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L’indagine

L’inchiesta di Bergamo. «La zona rossa avrebbe evitato almeno 4mila morti»

Il procuratore capo Chiappani: «C’è stata una insufficiente valutazione del rischio»

Pubblicato il: 02/03/2023 – 17:38
L’inchiesta di Bergamo. «La zona rossa avrebbe evitato almeno 4mila morti»

BERGAMO «Di fronte alle migliaia di morti e le consulenze che ci dicono che questi potevano essere eventualmente evitati, non potevamo chiudere con una archiviazione». Così ha detto il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani parlando dell’inchiesta appena chiusa sul Covid nella Bergamasca.
«La nostra scelta – ha aggiunto Chiappani – è stata quella di offrire tutto il materiale raccolto ad altri occhi, che saranno quelli di un giudice, di un contraddittorio con i difensori perché è giusto che la ricostruzione la diano gli interessati e da tutto questo ricavare l’esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico, amministrativo» quindi «una lezione, una grandissima riflessione».
La speranza del procuratore è che «al di là delle accuse, delle polemiche che senz’altro ci saranno» questo sia «uno strumento di riflessione».
C’è stata una «insufficiente valutazione di rischio. Il nostro scopo – ha detto – era quello di ricostruire cosa è successo e di dare una risposta alla popolazione bergamasca che è stata colpita in un modo incredibile, questa è stata la nostra finalità, valutare se un’accusa può essere mantenuta come noi valutiamo di fare proprio per questa insufficiente valutazione di rischio». Con un “decreto” del «23 febbraio 2020 – prosegue Chiappani – era stata richiamata la legislazione sanitaria precedente, per cui nel caso di urgenza c’era la possibilità sia a livello regionale sia anche a livello locale di fare atti contingibili e urgenti in termine tecnico, cioè di chiudere determinate zone, c’era questa possibilità e poteva essere fatto proprio in virtù di questo diretto richiamo, fatto in un decreto di emergenza del 23 febbraio».
A proposito del tema del piano pandemico, uno dei capitoli dell’inchiesta sulla pandemia di Covid, Chiappani spiega che «il nostro problema è stato sì quello del mancato aggiornamento del piano pandemico, e questo riguardava un lato ministeriale, ma anche la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi che già erano previsti nel piano antinfluenzale comunque risalente al 2006».
È stato un «lavoro mastodontico» quello della Procura di Bergamo nell’inchiesta sulla gestione della pandemia di Covid. «Ci abbiamo impiegato tre anni ma mi risulta – racconta il procuratore – che non sia stata ancora neanche iniziata una commissione parlamentare. Noi in tre anni abbiamo fatto un’inchiesta».
Il lavoro ha incluso «ricostruire centinaia di vite, un insieme non solo di provvedimenti ma migliaia di mail e sms, tre consulenze durate oltre un anno – ha elencato – ricostruire tutti i rapporti anche di natura estera (ricordo il discorso dell’Oms, della mancata attuazione e aggiornamento del piano pandemico), ricostruire tutte le attività da parte delle amministrazioni». «Noi siamo in Lombardia – ha concluso – quindi anche delle singole amministrazioni lombarde: non è un gioco».

Fontana: «Vergognoso apprendere dalla stampa di essere indagato»

«È vergognoso – dice il governatore Attilio Fontana – che una persona che è stata sentita a inizio indagine come persona a conoscenza dei fatti scopra dai giornali di essere stato trasformato in indagato. È una vergogna sulla quale non so se qualche magistrato di questo Paese ritiene di indagare. Sicuramente non succederà niente. Anche in altri processi in cui sono stato assolto – aggiunge – ho saputo dai giornali cose che non sapevo». Fontana – scrive la Procura – avrebbe causato «la diffusione dell’epidemia» in Val Seriana con un «incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone, pari al numero di decessi in meno che si sarebbero verificati» se fosse stata «estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020».

La reazione dei parenti delle vittime

Emozione stamane fra i parenti delle vittime di Covid davanti alla Procura. Con loro c’era l’avvocato Consuelo Locati, che coordina il team dei legali. «C’è grande gratitudine adesso – hanno sottolineato i familiari – perché per noi si riscrive la storia in questo momento. È ormai chiaro che non è stato uno tsunami improvviso e che qualcuno sarebbe dovuto intervenire».
I familiari delle vittime hanno portato con sé gli esposti a loro tempo presentati proprio in Procura a Bergamo.

Crisanti: «Necessario restituire la verità»

«La motivazione principale mia e della procura è stata restituire agli italiani la verità su quelli che sono stati i processi decisionali che hanno portato a determinate scelte. Con la consulenza è stata fornita una mappa logica su quello che è successo». È il commendo di Andrea Crisanti, microbiologo all’Università di Padova e ora senatore del Pd, che ha firmato la maxi consulenza depositata ai pm di Bergamo nell’indagine sulla gestione del Covid nella Bergamasca.

Le indagini

Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e altri, tra cui componenti del Cts e dirigenti ministeriali, indagati per epidemia colposa assieme anche ad Attilio Fontana e Giuseppe Conte, avevano «a disposizione», almeno dal 28 febbraio 2020, «tutti i dati» per «tempestivamente estendere» la zona rossa anche alla Val Seriana. Erano contenuti nel «Piano Covid elaborato da alcuni componenti del Cts coordinati dal prof. Stefano Merler». Documento che «già prospettava» lo «scenario più catastrofico per l’impatto sul sistema sanitario». Lo scrive la Procura di Bergamo nell’avviso di chiusura indagini.
Il direttore dell’Iss Silvio Brusaferro, nonostante le raccomandazioni e gli alert lanciati dall’Oms a partire dal 5 gennaio 2020 avrebbe proposto «di non dare attuazione al Piano pandemico, prospettando azioni alternative, così impedendo l’adozione tempestiva delle misure in esso previste». scrivono ancora i pm di Bergamo nell’avviso di chiusura dell’indagine sulla gestione del Covid in cui Brusaferro è indagato per epidemia colposa e rifiuto di atti d’ufficio con, tra gli altri, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, Claudio D’Amario ex dg della prevenzione del ministero, e con Angelo Borrelli, ex capo della Protezione Civile.

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