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‘Ndrangheta stragista

Asse ‘Ndrangheta-Cosa Nostra per sovvertire lo Stato, Lombardo: «Graviano e Filippone meritano l’ergastolo» – VIDEO

Requisitoria finale del procuratore aggiunto in Corte d’assise di Reggio Calabria nel processo per l’assassinio dei due carabinieri nel 1994

Pubblicato il: 28/02/2023 – 19:02
di Mariateresa Ripolo
Asse ‘Ndrangheta-Cosa Nostra per sovvertire lo Stato, Lombardo: «Graviano e Filippone meritano l’ergastolo» – VIDEO

REGGIO CALABRIA Ergastolo per Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone. Queste le richieste di condanna della Procura di Reggio Calabria alla Corte d’Assise d’appello presieduta da Bruno Muscolo, al termine dei tre giorni di requisitoria del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo. «Non soltanto una vicenda processuale, ma molto di più», secondo Lombardo, il processo sugli intrecci e i rapporti tra ‘Ndrangheta, Cosa nostra e mondo politico che vede alla sbarra il boss palermitano e l’esponente della cosca Piromalli di Gioia Tauro, già condannati in primo grado all’ergastolo per l’uccisione dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, trucidati il 18 gennaio 1994 in un agguato avvenuto sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria nei pressi dello svincolo di Scilla.
Si tratta, ha detto il procuratore aggiunto nel corso del suo intervento, di «fatti per i quali il tempo non passa e che rappresentano un eterno presente in cui riscontriamo accadimenti che non possiamo non considerare attuali». Lombardo, nel corso suo intervento – iniziato giovedì 23 febbraio – ha articolato il suo discorso avvalendosi delle intercettazioni e delle dichiarazioni dei diversi collaboratori di giustizia contenuti nei verbali e ascoltati in aula. «Non si tratta di fatti vecchi, questa è la nostra vita di oggi. Tutti quei fatti, – ha detto il procuratore aggiunto – incasellati in una logica criminale, spiegano un crimine organizzato che si evolve per cambiare alcune caratteristiche e abbracciarne altre».

I legami con Cosa nostra e la doppia affiliazione

Il procuratore aggiunto Lombardo durante la requisitoria nel processo “Ndrangheta stragista”

Secondo la ricostruzione della Procura un doppio filo legava alcuni esponenti di spicco di ‘ndrangheta e Cosa nostra. «Un legame strettissimo con l’organizzazione criminale siciliana di cui Graviano è protagonista» rappresentato anche da quelle che il collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese ha definito «doppie affiliazioni», con riferimento a «Paolo De Stefano, Peppe e Mommo Piromalli, Nino Pesce, Pino Mammoliti, Luigi Mancuso, Pino Piromalli, Nino Molè, Nino Gangemi, qualcuno degli Alvaro». «Questi soggetti – ha raccontato Bruzzese nel corso della sua testimonianza – avevano un ruolo di vertice apicale anche nella mafia. Mommo Piromalli, che al tempo era al vertice di tutta la ndrangheta reggina, era tenuto molto in considerazione dai palermitani Bontate e Badalamenti». Riferimenti alla doppia affiliazione – ha spiegato Lombardo – sono stati fatti anche da un altro collaboratore di giustizia, il palermitano Francesco Onorato.

«Tutta la ‘ndrangheta mobilitata per un progetto politico»

«Così come ci si preparava a una guerra, così in Calabria ci si preparava ai cambiamenti politici». Così Bruzzese descrisse gli incontri e le strategie che sarebbero servite per delineare la linea in Calabria. Incontri e strategie di cui si sarebbe discusso in quelle che il collaboratore di giustizia ha definito «stanze segrete della ‘ndrangheta». «Un progetto politico» che – ha spiegato in aula – sarebbe stato appoggiato da più parti e «per il quale si mobilitarono tutte le famiglie di ‘ndrangheta, da Cosenza a Reggio Calabria». «La strategia stragista serviva per andare a soddisfare una serie di esigenze», ha spiegato ancora Lombardo riferendosi agli intrecci emersi secondo l’accusa, nel corso delle indagini e del processo in primo grado, tra associazione criminale e politica.
Il procuratore aggiunto ha quindi citato l’episodio che vede come protagonista l’ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli che in una intercettazione, commentando un articolo di giornale sulla trattativa Stato-Mafia, esordì dicendo: «Berlusconi è fottuto». Per poi per spiegare così i passaggi della nascita di Forza Italia: «Io lo so perché Dell’Utri la prima persona che contattò per la formazione di Forza Italia fu Piromalli a Gioia Tauro non so se ci… ragioniamo, tu pensa che ci sono due mafiosi in Calabria, che sono i numeri uno in assoluto, uno è del Vibonese e l’altro è di Gioia Tauro, uno si chiama Giuseppe Piromalli e l’altro si chiama Luigi Mancuso, che è più giovane e forse più potente… Io li difendo dal 1981, cioè sono trentasette anni che questi vivono qua dentro… pazzesco… l’altro giorno ci pensavo, dico trentasette anni». «Frasi pronunciate non da un uomo qualunque», ha sottolineato Lombardo.

«Il summit nell’agrumeto con Craxi e Berlusconi»

Nel corso della lunga requisitoria un passaggio dell’intervento è stato dedicato al summit che si sarebbe svolto in un agrumeto dove il padre di Bruzzese aveva trascorso la latitanza. A quella riunione, ha raccontato Bruzzese, – avvenuta «dopo l’omicidio di Aldo Moro» e «prima delle elezioni politiche del ‘79» – avrebbero partecipato i vertici della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro e avrebbero preso parte Bettino Craxi e Silvio Berlusconi. Diverse le persone presenti, oltre al padre, secondo il collaboratore di giustizia: «Vidi Ciccio Albanese, Peppe Piromalli, Mimmo Giovinazzo, Domenico Alvaro, Girolamo Mammoliti». «C’era una certa eccitazione», ha dichiarato il collaboratore di giustizia che ha poi aggiunto: «Si capiva che stava per arrivare qualcuno di importante. Poco dopo vidi arrivare due persone molto distinte, vestite in un modo che attiravano la mia attenzione. Erano vestiti eleganti, quello più alto era Bettino Craxi», ha specificato Bruzzese che ha raccontato di essere stato colpito in particolare «dai cappelli che indossavano». «Ho riconosciuto Craxi perché lo avevo già visto in televisione», ha detto. Di Berlusconi «mi colpì il sorriso a 32 denti». Ma Bruzzese sul leader di Forza Italia racconta anche un altro particolare: «Quando arrivarono, Peppe Piromalli chiamò Silvio Berlusconi per nome. Lo conosceva già». «La descrizione del luogo – ha spiegato Lombardo – corrisponde esattamente a quello che era presente nell’autunno 1979 in quella porzione territoriale che il collaboratore indica».

Lombardo: «Graviano e Filippone colpevoli di tutti i reati a loro ascritti»

Al termine del suo intervento odierno il procuratore aggiunto ha chiesto la conferma dell’ergastolo per Graviano e Filippone: «Un noto fisico e pensatore tedesco, Albert Einstein, diceva parlando del mondo, con gli occhi che solo lui poteva avere: “Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai delinquenti, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare”. Ecco – ha concluso Lombardo – noi ce ne siamo accorti e non staremo lì a guardare. E io credo davvero che voi non starete qui a guardare. Graviano e Filippone sono colpevoli di tutti i reati a loro ascritti e la sentenza di condanna all’ergastolo va integralmente confermata». (redazione@corrierecal.it)

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