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la tragedia

Strage di Cutro, migranti ammassati nelle stive. «I bambini non dovevano piangere»

I racconti della drammatica traversata riportai nei verbali dei Carabinieri

Pubblicato il: 01/03/2023 – 7:45
Strage di Cutro, migranti ammassati nelle stive. «I bambini non dovevano piangere»

CROTONE Persone lasciate al buio, bagnate, alcune ferite. Un uomo «annaspante e in evidente sofferenza respiratoria». Questi alcuni dei passaggi chiave appuntati dai Carabinieri di Cutro nella loro relazione di servizio dopo la strage di migranti. Come riporta il Corriere della Sera, «fra i corpi c’era quello di un bambino». I superstiti raccontano di aver «provato a fargli un massaggio cardiaco di emergenza ma era ormai privo di vita».
Nei verbali allegati al fermo del turco e dei due pachistani presunti scafisti, c’è l’umanità ma anche il dispiacere. E le immagini dei corpi straziati restituiti dal mare. Ogni migrante racconta la sua odissea personale – scrive il Corriere – anni di viaggi da luoghi alla fine del mondo e dei diritti umani, giorni e giorni di attesa in una qualche baracca fra centinaia di altri disperati, il viaggio per arrivare fino alla costa accanto a Smirne, in Turchia. E poi finalmente i piedi sulla barca. Racconta uno dei sopravvissuti: «Gli scafisti disponevano di telefono satellitare e un apparecchio tipo Jammer. Ci facevano salire di sopra solo per esigenze fisiologiche o per prendere pochi minuti di aria prima di farci ritornare nella stiva». Altro verbale: «Ho sempre avuto paura… le donne e i bambini hanno sempre pianto e gridato aiuto perché temevano che la barca potesse affondare (…) Quando il barcone si è fermato noi eravamo impauriti dalle condizioni del mare, per tranquillizzarci ci hanno mostrato l’iPad con la rotta e la distanza fra la nostra posizione e la terraferma, dicendoci che volevano far passare quelle ore per farci sbarcare nel cuore della notte e non incappare nei controlli di polizia». Ogni tanto – riporta il Corriere – uno degli scafisti scendeva a portare acqua ai bambini e, forse infastidito dalle urla che arrivavano in coperta, si raccomandava: «Non fateli piangere».

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