CATANZARO Si è concluso oggi il secondo grado di giudizio nei confronti di Carmelo Furci, il quale a seguito della pesante condanna subita in primo grado, aveva proposto ricorso in appello per il tramite dei suoi legali, gli avvocati Francesco Gambardella e Antonio Larussa.
Anche i giudici d’Appello di secondo grado lo hanno ritenuto colpevole dei reati ad egli ascritti, ma hanno ridotto le pene perché l’imputato ha rinunciato all’impugnazione ed ha presentato istanza per un concordato.
Per tale motivo, in riforma della sentenza del Tribunale di Lamezia Terme del giorno 9 novembre 2020, appellata da Furci Carmelo, su concordato delle parti, previa esclusione della recidiva reiterata e concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle residue aggravanti, la Corte d’Appello ha rideterminato la pena inflitta all’imputato in cinque anni e quattro mesi di reclusione e 8.000 euro di multa, ha confermato nel resto la sentenza impugnata ed ha dichiarato l’inammissiblità dell’appello in relazione ai motivi di gravame oggetto di rinuncia.
Rimane, quindi, la confisca di due autoveicoli e di somme di denaro ammontanti a circa 200mila euro, delle quali 165mila furono rinvenute in denaro contante presso la sua abitazione in sede di perquisizione, confezionati in mazzette con il sistema “sottovuoto”.
La Corte d’Appello ha inoltre condannato Carmelo Furci alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili liquidate, per ciascuna, in 1.200 euro oltre accessori di legge.
In primo grado Furci era stato condannato a 9 anni e 7 mesi di reclusione, 29.629 euro di multa. Quattro le vittime di usura identificate dagli investigatori.
In seguito alle indagini del Nucleo Mobile del Gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme Furci era stato arrestato il 12 novembre 2019 dai finanzieri lametini in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip Emma Sonni su richiesta del procuratore della Repubblica Salvatore Curcio e del sostituto Giuseppe Falcone. L’uomo avrebbe prestato denaro a due commercianti, titolari di un tabacchino, (ai quali nel corso delle indagini si sono aggiunte altre vittime) per un ammontare complessivo di 100mila euro al tasso di interesse del 121% annuo e per ottenere la restituzione del denaro li avrebbe minacciati di morte.
Nel corso delle operazioni per l’arresto, i finanzieri, durante una serie di perquisizioni in appartamenti in uso all’indagato, avevano poi trovato un vero e proprio arsenale, costituito da sette pistole, due revolver e cinque semiautomatiche, tutte funzionanti, oltre a dieci caricatori e 645 munizioni di vario calibro, oltre sette quintali di artifizi pirotecnici di varia categoria, ed un ordigno esplosivo costruito artigianalmente del peso di circa ottocento grammi di micidiale potenzialità lesiva. Nella circostanza gli investigatori trovarono anche 167mila euro in contanti, dei quali 165mila suddivisi in 31 “mazzette” confezionate “sottovuoto”, nascoste in un intercapedine di un mobile e 12 grammi di marijuana ed indumenti in dotazione alla polizia penitenziaria.
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