione delle stesse», dice D’Ascola. Secondo il penalista, «nel caso di condanna, si pone un problema di pericolosità post delictum ed è ulteriormente punitiva perché rafforza ciò che già è avvenuto nell’ambito del processo penale; nel caso di assoluzione, invece, l’intervento della prevenzione sembra un tentativo di replicare l’iniziativa punitiva fallita nel corso del processo penale». L’attenzione deve essere necessariamente rivolta alla relazione e connessione tra processo penale e di prevenzione. «Sono due sistemi differenti: quello di prevenzione – non vorrei esagerare – ma è privo di ogni seria garanzia e dopo tanti anni di studio è addirittura difficile definirlo, basti dire che non ha un versante procedurale e non c’è una regolamentazione processuale». Dunque, «la prevenzione dovrebbe essere coordinata con la punizione perché rappresenta una fase anticipata, serve a neutralizzare il reato impedendone la realizzazione invece interviene quando un reato è stato commesso». La chiosa Nico D’Ascola la riserva al senso della misura preventiva. «Non guarda al recupero, non guarda al reinserimento».

(f.benincasa@corrierecal.it)

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