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Erba, la strage di Rosa e Olindo e la ‘ndrangheta che resta (sempre) sullo sfondo

Le cosche calabresi fanno affari nel Comasco dai tempi dell’inchiesta Infinito. Fagocitano aziende, trafficano coca e ammassano armi. Ma vengono sempre confinate nelle retrovie della cronaca

Pubblicato il: 23/02/2023 – 6:39
di Paride Leporace
Erba, la strage di Rosa e Olindo e la ‘ndrangheta che resta (sempre) sullo sfondo

Anche ad Erba provincia di Como c’è la ‘ndrangheta. Città di circa 15mila abitanti. Scrive l’intellettuale locale Cesare Cantù nell’Ottocento: «Erba s’innalza a scaglioni su un’aprica altura, e con tutte le ville e terricciuole che le fanno da corona, rende quasi immagine d’una città montana. La Brianza occidentale non ha terra più gioconda di questa, né più ricca di graziose ville». Ville signorili che ospitarono insigni personaggi della cultura: Monti, Parini, Foscolo e anche i Savoia ne ricordano il passaggio. Le belle ville erano nate al tempo di Maria Teresa D’Austria l’imperatrice che, con le filande diffuse nella zona, aveva portato benessere e ricchezza.
Erba è toponimo noto alla cultura di massa non per le ville monumentali ma a causa di una strage che turbò molto l’Italia insicura del 2006. Non si conosceva molto questa cittadina lombarda che ospita la sede centrale e fondatrice di Radio Maria, diffusa a tutte le latitudini.

La strage di Erba: Rosa e Olindo

La sera dell’11 dicembre 2006 divampa un incendio in un condominio. Soccorritori e polizia ritroveranno uccisi Raffaella Castagna, 30 anni, il figlio Youssef di 2 anni, la mamma di Raffaella, Paola, 60 anni, e una vicina di casa, Valeria Cherubini di 55. Il marito di quest’ultima, aggredito e accoltellato alla gola, è sopravvissuto grazie ad una malformazione alla carotide che ha impedito il dissanguamento.

La sua testimonianza è decisiva per incastrare una coppia insospettabile, Olindo Romano e Rosa Bazzi, che vengono arrestati l’8 gennaio. Due giorni dopo, separatamente, confessano. Un rancore per i rumori dei vicini alla base della strage che ha coinvolto anche i vicini.
I primi sospetti della strage si erano concentrati su Azouz Marzuk, tunisino, marito di Raffaella e padre di Youssef. Precedenti per droga, scarcerato con l’indulto, ha un alibi inattaccabile. La notte della strage si trova in Tunisia dai genitori. Gli inquirenti non trascurano una vendetta nei suoi confronti. La confessione dei coniugi diabolici manda in sonno l’ipotesi. Stranamente, il tunisino, quando la Cassazione si esprimerà definitivamente per l’ergastolo, in dissenso con il suo avvocato, dichiara, che a suo modo di vedere Olindo e Rosa sono innocenti. Strano ma vero.

La strage di Erba: la pista della ‘ndrangheta

Nel 2019 una controinchiesta televisiva de “Le iene” punta sulla pista della ‘ndrangheta che non ha mai appassionato molto il circo mediatico. Il giornalista calabrese Antonio Monteleone sente diverse persone. Marta Calzolari, moglie di un cugino di Azouz, riferisce di una lite nel carcere di Como tra il tunisino e alcuni esponenti della ‘ndrangheta e parla di “cose schifose” sul conto del parente del marito. Fabio Schembri, avvocato di Olindo e Rosa, divulga un’intercettazione del processo “Infinito” di due affiliati che dicono: «Ma ci rendiamo conto che ci stiamo mettendo contro gente che, questi qua, non hanno scrupoli, questi qua vengono, vi prendono i piccolini e li fanno pezzi pezzi…». Il riferimento sarebbe a degli albanesi “bruciati” per una partita di droga. Lo stesso Azouz confermerà al giornalista delle Iene di aver avuto uno scontro con degli ‘ndranghetisti in carcere. Emergono anche minacce alla moglie prima della strage, di certo Azouz dopo due aggressioni venne trasferito ad altro carcere. Sempre nell’inchiesta delle Iene, il giornalista Felice Manti afferma: «La ‘ndrangheta a Erba faceva il bello e cattivo tempo: veniva spacciata droga, venivano nascoste delle armi, veniva gestita una latitanza di alcuni sospetti. Quindi c’è questa pista del litigio tra un detenuto e Azouz Marzouk».

