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Consulenze e clausole ambigue: la “tassa sulla ‘ndrangheta” per il resort

Le intercettazioni dell’inchiesta “Olimpo” e il tentativo di nascondere le mazzette nel contratto. «Certe cose non possono essere scritte». Il budget in contanti per i clan: «Ci fanno la fattura?»

Pubblicato il: 26/02/2023 – 7:58
di Pablo Petrasso
Consulenze e clausole ambigue: la “tassa sulla ‘ndrangheta” per il resort

VIBO VALENTIA Che la “holding Mancuso” si muova per fagocitare gli investimenti turistici nell’area della Costa degli Dei pare cristallino ai magistrati della Dda di Catanzaro. «Tassa turistica locale», la chiamano gli indagati nelle intercettazioni finite agli atti dell’inchiesta “Olimpo”. E, per l’accusa, si capisce bene di cosa si tratti: è l’obolo da versare al clan per lavorare tranquilli. O «stare nel cotone», come dice – con una metafora azzeccata – Pantaleone “Scarpuni” Mancuso in una vecchia conversazione captata dagli inquirenti.

«Certe cose non possono essere scritte»

Non importa da dove arrivino gli imprenditori: anche Tui, colosso tedesco dei tour operator che rileva l’ex Club Med di Pizzo, deve adeguarsi. Tra gli investitori e la ‘ndrina vi sarebbe Vincenzo Calafati, “facilitatore” chiamato ad «adoperarsi» per «accreditare l’affare presso la consorteria dominante» e trovare «la formula più utile per dissimulare l’esborso di denaro da far confluire nelle casse dei Mancuso». “Tassa turistica locale” è una formula troppo sospetta per poter essere inserita in un accordo ufficiale. Per dirla con Calafati, «certe cose non possono essere scritte», non possono entrare nei contratti. Così come nei villaggi turistici a cinque stelle non può essere assunto chiunque. Nelle telefonate, infatti, si fa riferimento «alla necessità di individuare personale e fornitori della struttura» in base alle intese tra i manager e i referenti locali; tutti, però, avrebbero dovuto avere «una fedina penale pulita». 

Il budget che possa «assorbire tutte le voci» e la necessità dei contanti

Vincenzo Calafati
Vincenzo Calafati

È uno dei passaggi più delicati della trattativa “coperta”. Calafati offre i propri consigli e propone «accortezze» per fare in modo che nell’intesa compaia «anche un budget» del quale si possa disporre «assorbendo “tutte” le voci». «Ma tutte – dice – tu mi capisci quando dico tutto?». 
Il ragionamento è questo: «Tu stabilisci un compenso che è “X” al mese per te, la società in più ti riconosce un budget di 100mila, 150mila, 200mila all’anno… al fine per la nomina di consulenti, professionisti… Eh, hai capito perché… i soldi, perché là, in quello che ci sta scritto, tu li scegli e li pagano loro, mentre invece a te ti dice “mi date questo budget a me”, in quel budget rientra anche… A quel punto tu, non sei tenuto a fargli la fattura, è un budget che ti danno loro». Il passaggio è importante: il denaro in certi casi deve girare in contanti («che ci fanno? Ci fanno la fattura?») e l’unico modo è prevedere una “linea di finanziamento” ad hoc negli accordi a monte. 

Il contratto e gli «ampi margini operativi» per Destinazione Calabria

Quando gli investigatori acquisiscono i documenti, il 17 gennaio 2020, ottengono «copia del contratto stipulato tra Calafati (in veste di amministratore di Destinazione Calabria) e Andreas Pospiech (in qualità di parte Tui) il 31 maggio 2018». In quell’accordo, valutano i pm, «si riconoscevano a “Destinazione Calabria” ampi margini operativi nel sostegno dell’attività di pre-apertura ovvero di avvio e futura gestione del resort». Le voci del contratto, appuntano gli inquirenti, spiegherebbero il senso di una conversazione intercettata nella serata del 27 giugno 2018. Si tratta di una telefonata in cui Franzoni e Calafati si soffermano «sull’opportunità di integrare il “contratto” con una clausola di ambigua valenza, ovvero con la previsione di un’attività di “consulenza e supporto relativi al contesto socio-politico nell’area e alle strutture locali”». Sembra una di quelle vaghe formule politiche da comizio buone per far intendere che si lavora a qualcosa di importante. Un “nulla” che, in questo caso, per la Dda di Catanzaro nasconderebbe accordi inconfessabili. (1. continua)

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