LAMEZIA TERME Mezzo miliardo di crediti bloccati, tremila cantieri fermati ed il rischio di mettere in difficoltà 800 aziende con la perdita di circa quattromila dipendenti. Gli effetti della decisione del Governo di modificare “in corsa” il sistema rodato dei bonus edilizi rischia di tramutarsi in uno tsunami per l’intero comparto delle costruzioni calabresi. Il blocco della cessione dei crediti e dello sconto in fattura disposto a decorrere dal 17 febbraio 2023 dal decreto legge – varato dall’esecutivo Meloni – ha di fatto “incartato” fin da subito, le somme che erano state già utilizzate per realizzare in Calabria interventi di efficientamento energetico e di prevenzione dal rischio sismico così come previsto dalla misura del superbonus.
E le conseguenze si riverseranno sulle famiglie meno abbienti e sulla rete di imprese calabresi legate all’edilizia. Le prime tagliate fuori di fatto, stando a quelle previsioni, dalla possibilità di realizzare opere manutentive agevolate dai bonus. Sono infatti quelle categorie che da un verso non hanno disponibilità economica tale da affrontare spese elevate per le ristrutturazioni edilizie e dall’altro mancano di capienza fiscale per detrarre quanto speso per effettuare gli interventi.
Ma ad essere colpito c’è anche l’intero comparto delle costruzioni. Una filiera produttiva, quella del mattone, che in Calabria è determinante per garantire occupazione e sviluppo e che da quella misura aveva tratto enormi energie.
I dati dell’Istat, evidenziano come a fronte di una flessione del 15,6% degli occupati registrati nel 2020 nel settore delle costruzioni, subito dopo il varo del superbonus c’è stata un’impennata delle assunzioni di oltre 40 punti percentuali. Decisamente più alta di qualsiasi altro comparto economico.
Di converso è lo stesso Istituto nazionale di statistica a certificare l’insostenibilità di quella misura per i conti pubblici del Paese. Facendo l’analisi sulle implicazioni di bilancio delle misure legate ai bonus edilizi e alla cessione del credito è emerso quanto questo sistema abbia “drogato” il settore, pompando il Pil dell’Italia negli ultimi due anni, ma a discapito dell’incremento del deficit primario.
Stando ai numeri forniti nei giorni scorsi dall’Istat, infatti, si è scoperto che il Prodotto interno lordo del 2022 è cresciuto del 3,7% ma espandendo a dismisura l’esposizione debitoria dell’Italia. Uno sbilanciamento legato appunto ai bonus edilizi.
Quindi se da un verso c’è da difendere un meccanismo che ha garantito la crescita di un comparto importante per l’economia locale, dall’altro c’è da contenere certe disfunzioni che hanno prodotto una spesa elevata per le casse pubbliche.
Fino a gennaio scorso i 12.379 interventi legati al superbonus e realizzati in Calabria hanno generato detrazioni per oltre 1,754 miliardi di euro. Una somma ancora più alta se considera il totale finale delle somme ammesse a fine lavori: 2,357 miliardi.
Cifre mostre, che rendono l’idea dell’enorme peso che questa misura comporta per le casse della finanza pubblica.
Il primi segnali di rallentamento si stavano già registrando prima del provvedimento dell’esecutivo. Ed ora dopo il decreto che modifica il meccanismo dei bonus gli effetti non tarderanno a farsi sentire sul comparto. Con ricadute pesanti sulle imprese e sulle famiglie calabresi. È l’analisi di Giovan Battista Perciaccante, presidente di Ance Calabria su quanto sta avvenendo nella regione dopo lo stop imposto dal Governo all’utilizzo della cessione dei crediti. Da qui lancia l’allarme sulla tenuta economica della rete di imprese del settore. E sul costo eccessivo per la finanza pubblica di quei bonus edilizi, replica: «Hanno avuto un effetto determinate sulla crescita del Pil».
Presidente cosa comporterà per le imprese calabresi il blocco della cessione dei crediti e dello sconto in fattura deciso dal Governo?
«La scelta del Governo di vietare l’esercizio delle opzioni di cessione del credito d’imposta e di sconto in fattura dei bonus casa per gli interventi avviati a partire dallo scorso 17 febbraio, rischia seriamente di mettere la parola fine, ad una misura che ha contribuito notevolmente all’espansione dell’economia italiana negli ultimi 2 anni. Un terzo della crescita del Pil nel 2022, secondo Banca d’Italia, è attribuibile all’edilizia e di questa, secondo il Cresme il 22% è ascrivibile al Superbonus. In Calabria la spesa complessiva nel solo 2022 è stata di circa 1 miliardo e mezzo di euro. Il che, in virtù delle molteplici e importanti connessioni del settore con tutta la sua lunga filiera, ha generato un effetto totale sull’economia calabrese di 4,5 miliardi di euro circa, che si è tradotto in importanti ricadute sull’occupazione, con un incremento considerevole dei posti di lavoro nelle costruzioni nel 2022 e nei settori ad esso collegati. Al momento l’esecutivo è ancora alla ricerca di una soluzione alla stasi degli acquisti dei crediti fiscali, generatisi per i lavori fin qui realizzati. In Calabria si tratta di almeno 500 milioni di euro di crediti incagliati, che le imprese hanno a disposizione sui propri cassetti fiscali ma che non riescono a cedere. Ciò potrebbe comportare il blocco di circa 3 mila cantieri, con il rischio di fallimento di 800 aziende e la perdita di circa 4 mila occupati. Tante sono le segnalazioni in tal senso che arrivano alla nostra associazione».
E per le famiglie calabresi?
