CROTONE La Procura della Repubblica di Crotone acquisirà, in incidente probatorio, le testimonianze dei superstiti del naufragio del barcone di migranti schiantatosi all’alba di domenica su una secca nelle acque di Steccato di Cutro. L’incidente probatorio punta a cristallizzare davanti al Gip le prove che potrebbero emergere dai racconti dei sopravvissuti alla traversata partita dalla Turchia e conclusasi tragicamente a poche decine di metri dalla spiaggia calabrese, provocando la morte accertata, al momento, di 70 persone e un numero di dispersi stimato tra 27 e 47. Le testimonianze dei sopravvissuti saranno inserite nel fascicolo dell’inchiesta per naufragio e omicidio colposo aperta a carico dei presunti scafisti identificati, tre dei quali, un turco e due pachistani (uno è minore), sono stati fermati, mentre un quarto è irreperibile.
La richiesta di incidente probatorio sarà presentata al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone, Michele Ciociola, dal pm Pasquale Festa. Questo dopo il rientro in sede del procuratore Giuseppe Capoccia che, in questi giorni, è fuori città per motivi familiari, come è stato comunicato venerdì ai cronisti che avevano cercato di raggiungerlo negli uffici giudiziari pitagorici. Il curriculum del magistrato, nelle ultime ore, è stato riportato sotto i riflettori dal fragore mediatico dell’inchiesta. Quella che era quasi una nota a margine nel curriculum è stata evidenziata dalla stampa nazionale. Repubblica ha ricordato infatti il passaggio da tecnico di Capoccia al fianco dell’attuale premier. Dal 2009 al 2010 il magistrato è stato infatti vice capo legislativo del Ministero della Gioventù, quando a guidarlo c’era proprio Meloni. Il procuratore è stato insomma uno dei collaboratori dell’attuale presidente del Consiglio. Alla postazione nel ministero della Gioventù arrivò dopo un periodo passato al ministero della Giustizia e al Dap «mentre al governo – scrive Repubblica –, come sottosegretario alla Giustizia, c’era un ex collega che aveva lavorato come lui tra Brindisi e Lecce a cui era legato da una forte stima reciproca: Alfredo Mantovano. Non a caso, tra le indicazioni date ai deputati di Fratelli d’Italia c’era quella di “non polemizzare con la magistratura”».
Tornando al naufragio, potrebbe occuparsene anche la Procura di Roma chiamata, da un esposto dei deputati di Sinistra Italiana Ilaria Cucchi e Nicola Fratoianni, a verificare se ci sono state responsabilità anche a livello ministeriale. Nell’esposto infatti i due parlamentari chiedono di accertare se vi siano state «disposizioni ministeriali che abbiano impedito l’uscita in mare della Guardia Costiera» tenuto conto che «non si può escludere che vi sia una responsabilità superiore visto che la Guardia Costiera dipende dal ministero dei Trasporti, mentre il ministero dell’Interno è diventato il supercoordinatore di sbarchi e soccorsi dei migranti». Una tesi respinta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, secondo il quale «la Guardia Costiera non è intervenuta perché non è stato lanciato un segnale di allarme» elemento rafforzato dal fatto che «l’aereo di Frontex non ha continuato a seguire quella barca, dopo averla segnalata».
Per lunedì prossimo intanto è previsto l’affidamento formale da parte della Procura ai carabinieri della delega all’acquisizione degli atti nell’ambito del nuovo filone di indagini, al momento senza indagati e senza ipotesi reato, aperto per chiarire quali siano state le procedure e le comunicazioni tra la Guardia di finanza e la Guardia costiera fra le 23.03 di sabato e le 4:10 di domenica 26 febbraio. L’obiettivo degli inquirenti è stabilire cosa è accaduto dopo la segnalazione di Frontex sulla presenza del barcone a 40 miglia dalla costa calabrese e se vi siano state falle nella catena dei soccorsi. Sei ore, infatti, sono trascorse tra la prima comunicazione proveniente dal velivolo dell’Agenzia europea che sovrintende al controllo delle frontiere esterne dell’Unione europea da cui è scaturita l’uscita in mare, verso mezzanotte, di due unità della Guardia di finanza salpate da Crotone e Taranto, in un’attività classificata come “law enforcement”, ovvero operazione di polizia e non di soccorso, e le fasi antecedenti l’epilogo tragico a poche decine di metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. Tutto ciò anche in considerazione del fatto che dal caicco non è stata inviata alle autorità preposte alcuna richiesta di aiuto né da parte dei migranti a bordo, né dai loro familiari, come invece spesso è accaduto in casi analoghi. E questo a causa dell’utilizzo da parte dei presunti scafisti di un disturbatore di frequenza che ha impedito di avere contatti con le persone a bordo dell’imbarcazione e consentendo ai trafficanti di esseri umani di non farsi intercettare. (redazione@corrierecal.it)
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