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La ‘ndrangheta “sbagliata” di Canzo-Asso, il pentito gaffeur e quelli che «lavorano ma gli piace essere affiliati»

Arrivo e crescita dei clan nei borghi più felici d’Italia. Capi e luogotenenti del “locale”, affiliazioni in carcere e affari nell’ombra in una delle province a più alta densità mafiosa d’Italia. «…

Pubblicato il: 02/03/2023 – 6:56
di Paride Leporace
La ‘ndrangheta “sbagliata” di Canzo-Asso, il pentito gaffeur e quelli che «lavorano ma gli piace essere affiliati»

La ramificazione della ‘ndrangheta nel Comasco dopo Milano «è tra le più gravi della Lombardia. Tutto ciò è allarmante e richiede un rafforzamento delle misure di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata. Le capillarità con cui le locali sono diffuse nel nostro territorio lascia solo una sensazione di sgomento» analizzava la situazione nel 2019, Raffaele Erba, consigliere regionale della Lombardia.
Una ‘ndrangheta pulviscolare diffusa in piccoli paesi sconosciuti alla grande geografia criminale. Come il locale di Canzo-Asso citato da tutte le relazioni della Dia dell’ultimo decennio e di non facile comprensione.
Benvenuti in Vallassina e nel Triangolo Lariano penisola tra i due rami del Lago di Como. Qui sorgono Canzo e Asso.

La ‘ndrangheta nei borghi più felici d’Italia

Nel 2014 Canzo si è qualificata al settimo posto fra i comuni italiani come qualità di vita sotto il profilo delle attività personali, al dodicesimo sotto il profilo della partecipazione alla vita politica e al tredicesimo secondo l’indice di sicurezza. Nello stesso contesto risultò l’unico comune della provincia di Como – insieme ad Appiano Gentile (altro luogo di ‘ndrangheta) ad apparire nella lista dei 100 borghi più felici d’Italia. Gli esperti di dati incrociando più elementi, appurarono che Canzo era il miglior borgo montano d’Italia quanto a coinvolgimento nella vita civile e amministrativa, e al tempo stesso il più adatto per gli hobby legati alla montagna. È un centro di villeggiatura per milanesi anche Asso, due borghi autonomi “tranquilli” che sommano 8000 anime. Eppure la ‘ndrangheta da queste parti decise di costituirsi in seno alla sua federazione “Lombardia” nonostante la presenza della molto attiva e competitiva sezione di Erba, federando i due luoghi. Una ‘ndrangheta silente come le vette delle montagne anche se certificata da sentenze e atti giudiziari.

Il giro di droga e i 21 milioni di euro nei bar

Il locale di Canzo-Asso nasce nel carcere di Como dove s’incontrano Luciano Nocera oriundo dalla solita Giffone, 55 anni, e Luigi Vona nato a Roccabernarda in provincia di Crotone nel 1953 ma residente a Valbrona, quattro minuti da Asso dove la moglie ancora oggi gestisce un bar. L’operazione “Infinito” e il processo hanno accertato e confermato l’esistenza di locali a Canzo-Asso come a Cermenate, Erba e Mariano Comense, piccola geografia criminale della moderna Lombardia regione d’Italia e anche omonimo mandamento di ‘ndrangheta. Vona è il capolocale «nel ruolo di direzione e capo, con compiti di pianificazione e decisione delle azioni» e Giuseppe Furci suo fedele luogotenente. Non si conoscono altri aderenti. Vona era già stato segnalato nell’operazione “I Fiori della Notte di San Vito”, in quanto esponente della ‘ndrina dei Mazzaferro, ma era stato assolto dal reato associativo. Troppo poco il fatto che nel corso di una perquisizione a casa sua fossero trovati appunti dalla prosa: «Davanti a questa società giuro fedeltà…». Era andata peggio nel febbraio del 2001 quando per un giro di droga identificato nel suo bar “Le giare” a Canzo e “La Nuit” di Pontelambro erano stati ritrovati un chilo di sostanza da taglio e circa 21 milioni di euro, molti dei quali franchi svizzeri. Il giudice in primo grado aveva sentenziato sei anni di carcere.

Il pentito gaffeur e la ‘ndrangheta “scomposta” di Canzo-Asso

A dare latitudini e geografia precise al locale di Canzo-Asso è Luciano Nocera, collaboratore di giustizia che ai magistrati all’inizio della collaborazione consegna 500 pagine di deposizione. È in cella con Vona, c’è anche un giovane di San Luca, ma il rito avviene a due nel bagno. Il capobastone incide una croce nella schiena di Nocera e ne beve il sangue. È il segno della Santa. Si deve festeggiare nel carcere, si chiamano gli altri calabresi, il neosantista ha comprato una torta dallo spesino interno, una fetta ciascuno come un compleanno. Una ‘ndrangheta scomposta quella di Canzo-Asso come il Negroni combinato diversamente. Dai verbali emergono le anomalie di Nocera: «Io non ero affiliato, però sono sempre stato vicino a gente affiliata, mi sono fatto la galera senza mai parlare, allora Luigi (Vona) mi ha voluto portare avanti».

