COSENZA La crisi finanziaria è costata all’Italia un significativo arretramento ed una preoccupante perdita di ulteriore terreno rispetto ai paesi più avanzati e al resto d’Europa. In questo quadro il Mezzogiorno, che già dagli anni ottanta del Novecento aveva mostrato difficoltà nel mantenere il passo con il resto del Paese, ha visto diminuire il suo peso economico, evidenziando una crescente difficoltà nell’impiegare la forza lavoro disponibile, una riduzione dell’accumulazione di capitale e una minore crescita della popolazione rispetto alle aree più avanzate del Paese dove si sono concentrati i flussi migratori. E’ questa in sintesi la fotografia scattata dalla Banca d’Italia che – questa mattina all’Unical – ha presentato il rapporto “Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico”.
«Nel rapporto mettiamo in evidenza una duplice debolezza, una molto marcata del sistema produttivo che è sottodimensionato rispetto alla dimensione geografica e di popolazione del Mezzogiorno e una debolezza che attiene all’intervento pubblico, sia in termini di qualità di servizi che di infrastrutture», dice al Corriere della Calabria, Roberto Torrini Vice Capo Servizio della Struttura Economica della Banca d’Italia. Quale la soluzione? Sarebbe opportuno concentrarsi su tutti i settori gestiti direttamente dal pubblico, quindi infrastrutture, servizi e poi ovviamente favorire insediamenti produttivi o rafforzare quelli esistenti nel Mezzogiorno.
Il Mediterraneo può assumere un ruolo cruciale nello sviluppo locale? «Ovviamente il Mediterraneo, inteso come trasporti e intermediazione di merci e di energia, può essere una opportunità. Però attualmente lo sviluppo in Europa si svolge nel centro e quindi punterei ad un avvicinamento e rafforzamento dei legami tra le città del sud con il nord e dopo in prospettiva il Mediterraneo se saprà crescere e superare le difficoltà manifeste negli ultimi 20 anni, può diventare un ulteriore motore», aggiunge Torrini.
«Sosteniamo l’idea di un centro molto presente, inteso come capacità di aiutare le amministrazioni, ma anche dare i corretti incentivi e gestire bene i servizi centrali della dello Stato. Vi sono differenze di rendimento, ad esempio, nell’efficienza dei tribunali, nei risultati scolastici che chiamano ad una responsabilità del centro nella gestione», sostiene Torrini. La Calabria come può ridurre la forbice con le regioni del Nord? «La Calabria è chiaramente una regione in grande difficoltà, ma in un contesto di difficoltà diffusa. Anche alcune regioni che erano andate meglio non hanno brillato e la Calabria deve far forza sulle risorse che ha a partire ovviamente dal turismo», sostiene Torrini. Che aggiunge: «Poi è necessario un intervento pubblico più efficace: aiuti in termini di infrastrutture, trasporti, ma anche servizi ospedalieri». Come emerge dal rapporto, nel caso delle reti di trasporto stradali e ferroviarie le difficoltà di accesso più rilevanti riguardano le isole, la Calabria e le aree appenniniche interne in ragione della loro maggiore distanza dalle direttrici autostradali e dagli snodi delle linee ferroviarie ad alta velocità. Un maggiore ritardo delle regioni meridionali si riscontra anche per i collegamenti aerei e quelli marittimi, in particolare in relazione al traffico merci. I divari in termini di infrastrutture sociali appaiono ancora più netti e sempre a svantaggio delle regioni meridionali: le maggiori difficoltà di accesso a infrastrutture ospedaliere si riscontrano ancora una volta in Calabria, Sicilia e Sardegna, soprattutto se si tiene conto della qualità dei servizi offerti; le regioni meridionali appaiono carenti anche di impianti di smaltimento dei rifiuti, in particolare di quelli dedicati al trattamento dei rifiuti organici.
In un quadro complessivamente negativo per il tessuto produttivo meridionale, nell’ultimo decennio sono emersi alcuni segnali di vitalità che potrebbero rappresentare elementi di forza per il suo sviluppo futuro. Nella manifattura i segnali di maggiore dinamismo sono giunti dal settore della trasformazione di prodotti agricoli in Molise, Calabria e Sardegna e dalla produzione dei mezzi di trasporto di Basilicata, Puglia e Sardegna.
Tra i fattori di contesto che, invece, condizionano l’attività economica, e quindi le possibilità di sviluppo del Mezzogiorno, un ruolo cruciale è svolto dalla presenza della criminalità organizzata. Oltre a incidere sull’attività economica in via diretta, le organizzazioni criminali mirano altresì a influenzare anche la qualità dell’azione pubblica distorcendone le finalità e riducendone l’efficacia. Le provincie con un più alto indice di presenza mafiosa sono concentrate in Calabria (in particolare Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia), Campania (soprattutto a Caserta e Napoli), Puglia (principalmente nel Foggiano) e Sicilia (in particolare nella parte occidentale dell’isola). La presenza mafiosa non è comunque circoscritta alle province del Mezzogiorno ma è diffusa anche in alcune aree del Centro Nord, sebbene con connotazioni diverse nelle due aree.
Gli indicatori analizzati nel rapporto e riferiti a efficienza, efficacia e correttezza dell’azione amministrativa nel Mezzogiorno appaiono, dunque, significativamente peggiori della media italiana. «Il rapporto presentato è una base di partenza, per valutare gli interventi e riprendere un percorso di sviluppo necessario per la crescita del Paese», racconta al Corriere della Calabria, Marcello Malamisura direttore della Banca d’Italia di Catanzaro. «La necessità di elevare il livello, la qualità, l’efficacia dei servizi pubblici viaggia di pari passo con l’opportunità di favorire investimenti in conoscenza e in capitale umano», chiosa Malamisura.
x
x