CUTRO Piangono senza parlare, avvolti in un dolore terribile e muto, i circa 60 migranti superstiti del naufragio a Cutro che sono stati portati nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto. Hanno tolto i vestiti bagnati e sono avvolti da coperte, riuniti, con lo sguardo fisso nel vuoto, in una delle sale del centro di accoglienza, accomunati dal dolore e dalla disperazione. Una donna, che ha il naso fratturato, grida disperata il nome del figlio che non trova più.
Qualcuno si alza quando passa il fuoristrada della Capitaneria di porto di Crotone su cui sono stati caricati i corpi delle vittime per essere portati in un gazebo improvvisato. Tra i morti ci sarebbe anche una coppia di gemelli. Nel centro di accoglienza è stata attivata un’equipe di psicologi della Croce rossa. Gli psicologi stanno anche assistendo i 21 feriti che sono stati portati nell’ospedale di Crotone. Anche qui nessuno parla, almeno per il momento. Il dolore è troppo intenso.
Gli occhi sono ancora pieni di terrore come quando, in mattinata, i superstiti vagavano sulla spiaggia come fantasmi. «Dove sono i nostri figli? Siamo venuti fino a qui per vederli morire. Non si può resistere ad un dolore così intenso». Speravano di costruirsi una vita migliore, quando sono partiti dalla Turchia. Sono 81 quelli che si sono salvati dall’ennesima tragedia della disperazione e tra di loro ci sono una ventina di minori che sono stati portati, per accertamenti, nell’ospedale di Crotone. I loro racconti, riportati dall’Ansa e fatti attraverso gli interpreti, sono tutti uguali e sono drammatici. «La mia sorellina – dice un ragazzo al mediatore che cerca di tranquillizzarlo – è andata giù nel mare. Era accanto a me e ad un certo punto non l’ho vista più. Adesso è su, nel cielo». È andata molto meglio invece a un bambino che continuava a girare come un pazzo, gli occhi impauriti. Un’infermiera ha capito che il piccolo stava cercando la madre senza riuscire a trovarla: ha smosso i suoi colleghi e alla fine hanno individuato la donna, che si è potuta così ricongiungere al figlio. In molti hanno ancora ferite sanguinanti sul volto, sulle mani e sulle gambe. Sulla schiena. I team di Medici senza Frontiere da stamattina stanno assistendo i sopravvissuti. «Sono tutti sconvolti – sottolineano – ci sono tanti nuclei familiari e ognuno ha perso qualcuno». I volontari si stanno occupando di esigenze basiche, come riuscire a telefonare a casa. «Chiamare per dire che si è vivi. O anche – dicono abbassando lo sguardo – per dire che un figlio, un familiare, non c’è più».
Strazio reso ancora più atroce dal fatto che ci sono anche due gemellini di pochi anni e un bimbo di alcuni mesi, di meno di un anno, comunque, tra le vittime del naufragio di migranti in Calabria. I corpi dei gemellini sono stati recuperati in mare, mentre quello del bambino è stato trovato sulla spiaggia. Nel naufragio, secondo alcune stime, sarebbero morti una ventina di bambini di varia età.
Tremenda la testimonianza del sindaco di Cutro Antonio Ceraso: «Ho visto tirare fuori cadaveri di bambini – ha detto a La Presse –. Uno spettacolo raccapricciante che uno non vorrebbe mai vedere». «Dovremo poi pensare a dove tumulare le salme. I feriti sono in ospedale, mentre coloro che si sono salvati sono stati portati al Cara di Isola Capo Rizzuto e rifocillati dalle forze dell’ordine, i sanitari e tanti cittadini e gente comune. Tutti hanno dato manforte. In queste circostanze – spiega – bisogna farsi coraggio perché il mare è in tempesta e bisogna tirarli fuori altrimenti le onde se li portano via di nuovo».
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