Luciano Nocera

Il neosantista non è proprio affine alle regole e alle tradizioni mafiose. Quando escono dal carcere marina le riunioni e le mangiate di capre. Viene rimproverato dal capo che lo apostrofa dicendo: «Guarda che il sole scalda chi vede». Quasi fosse il film “Amici miei, Nucera fa gaffe clamorose. Entra nei bar dei calabresi e saluta come un comasco dicendo “buonasera a tutti” quando buona creanza di ‘ndrangheta richiede che si stringano le mani a tutti i presenti. Nucera, diversi parenti affiliati, svela la ‘ndrangheta silente lombarda: «C’è gente che va a lavorare e che poi gli piace la ‘ndrangheta, gli piace il rispetto ed essere affiliati. Qui uno che ha fatto un reato non lo trova, perché è gente che dal lunedì al sabato va a lavorare e poi alla domenica fanno i malandrini».

«La ‘ndrangheta? Ci sarà ma qui non si nota»

La ‘ndrangheta scomposta e imprenditrice che non molla le antiche usanze. E anche per Nucera c’era da far carriera. Più volte gli viene proposto di aprire un locale nel suo luogo di residenza, a Lurate Caccivio. Ma preferisce stare nell’ombra senza esporsi troppo.
Luciano Nocera detto “panza di caniglia” è un criminale incallito, narcotrafficante, che ha permesso di ricostruire diversi omicidi, reo confesso anche della terribile esecuzione di Ernesto Albanese, pusher ribelle, sequestrato, torturato lentamente con le coltellate in un bosco di Guanzate (sopra le operazioni degli inquirenti che hanno portato al ritrovamento del corpo, ndr) e il giorno dopo seppellito in un cantiere con tanto di grigliata finale sopra il luogo poi fatto scoprire dallo stesso organizzatore di un omicidio che sembra un atto del film “Le Iene” di Tarantino in salsa calabra.

Luigi Vona capolocale detto “Tre cozze” oltre che dalle dichiarazioni di Nucera sarà incastrato dalle telecamere degli investigatori che riprendono il celebre summit di Paderno Dugnano sotto il quadro di Falcone e Borsellino (foto sopra). Già un anno prima in un Range Rover le microspie sentono compari dire che riceverà la Santa. Uscito da Erba avrà un alterco con il suo ex superiore Pasquale Varca che lo riprende dicendo che non deve superare il Lago di Secrino: «Tu non ti regoli in quale menzina devi stare». Vona invece regolava contrasti a Canzo, interveniva per debiti non pagati, pratica usura. La ‘ndrangheta silente che sta negli atti giudiziari a sentire il sindaco di Asso, Tiziano Aceto, da noi interpellato: «Non c’è più, non ne vediamo, ci sarà ma qui non si nota. Non è come in Calabria o in Sicilia dove mi recavo per lavoro e si percepiva subito». “Abbiate pazienza, non son cose da potersi decifrare così su due piedi” fa dire Manzoni a don Abbondio ambientato negli stessi luoghi della nostra narrazione.

Don Giusto: «I mafiosi controllano tutto»

Don Giusto Della Valle

Anche l’ultima relazione semestrale della Dia indica tra i 25 locali attivi “Canzo-Asso” e pone segnale alla zona del Comasco che pullula di cellule che hanno affidato ai loro strozzini un compito fondamentale per lo sviluppo imprenditoriale dell’organizzazione: incassare soldi come «capitale di partenza per generare ulteriori profitti, senza trascurare la possibilità di riciclaggio mediante canali legali e illegali».
Da tempo Como è una delle province a più alta densità mafiosa in Italia. Ma non sono tutti don Abbondio. Don Giusto Della Valle, parroco di Rebbio (Como) e Camerlata pochi chilometri oltre la frontiera di Chiasso, due anni fa dichiarava: «Qui è la ’ndrangheta a controllare tutto. Gli spacciatori stranieri nei boschi. Ci sono negozi di compravendita di oro molto dubbi, nel nostro quartiere, Rebbio, ci sono fabbricati costruiti da imprese calabresi poi fallite. Fabbricati dove molti appartamenti non sono neanche messi in affitto». Tutto sul ramo del lago di Como. Lontano da Milano, Roma Reggio Calabria. Vicino la Svizzera. Ad Asso-Canzo locale di ‘ndrangheta silente e ristrutturato alle esigenze della modernità. (redazione@corrierecal.it)

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