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Il naufragio di Cutro, una tragedia «prevedibile». E «non erano quattro amici al bar»

Le conclusioni del Gip: troppi passeggeri, natante vetusto, rifiuto a chiamare i soccorsi, azzardata manovra per evitare i controlli

Pubblicato il: 02/03/2023 – 7:06
Il naufragio di Cutro, una tragedia «prevedibile». E «non erano quattro amici al bar»

CROTONE «Elevato numero di passeggeri», «condizioni del mare», e poi «vetustà del natante», «ostinato rifiuto a chiamare i soccorsi», «improvvida manovra in cui si spendevano i nocchieri per sfuggire alle autorità italiane»: in sintesi «la ricorrenza di una sostanziale prevedibilità» della tragedia. In un linguaggio colorito, a tratti ridondante ma comunque chiaro, il Gip di Crotone così “fotografa” le cause del naufragio che all’alba di domenica scorsa ha trasformato le acque dello Jonio crotonese in un’apocalisse di morte e dolore, portandosi via 67 migranti, molti dei quali bambini. A imprimerle nero su bianco è l’ordinanza di convalida dell’arresto di due degli scafisti del “caicco” che si è infranto a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro: disastro e omicidio colposo plurimi oltre che per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sono le ipotesi d’accusa a carico degli scafisti per i quali il Gip ritiene sussistenti il pericolo dio fuga e il pericolo di reiterazione del reato. E non erano «quattro amici al bar», spiega il Gip che invece delinea una vera e propria «organizzazione»-

«L’assenza di strumenti per affrontare le emergenze»

«Nulla quaestio in ordine al debito di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, essendosi gli indagati adoperati per condurre nel territorio italiano e sine titolo i migranti trasportati», annota il Gip di Crotone, per il quale «l’evidenza dei fatti consente altresì di assumere la ricorrenza del prescritto elemento psicologico, non potendosi assolutamente revocare in dubbio la cosciente volontà di portare in territorio nazionale soggetti extracomunitari. Ricorrono tutte le ipotizzate aggravanti del delitto de quo. Quella afferente al dato numerico non necessità di specificazione alcuna. Ricorre l’aggravante dell’esposizione a pericolo (lett. b comma 3 articolo 12 dlgs 1998 286 come dimostrato dalla nefasta conclusione della navigazione e come desumibile dall’assenza di qualsivoglia strumento per affrontare emergenze di sorta (esempio scialuppe, giubbotti di salvataggio). In ordine alla circostanza di cui al comma 3 lettera c, si fa notare come tutti gli escussi evochino un medesimo trattamento alla cui stregua venivano stipati sottocoperta e per tutta la navigazione ivi costretti, fatte salve sporadiche e fugaci autorizzazioni a risalire all’aria aperta. Ricorre – annota poi il Gip –  l’aggravante del profitto anche indiretto (articolo 12 comma tre dlgs 286 1998) avendo i migranti dichiarato di aver corrisposto ingenti somme per il trasbordo, somme notoriamente frutto di risparmi di una vita (propria e, sovente, di altri familiari) onde guadagnarsi la possibilità di una vita migliore e foriera di guadagni idonei a mantenere a distanza il nucleo familiare di origine».

«La sostanziale prevedibilità delle tragiche conseguenze»

Secondo il Gip di Crotone «non ci si può esimere dall’osservare come, sia pure nella fase embrionale, il procedimento abbia offerto plurimi spunti per approfondirete il dato strutturale a monte dell’evento in commento. In altri termini sono emersi più elementi che tradiscono in termini giuridici quanto in chiave esperenziale anche il quisque de populo può legittimamente supporre. Lo sbarco in esame non può essere ritenuto frutto di un epifenomenico accordo tra “quattro amici al bar” che, imbattutisi per caso fortuito in almeno 180 disperati, decidono di affrontare i perigli del mare per speculare sul desiderio di libertà dei disperati medesimi. L’esistenza di strutture per ospitare i migranti prima della partenza, il servizio di trasporto sino ai natanti, la suddivisione dei ruoli, la presenza di canali di pagamento coinvolgenti l’apporto di terzi soggetti, il servizio di assistenza marittima (un primo natante veniva sostituito con quello destinato all’inferno a seguito di avarie al motore…) rappresentano indici sintomatici di un solo dato fattuale: l’imperversare di un’organizzazione. Ai posteri il gravoso compito di raccogliere, valorizzare e riscontrare gli elementi sintomatici già agli atti. Tornando alle odierne contestazioni, diversamente dal consueto l’Ufficio di procura, stante l’intervenuto decesso di decine di disgraziati, procede all’imputazione del reato di cui articolo 586 codice penale. Trattasi di precipitato inevitabile, atteso quanto occorso a diversi migranti. Si consideri come l’imputazione dell’evento morte trovi asilo nel presente procedimento sulla scorta delle coordinate ermeneutiche imposte dall’articolo 27 della Grundnorm». In altri termini – precisa il Gip –  «gli accadimenti di cui all’articolo 586 codice penale possono agevolmente essere imputati a titolo colposo agli indagati emergendo chiaramente i crismi del supposto coefficiente psicologico. Tanto – si legge infine nell’ordinanza a carico degli scafisti – è dato assumere in ragione dell’elevato numero di passeggeri, delle condizioni del mare, della vetustà del natante, dell’ostinato rifiuto a chiamare i soccorsi, dell’improvvida manovra in cui si spendevano i nocchieri per  sfuggire alle autorità italiane. Tutte le circostanze menzionate difatti dimostrano la ricorrenza di una sostanziale prevedibilità delle tragiche vicissitudini occorse ai migranti. Non dissimile sorte attende il contestato delitto di naufragio colposo in ragione dell’argomentare appena esposto». (c. a.)

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