Disturbo della crescita, le conseguenze e l’incidenza in Calabria. E poi le difficoltà di diagnosi, gli strumenti di prevenzione e l’incidenza dello stato di disagio e di svantaggio economico delle famiglie. È attorno a questi temi che si è sviluppata l’intervista a Massimo Barreca, Endocrinologo Pediatrica all’Asp di Cosenza. Abbiamo chiesto a lui di spiegarci cos’è il disturbo della crescita e come è possibile comprenderlo e poi curarlo.
Dottore, che cosa si intende per disturbo della crescita?
La crescita come è ovvio intendere, è un processo dinamico, e noi pediatri abbiamo il privilegio di poterla osservare nel suo avanzamento. Essa inizia al momento del concepimento e si conclude con la maturazione sessuale. Durante il primo anno di vita la crescita è estremamente rapida, con un aumento dell’altezza del 50% rispetto alla nascita. Durante il secondo anno, invece, la velocità di crescita rallenta (1 cm/mese) per poi stabilizzarsi, dopo il secondo anno e per tutto il periodo prepubere, ad una velocità di circa 5 cm l’anno. Nel periodo prepuberale vi è un nuovo rallentamento ma, raggiunti i 10-14 anni, si assiste ad un netto incremento della velocità di crescita (9-10 cm/anno), che rappresenta lo scatto accrescitivo puberale (Growth Spurt). Questo dura all’incirca 2 anni e consente un incremento in altezza di circa 18 cm nella femmina e di fino a 20-25 cm nel maschio. Quando un bambino/adolescente non rispetta queste tappe o si discosta molto dai limiti superiori ed inferiori della popolazione di riferimento parliamo di un disturbo di crescita.
Quali conseguenze possono determinare i problemi di crescita dei bambini?
Le conseguenze possono essere diverse e dipendono dalla causa a monte del deficit di crescita. Provo a spiegarmi meglio. La crescita abbiamo detto essere un processo dinamico che si esplica in un lungo periodo di tempo. Affinché tutto si svolga in maniera naturale è necessario che ci sia una armoniosa interazione di fattori genetici, ambientali, nutrizionali, ormonali. I disturbi della crescita possono essere causati da molteplici situazioni: varianti normali di crescita, anomalie cromosomiche o genetiche, osteocondrodistrofie, malattie croniche sistemiche (pensiamo alla celiachia), malattie metaboliche, malattie endocrine. Ognuna di queste varianti avrà decorso e conseguenze diverse. Riconoscerle e trattare ciò che va trattato nei tempi e nei modi corretti evita possibili conseguenze psicologiche, metaboliche, sistemiche che quella condizione causerà nel tempo.
Ci sono casi in cui entrano in gioco anche fattori psicologici?
Le principali valutazioni sui fattori psicologici presenti in letteratura scientifica sono rivolte alla popolazione adulta e gran parte delle ricerche si concentrano sulla valutazione della qualità di vita nei bambini che presentano una bassa statura da deficit di GH, pazienti per i quali è disponibile un trattamento migliorativo della situazione. Fatta questa premessa, le posso dire che là dove riscontrabili, le problematiche psicologiche in bambini/adolescenti che presentano scarsa crescita sono rappresentate da bassa autostima e sottovalutazione da parte di coetanei, insegnanti e genitori. Si tratta di soggetti che spesso sono presi in giro, respinti o eccessivamente protetti: sono più propensi a sperimentare l’isolamento e la discriminazione. Il bambino/adolescente con problemi di crescita può incontrare maggiori difficoltà nella vita sociale, nel mondo della scuola, con una tendenza ad interiorizzare i problemi risultando facile vittima di bullismo, o esternarli con manifestazioni di tipo sfida/aggressività (fumo, alcool per sentirsi accettato) o diventare a sua volta un bully-victim, ovvero la vittima che si comporta a sua volta da bullo (6% circa dei casi di bullismo). Tuttavia (e fortunatamente), ricerche recenti sostengono l’ipotesi che i bambini affetti da scarsa crescita riescano ad adattarsi alla condizione senza presentare nessuna delle problematiche psicosociali sopra esposte ad anche bambini e adolescenti più bassi possono raggiungere una buona qualità di vita.
Che incidenza hanno, in Calabria, i disturbi della crescita?
È simile a quella riscontrata sul territorio nazionale. La causa più frequente di ritardo di crescita che si osserva in ambulatorio di endocrinologia pediatrica è costituita da forme benigne come il ritardo costituzionale di crescita e pubertà (circa il 3% della popolazione, prevalentemente di sesso maschile). Tra le forme causate da malassorbimento sicuramente il ruolo di primo piano spetta alla malattia celiaca (circa 1% della popolazione). Le forme genetiche possono interessare 1 ogni 2.500 neonati come nella sindrome di Turner o nella sindrome di Noonan. Le displasie scheletriche hanno una prevalenza di 1/10.000- 1/20.000 persone, mentre forme ormonali come il deficit di GH interessano generalmente un bambino su 4000. Una particolare menzione va fatta per i neonati nati piccoli per l’età gestazionale (circa il 10% dei neonati). Il 90% di questi neonati raggiunge infatti una crescita accettabile già nel secondo anno di vita, mentre il restante 10% avrà una crescita non soddisfacente se non adeguatamente trattati in epoca evolutiva.