«La mancanza di liquidità delle imprese, che non riescono a trasformare in moneta i crediti disponibili sul proprio cassetto fiscale, non può che ripercuotersi sui lavori già in corso, rallentandoli, se non addirittura fermandoli e questo rischia di generare lunghi contenziosi con i committenti. Le famiglie che intendessero ora avviare tutto l’iter progettuale ed autorizzativo saprebbero di poter contare solo ed esclusivamente sulla detrazione fiscale. La domanda da farsi è: quante famiglie calabresi hanno una capienza fiscale sufficiente a detrarre dalle proprie imposte l’agevolazione? Se si prende a riferimento il Pil pro capite della regione, la risposta, purtroppo, è che sono veramente molto poche. I dati pubblicati da Enea al 31 gennaio 2023 registrano un aumento, rispetto al mese di dicembre 2022, del solo 1,3% in termini di numero (165 nuovi cantieri) e del 2,3% in termini di importo (+48 milioni di euro), a fronte di un tasso di crescita nettamente superiore al 10% nei mesi precedenti. Ora con l’ultimo decreto che vieta i trasferimenti dei crediti la situazione non può che peggiorare ulteriormente».
In Calabria si stava mettendo in campo una misura per rendere compensabili i crediti edilizi. Che fine farà quello strumento?
«C’era stata una proficua audizione di Ance Calabria in seno alla Quarta Commissione Regionale, nel corso della quale si era paventata la possibilità, alla stregua di quanto avvenuto in altri territori, di approvare, in tempi rapidi, una proposta di legge regionale che consentisse alla Regione di acquisire i crediti fiscali incagliati. Purtroppo il decreto varato dal Consiglio dei Ministri pone un chiaro divieto ad una tale opzione».
A giustificazione della decisione, il governo ha sottolineato l’insostenibilità finanziaria della misura. Cosa ne pensa?
«Il sistema Ance è consapevole della necessità del Governo di tenere sotto controllo la spesa, ma nello stesso tempo non si può non evidenziare il forte impatto positivo che la misura ha avuto sui conti pubblici. Come evidenzia uno studio del Cresme, i 55 miliardi di euro di investimenti certificati dall’Enea per il periodo compreso tra agosto 2020 ed ottobre 2022 legati all’utilizzo del Superbonus, hanno avuto un effetto sul Pil per un totale di almeno 115 miliardi di euro. Ed inoltre, hanno creato 900 mila posti di lavoro e restituito allo Stato il 70% del costo con il gettito fiscale. Per non parlare dell’impatto sul versante del risparmio energetico e della riduzione delle emissioni di CO2. Considerato che il patrimonio immobiliare è nel suo complesso particolarmente fragile ed energivoro, riteniamo sia fondamentale continuare a prevedere una politica per l’efficientamento energetico. Se si riflette sul fatto che il 65% degli immobili sono antecedenti alle prime norme antisismiche e che gli edifici sono responsabili per il 40% delle emissioni che alterano il clima, come è possibile pensare di raggiungere gli obiettivi europei che mirano a portare il patrimonio immobiliare in classe “D” entro il 2033 senza incentivi pubblici? Appare evidente che la misura debba avere carattere strutturale e lunghissima durata con le finalità di concorrere a completare la decarbonizzazione e minimizzare le emissioni nocive».
C’è anche da rilevare che buona parte degli interventi realizzati anche in Calabria, hanno riguardato villette ed edifici unifamiliari. Poco gli immobili più popolari come i condomini.
«I continui e periodici cambi delle regole, nei fatti hanno penalizzato i condomini, dove, tra l’altro, c’è la necessità di mettere d’accordo più proprietari sui lavori da realizzare e da fare approvare, di conseguenza, con un’apposita delibera a maggioranza qualificata. In particolare i condomini disagiati di periferia, che sono quelli più bisognosi di interventi di messa in sicurezza sismica e di efficientamento energetico, sono arrivati tardi su questa misura a causa della paura dei cambiamenti normativi e dei pochi soldi da investire, spesso presi a prestito. Inoltre sono rimaste aperte alcune questioni interpretative sull’utilizzo dei bonus da parte degli istituti di edilizia pubblica residenziale».
Quali correttivi intravede realizzabili per salvaguardare imprese, ma anche i conti pubblici?
«Va ripresa la proposta avanzata da Abi e Ance che hanno chiesto al Governo l’introduzione di una misura tempestiva e di carattere straordinario che consenta agli intermediari finanziari di ampliare la propria capacità di acquisto utilizzando una parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24, compensandoli con i crediti da bonus edilizi ceduti dalle imprese e acquisiti dagli intermediari. Questa soluzione, scrivono i Presidenti di Abi e Ance, permetterebbe agli intermediari di ampliare la loro capacità di acquisto di crediti certi e verificati dagli intermediari stessi, al momento non utilizzabili. Inoltre va esclusa la responsabilità solidale di chi acquista in buona fede i crediti fiscali in particolare da banche e intermediari finanziari che operano già preventivamente i puntuali e doverosi controlli. Solo così può partire la cosiddetta “quinta cessione” tra banche e correntisti partite Iva».
Cosa può fare ora la Regione per sostenere un sistema imprenditoriale come quello edilizio che in Calabria pesa molto?
«Un forte effetto di compensazione può essere rappresentato dal decollo degli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dall’attuazione di una programmazione a lungo termine, visionaria ed in grado di agire in modo tempestivo sulle problematiche strutturali del nostro territorio. Occorre mettere a terra tutte le risorse disponibili, in modo da realizzare infrastrutture in grado di modernizzare il territorio, di proteggerlo dai molteplici rischi e, soprattutto, di valorizzarlo, dando, al contempo, impulso ad un settore, che da sempre rappresenta il volano della crescita economica in Calabria». (r.desanto@corrierecal.it)
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