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l’inchiesta sulla strage

Il racconto di un superstite: uno scafista aveva un apparecchio per impedire le telefonate

Nel decreto di fermo le ricostruzioni dei migranti sopravvissuti al naufragio. Il tentativo di fuga dei trasportatori dei profughi

Pubblicato il: 01/03/2023 – 6:57
Il racconto di un superstite: uno scafista aveva un apparecchio per impedire le telefonate

CROTONE Uno degli scafisti del barcone naufragato sulla costa crotonese disponeva di un telefono satellitare e di un apparecchio per inibire le onde radio/telefoniche. E’ quanto ha riferito uno dei superstiti interrogato dalle forze dell’ordine, secondo quanto riporta l’agenzia Ansa: la testimonianza del superstite – le cui parole potrebbero spiegare, se confermate, il mancato Sos da parte dei migranti dall’imbarcazione – è nel decreto di fermo che consta di una quarantina di pagine, a carico di due presunti scafisti maggiorenni (per il terzo fermato procede la Procura dei minorenni di Catanzaro). Agli atti dell’inchiesta inoltre altre testimonianze, come quella di un altro superstite: “Quando si sono iniziate a vedere le luci dalla costa tanti di noi hanno gridato ‘help, help’ credendo che si trattasse dei soccorsi. Purtroppo non rispondeva nessuno e dopo pochi minuti è arrivata una forte onda e c’è stato un forte urto. L’onda ha travolto la barca. Quando gli scafisti hanno sentito che chiedevamo aiuto – ha spiegato Yousuf, afgano di 23 anni – hanno cercato di fuggire. Io ho provato a bloccarli e ho cercato di fermare un turco ma questi mi ha strattonato e si è  tuffato in acqua, la stessa cosa ho provato a fare con un secondo turco ma lui è riuscito a tirarmi e spingermi tuffandosi in acqua anche lui. I due turchi sono fuggiti a nuoto. Ho provato anche a bloccare il cittadino siriano ma mi è sfuggito. Infine sono riuscito a bloccare un terzo turco ma solo per poco perché ho dovuto mettermi in salvo ma poi l’ho rivisto sulla spiaggia, nascosto in mezzo ad altri migranti, fino a quando tutti i migranti lo hanno additato come responsabile della tragedia. Poco dopo sono arrivare le forze di polizia che lo hanno fermato”. Secondo Ramin, afgano di 21 anni, “i componenti turchi dell’equipaggio hanno preso degli oggetti neri simili a dei tubi che hanno gettato in acqua e si sono tuffati aggrappandosi ad essi per poi scappare. Non appena la barca si è rovesciata – ha detto ai poliziotti – mi sono tuffato in mare e mi sono aggrappato ad un pezzo di legno con il quale sono riuscito ad arrivare a riva e a mettermi in salvo”.

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