Quali sono i segnali cui i genitori devono prestare attenzione? Come dovrebbero muoversi in proposito?
La prima cosa da fare è affidarsi al pediatra di famiglia. Il Servizio sanitario nazionale italiano offre la possibilità ai genitori di poter far assistere i propri figli da un medico specialista in pediatria. Tra i compiti del pediatra di famiglia sono previsti i bilanci di salute, ovvero delle visite che si fanno quando il bambino sta bene (in inglese si chiamano well-child visits). Proprio per questo sono molto importanti: consentono al pediatra di seguire da vicino la crescita del bambino, dalla nascita all’adolescenza, e di prevenire o cogliere tempestivamente i segni di patologie o di ritardi nello sviluppo. Il pediatra, una volta individuato un possibile problema, saprà indirizzare la famiglia nel giusto percorso diagnostico.
Sempre riguardo ai disturbi della crescita, registra una certa lontananza dalle cure da parte dei bambini provenienti da famiglie più svantaggiate sul piano economico e culturale?
Non nascondo che mi capita di osservare queste situazioni, non solo per patologie legate alla crescita, ma per tutte le patologie endocrine di cui mi occupo. Si tratta di situazioni limite osservate in contesti particolari. Per questo, ribadisco, è fondamentale la possibilità di far seguire in maniera gratuita e capillare i bambini a medici specialisti in Pediatria.
Come, nel territorio calabrese, vengono diagnosticati e curati i disturbi della crescita?
Come già detto, il primo attore è il pediatra di libera scelta, che individua situazioni sospette ed eventualmente esegue gli esami di primo livello. Il passo successivo è indirizzare la famiglia – perché, sottolineo, con il bambino si muove la famiglia – presso i centri di Auxologia/Endocrinologia che sono presenti negli ospedali hub e spoke della regione. Purtroppo, anche in questa branca esiste il fenomeno della migrazione sanitaria verso le regioni del Nord, da quanto mi risulta in calo rispetto al passato. Le posso dire, con un pizzico di orgoglio, che nella maggior parte dei casi in Calabria si riesce a dare risposte concrete a queste famiglie, a volte arrivando a diagnosi particolarmente complesse.
Ci sono, al riguardo, strumenti di prevenzione?
Evitare il fai da te, eseguire i bilanci di salute come da calendario, far praticare una sana attività fisica ai bambini/adolescenti, rispettare una sana alimentazione utilizzando cibi di stagione, e poi sole, mare e montagna (che credo non ci manchino).
Qual è, nel merito, il livello di interazione tra gli specialisti che lavorano in ospedale e i pediatri di libera scelta?
Se manca, andiamo da nessuna parte. Personalmente cerco di mantenere una buona interazione con il territorio, con i colleghi degli altri ospedali nonché dell’Endocrinologia dell’adulto (perché i bambini cresceranno e le patologie croniche persisteranno per tutta la vita). Condizioni che per noi sono semplici da gestire possono rappresentare un macigno per la famiglia. È quindi fondamentale che i diversi attori del percorso parlino la stessa lingua, ognuno per le proprie competenze specifiche, evitando inutili attacchi di panico e inutili viaggi della speranza per condizioni tranquillamente gestibili con le nostre risorse.
Lei è anche un pediatra, oltre che un endocrinologo. Quali sono le priorità dell’assistenza pediatrica in Calabria? In che modo potrebbe essere migliorata?
Pediatra, prima di tutto; l’Endocrinologia pediatrica è una mia passione. La risposta alla sua domanda sarebbe lunga e complessa. La sezione calabrese della Società italiana di Pediatria ha prodotto a riguardo un documento tecnico molto articolato, con tutta una serie di proposte condivise da pediatri ospedalieri e territoriali, inviata alle istituzioni preposte circa un anno fa. Personalmente, ma è solo una mia considerazione, credo che il nodo sia mantenere in efficienza l’esistente, tanto negli ospedali quanto sul territorio. Il principale ostacolo, come sappiamo, è il reclutamento del personale, soprattutto in ambiente ospedaliero ed ancor di più in quegli ospedali periferici, i cosiddetti Spoke. La situazione riguarda certamente tutto il territorio nazionale; in Calabria è stata ulteriormente aggravata dagli anni di commissariamento e blocco del turnover, che hanno visto emigrare tanti specialisti di tutte le branche, i quali non hanno più fatto ritorno. Riguardo a possibili ritorni in patria, le riporto le classiche domande che i colleghi più giovani di me mi rivolgono quando c’è un concorso alle porte: “Quanti siete? Quante unità mancano? Quante notti o festivi fate? Quanti infermieri avete? C’è possibilità di crescita professionale?”».
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