Crivaro, l’amico di Marzouk, e il “locale” di Erba

AMICI | Crivaro, Corona e Marzouk

C’è ancora dell’altro. Dopo la strage Azouz diventato personaggio pubblico, inizia frequentazioni con Fabrizio Corona, Lele Mora e con il crotonese Francesco Crivaro che lo introduce in questi ambienti. Crivaro è – nei fatti, l’intestataria è la sorella – il proprietario del Coconut ad Eupilio, due passi da Erba, che vorrebbe trasformare in locale supervip grazie all’amico tunisino. Non se ne farà nulla. Il Coconut viene ritenuto dalla Dda di Milano la centrale del “locale” di Erba dove si ritrovano gli affiliati. Già ai tempi dell’operazione contro Coco Trovato negli anni Novanta una telefonata intercettata trova una conversazione tra il locale Wall Street del boss comasco e il Coconut. Per Crivaro l’appuntamento con i giudici viene rinviato al 2010 quando viene decapitato il locale ‘ndranghetista di Erba. Il calabrese si dà latitante, ma viene arrestato in sella ad una Yamaha a Morbegno dove presenta dei documenti veri appartenenti a suoi corregionali.
Il lungo preambolo non per discettare sui moventi della strage di Erba, ma per far emergere come il contesto della ‘ndrangheta non abbia avuto quasi nessun riflettore mediatico su Erba mafiosa emersa a lato di uno dei più gravi fatti di cronaca italiana del recente passato.

Le gerarchie nel “locale” di Erba

Se Coco Trovato comandava a Lecco, ad Erba in provincia opera un “Locale di ‘ndrangheta” di altra giurisdizione. Il capo riconosciuto è Pasquale Varca, originario di Isola Capo Rizzuto ma residente a Bosisio Parini nel Lecchese. Risponde a Domenico Oppedisano, capo crimine calabrese, uomo di vecchia appartenenza, eletto al banchetto durante il matrimonio tra Elisa Pelle – figlia di Giuseppe e nipote di Antonio, detto “Gambazza”, il vecchio capo Crimine di San Luca, morto per cause naturali nel sul letto – e Giuseppe Barbaro, il rampollo dell’omonimo casato di ‘ndrangheta di Platì. Un mediatore utile a ricomporre la ‘ndrangheta unitaria andata in dissesto in quel periodo. Ad Erba lo rappresenta il nipote Michele Oppedisano. C’è anche un albanese nel Locale di Erba, strano per il compartimento identitario dei criminali calabresi. Si chiama Edmond Como e si legge, nell’inchiesta “Infinito”, che «partecipa all’attività del movimento terra facendo il camionista in nero, accompagna Varca agli incontri più delicati, anche con esponenti al vertice, oltre che con i trafficanti. Soprattutto è lui che ha fatto da trait de union tra il gruppo di fornitori, importatori di centinaia di chili di cocaina, e i calabresi».

La scalata dei clan alla “Perego strade”

Nei 500 faldoni della grande inchiesta “Infinito” emerge anche un altro significativo episodio di Erba. E’ la storia di V.R., funzionario di banca della Hydro Alpe Adria Bank di Erba, mai indagato. Entra in contatto con Crivaro, il proprietario del Coconut; il bancario sa bene con chi parla. Riceve una richiesta di prestito di diecimila euro per il boss Varca. V.R. offre i soldi dai suoi conti personali. Perché tanta disponibilità da parte di un travet incensurato? Risponde lo stesso interessato al magistrato: «Nei suoi confronti nutro un senso di soggezione. L’essergli amico mi dà tranquillità». Ed è questa forse la migliore spiegazione della diffusione della ‘ndrangheta ad Erba.
Emblematica anche la vicenda dell’azienda “Perego strade” grandi appalti, una delle maggiori aziende di movimento terra del nord e scalata direttamente dalla ‘ndrangheta con Salvatore Strangio, referente per le famiglie mafiose che contano in questo business. La ristrutturazione aziendale fa saltare vecchi equilibri. Con la Perego “lavorano” le aziende degli Oppedisano e di Varca del locale di Erba. In azienda Strangio sa come tenerli a distanza. Per evitare morti ammazzati si chiede udienza a San Luca in Calabria a Giuseppe Pelle, detto “Gambazza”, che viene concessa il 2 gennaio del 2009. Sono presenti Pasquale Varca e i due cugini omonimi Michele Oppedisano, nipoti del capocrimine. C’è anche Strangio il quale ribadisce che alla Perego non c’è bisogno di altre protezioni. “Gambazza” avvalora la decisione. A San Luca si decidono i destini e le infiltrazioni di una grande azienda di Cassago Brianza, 15 chilometri da Erba, 150 dipendenti calabresi.

Le cosche calabresi sullo sfondo

È stato arrestato di nuovo nel 2021 Michele Oppedisano, con lo zio capocrimine e il figlio Pasquale per una montagna di reati. Dopo 6 anni di reclusione nel 2017, ai giudici che dovevano decidere sulla sua sorveglianza in calabrese stretto aveva detto: «Ho passato 6 anni e una settimana in carcere giustamente perché mi hanno condannato in tre gradi di giudizio. Ora chiedo solo di aver la possibilità di lavorare e portare avanti la mia famiglia».
Erba che ha custodito uno dei più importanti arsenali delle mafie del Nord. Nel maneggio di Varca avvenivano riunioni con capiclan ed esponenti di clan stranieri. Risiedeva ad Erba anche Angelo Romanello, di Siderno, figlio di un vecchio boss, arrestato nell’ottobre del 2019 come organizzatore di un traffico di rifiuti internazionali. Ma a far cronaca celebre ad Erba resta solo la tragica strage di Olindo e Rosa. La ‘ndrangheta al Nord resta sempre sullo sfondo. (redazione@corrierecal.it)

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