LAMEZIA TERME Le indagini su quanto accaduto domenica scorsa a Cutro continuano. La procura di Crotone vuole vederci chiaro e lavora alacremente come le donne e gli uomini impegnati nell’estenuante ricerca dei dispersi. Il numero delle vittime cresce, ora dopo ora, e le immagini delle bare stipate nel palasport di Crotone sono un pugno nello stomaco: feriscono, indignano, impongono riflessioni e continuano a smuovere interrogativi, oggi ancora senza una risposta certa. Don Giacomo Panizza, insignito dell’onorificenza di Commendatore al Merito della Repubblica Italiana guida la comunità “Progetto Sud”, parte dell’attività della quale ha sede in un immobile confiscato alla ‘ndrangheta. Una scelta che è costata al sacerdote minacce da parte della criminalità organizzata, a causa delle quali a don Giacomo è stata assegnata una scorta. “Progetto Sud”, radicata nel contesto calabrese, coopera con molte realtà italiane e straniere per potenziare il protagonismo dei diversi mondi vitali della società, accompagnando percorsi di “empowerment” di persone e gruppi vulnerabili. Un’azione costante a sostegno dei più deboli, degli emarginati, degli ultimi. Don Panizza, al Corriere della Calabria, commenta il drammatico naufragio di Steccato di Cutro sollevando dubbi sui (mancati) soccorsi. «E’ impossibile che non si sia saputo del barcone, è tutto monitorato dai satelliti. In questi casi si presta soccorso, si salvano delle vite e poi si ragiona del problema invece pare si sia atteso l’arrivo a riva della barchetta». Don Giacomo le definisce «distrazioni ideologiche», quelle «che hanno conseguenze pesantissime».
Sono i trafficanti di morte i nemici da combattere? «Gli scafisti, sono il prodotto del fenomeno migratorio non la causa. Non sono quelli che si arricchiscono sulle migrazioni, perché chi fa gli affari per far partire le navicelle sgangherate sono gli organizzatori». Don Giacomo Panizza cita l’esempio dei boss della ‘ndrangheta che ordinano ai gregari di eseguire intimidazioni. Una minaccia costante che il presidente di “Progetto Sud” conosce benissimo. «Cosa fa il mafioso? Chiede a qualcuno di portare la bottiglietta incendiaria davanti la saracinesca di un imprenditore, davanti una attività commerciale e chi compie materialmente l’azione non è il principale autore, ma solo un mezzo». Accade, dunque, la medesima cosa quando chi organizza i viaggi della morte si serve degli scafisti. (f.benincasa@corrierecal.it)
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