ROMA Dalla partenza in Turchia al naufragio di Cutro. Ecco, nella ricostruzione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi alla Camera, il “film” dell’ennesimo “viaggio della speranza” finito in tragedia.
ORE 3.00 DEL 22 FEBBRAIO – La traversata parte da Cesme, in condizioni meteo ottimali: condizioni che peggioreranno dopo 2 o 3 giorni. Secondo il racconto dei sopravvissuti, a bordo ci sono circa 180 persone e 4 scafisti, due turchi e due pachistani. Tre ore dopo, un guasto al motore induce due scafisti a contattare, via cellulare, un complice. Altre tre ore di attesa e i migranti sono raggiunti da una seconda imbarcazione, pilotata da altri tre scafisti. Dopo il trasbordo, la navigazione riprende. I migranti notano che gli scafisti dispongono di telefono satellitare e di un “Jammer”, in grado di inibire la trasmissione e la ricezione di onde radio. Quando l’unità incrocia davanti alle coste elleniche, la bandiera turca viene sostituita con quella greca.
ORE 18 DEL 25 FEBBRAIO – Dopo una traversata di 4 giorni, il 25 febbraio, intorno alle 18.00, gli scafisti decidono di fermarsi al largo della Calabria e attendere un momento favorevole per sbarcare ed evitare di essere intercettati dalle forze dell’ordine. Dopo alcune ore, i migranti, lamentandosi della sosta, inducono gli scafisti a mostrar loro, tramite un gps, che la costa è ormai vicina: l’arrivo è previsto per la notte.
ORE 23:03 DEL 25 FEBBRAIO – Il Centro situazioni di Varsavia dell’Agenzia Frontex comunica all’International coordination centre di Pratica di Mare e, per conoscenza, al Centro di coordinamento italiano dei soccorsi marittimi l’avvistamento avvenuto alle 22.26 da parte dell’aereo Frontex “Eagle One” di un’imbarcazione «in buono stato di galleggiabilità con una persona visibile sopra coperta, in acque internazionali, a circa 40 miglia nautiche dalle coste calabresi».
Frontex segnala che l’unità naviga con rotta 2-9-6 a velocità di 6 nodi. L’assetto aereo, oltre a captare una chiamata satellitare diretta in Turchia, segnala una risposta termica dei sensori di bordo e, quindi, la possibile presenza di persone sotto coperta. Poi fa rientro alla base per rifornirsi di carburante. Alle 23.37 la Guardia di Finanza di Vibo Valentia contatta l’autorità marittima di Reggio Calabria spiegando che una sua unità navale è già in mare e che vi rimarrà fino alle 06.00, per attività di polizia sul caso segnalato. A mezzanotte l’unità delle fiamme gialle rientra temporaneamente alla base di Crotone per un rabbocco di carburante. Contemporaneamente, viene organizzato un nuovo assetto navale in grado di poter meglio affrontare le condizioni del mare.
ORE 00.30 DEL 26 FEBBRAIO – La centrale di coordinamento operativo del Comando operativo aeronavale della Guardia di finanza di Pratica di Mare chiede a Frontex di condividere il numero di utenza satellitare per tracciare il contatto. Alle 02.20 circa, due unità della Guardia di Finanza – la motovedetta rientrata per rifornimento e un’altra più grande – riprendono la navigazione alla ricerca dell’imbarcazione ma alle 03.30 circa sono costrette a rientrare in porto a causa delle pessime condizioni meteo marine. Alle 03.50, la Sala operativa della Guardia di finanza di Vibo Valentia, mediante la postazione della propria rete radar, acquisisce, per la prima volta, un target, verosimilmente l’imbarcazione segnalata da Frontex. Alle 03.55 la stessa Sala operativa contatta i colleghi di Carabinieri e Polizia di Stato di Catanzaro e di Crotone chiedendo l’invio di pattuglie nella zona di interesse, specificando che le motovedette della Guardia di finanza non hanno stabilito alcun contatto con il natante e che sono state costrette a rientrare.
ORE 3,50: IL MOMENTO DEL NAUFRAGIO – Sempre secondo il racconto dei sopravvissuti, la navigazione prosegue fino alle 03.50, allorquando, a circa 200 metri dalla costa, vengono avvistati dalla barca dei lampeggianti provenienti dalla spiaggia: gli scafisti, temendo la presenza delle forze dell’ordine lungo la costa, effettuano una brusca virata. In quel frangente, la barca, trovandosi molto vicino alla costa ed in mezzo ad onde alte, urta, con ogni probabilità, una secca e per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo, comincia ad imbarcare acqua. A quel punto due degli scafisti si buttano in acqua, mentre un terzo viene fermato dai migranti, per impedirgli di lasciarli soli sulla barca incagliata; altri migranti salgono sul ponte in cerca di aiuto e lo scafista rimasto a bordo, approfittando del momento di caos, riesce ad abbandonare la barca su un gommone di piccole dimensioni su cui salgono anche gli altri due complici. In quel preciso momento una forte onda capovolge la barca di legno e tutti i migranti cadono in mare mentre la barca viene distrutta.
INTORNO ALLE 4 DEL 26 FEBBRAIO – Sull’utenza di emergenza 112 giunge una richiesta di soccorso telefonico da un numero internazionale: è questo il momento preciso in cui, per la prima volta, secondo quanto riferito dal ministro alla Camera, si concretizza l’esigenza di soccorso per le autorità italiane.
ORE 4:19 DEL 26 FEBBRAIO – Alle 04.19, la Centrale operativa del Comando provinciale dei Carabinieri di Crotone invia nella localita’ geolocalizzata (Foce Ta’cina di Steccato di Cutro) la pattuglia del Nucleo radiomobile della Compagnia di Crotone. Alle 04.30, tramite il numero di emergenza, la Capitaneria di porto riceve una segnalazione circa la presenza di una barca a 40 metri dalla foce del fiume Tacina. Pochi minuti dopo il segnalante richiama, specificando che l’imbarcazione si trova a 50 metri dalla riva, che si sta muovendo in direzione della spiaggia e che sono presenti persone a bordo. Viene informato il Centro secondario del soccorso marittimo di Reggio Calabria che dispone l’invio di una motovedetta, con imbarco di un team sanitario, e di pattuglie via terra, chiedendo l’intervento dei vigili del fuoco, del 118 e della questura di Crotone per l’attivazione dei soccorsi a terra. In località Steccato di Cutro convergono militari dei Carabinieri, personale della locale questura e di altre forze di polizia, sanitari, vigili del fuoco e della Capitaneria di Porto. Sul posto, intervengono, per primi, i Carabinieri che nell’immediato traggono in salvo un uomo e un bambino (che purtroppo muore subito dopo), bloccando uno degli scafisti. Davanti agli occhi dei soccorritori, i corpi di tante vittime innocenti, bambini, donne e uomini, riversi sulla battigia, i naufraghi e quel che rimane dell’imbarcazione, incagliata a 40 metri dalla spiaggia.
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