Avrei voluto non sdraiarmi su questo letto, collegato a questi tubi. Ne avrei fatto volentieri a meno.
Avrei voluto non conoscere questo mondo fatto di sofferenza, lamenti, grida e solitudine.
No, decisamente non avrei voluto. E sì, ne avrei fatto volentieri a meno. Ma avrei perso l’occasione di raccontare una storia della nostra quotidianità spesso bistrattata. Probabilmente perché non vissuta.
Vibo Valentia. Ospedale “Jazzolino”. Reparto Medicina d’urgenza. Una appendice del Pronto soccorso. Avamposto dell’emergenza. Guidato dal Dottore Vincenzo Natale.
Un’antipatica polmonite che mi tartassa da quattro anni mi da la possibilità di raccontarla questa storia. Una storia di donne e uomini che ogni giorno si spendono per aiutare il prossimo. Che hanno deciso di stare vicino alla gente nei momenti più bui. Per curarla, per farla sentire meglio, per confortarla. Anche solo con una parola. Una carezza. Nonostante l’aria pesante, irrespirabile, la tensione. L’agitazione. I nervi tesi. Di pazienti e parenti.
Io l’ho visto. Sono medici, infermieri, personale sanitario. Alcuni giovanissimi. Ma chi aiuta loro? Chi li comprende? Chi li difende da insulti, e, spesso, anche da violenza? Solo la passione può spingerti a fare ciò. Perché di altro non c’è nulla in questi corridoi. In queste corsie fredde e buie.
Precarietà dilagante. Stipendi bassi. Turni massacranti. Mortificazione. Se non hai passione ti viene solo da scappare. E a gambe levate. E invece loro sono qui. Ogni giorno. Ogni notte.
Io nei prossimi giorni sarò fuori di qui. Loro restano e resteranno a difendere la salute. Un diritto per ogni cittadino. Il bene più prezioso. Soprattutto per loro. Angeli in camice bianco, verde e blu. Eroi dimenticati. Oggi, grazie a queste mie poche parole, forse, un po’ meno soli. Grazie.
Da un giornalista innamorato della sua Vibo Valentia.
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