ROMA Al via nell’Aula della Camera l’informativa urgente del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sul naufragio di migranti in Calabria. Al termine dell’intervento del titolare del Viminale si terrà un dibattito. L’emiciclo non appariva all’inizio particolarmente affollato. Man mano che Piantedosi parlava gli scranni si sono andati via via riempiendo. Ai banchi del governo, accanto a Piantedosi, siedono i ministri Roberto Calderoli, Paolo Zangrillo, Carlo Nordio e Luca Ciriani.
«Voglio rinnovare prima di tutto il cordoglio, mio personale e di tutto il Governo, per le vittime di questo ennesimo, tragico, naufragio e la vicinanza alle loro famiglie e ai superstiti». Questo l’esordio del ministro, che ha poi illustrato un bilancio «non ancora definitivo» della tragedia: «Gli aggiornamenti giunti dalla Prefettura di Crotone portano il numero delle vittime a 72, di cui 28 minori, mentre i superstiti sono 80. Di questi, 54 sono accolti nel locale Centro di accoglienza richiedenti asilo, 12 nel Sistema Sai a Crotone, 8 sono ricoverati in ospedale, 2 minori non accompagnati sono stati collocati nelle strutture dedicate e 3 soggetti, presumibilmente gli scafisti, sono stati arrestati». «Sono in corso – ha spiegato – le ricerche di un quarto scafista e non si escludono sviluppi nelle prossime ore».
Il ministro ha poi dedicato un passaggio allo sforzo della Calabria per l’accoglienza. «Appresa la notizia del naufragio, mi sono immediatamente recato a Cutro per testimoniare, a nome del Governo, il cordoglio per le vittime e la vicinanza ai superstiti, nonché alle Amministrazioni locali. Anche in questa sede desidero rivolgere una parola di profonda gratitudine alla Calabria che, da sempre, accoglie con solidarietà e generosità i tanti migranti che sbarcano sulle sue coste e che affronta questa tragedia con compostezza e dignità non comuni». Per la ricostruzione degli avvenimenti dell’alba tragica del naufragio, Piantedosi ha rinviato agli approfondimenti della magistratura: «Per la doverosa ricostruzione dei fatti, che in quella sede deve avvenire, sulla vicenda sta indagando la Procura della Repubblica di Crotone. Attenderemo, pertanto, con fiducia e rispetto l’esito degli accertamenti giudiziari».
Un passaggio, però, il ministro lo dedica a una presunta manovra operata dagli scafisti: «Sulla base degli elementi acquisiti dal Ministero della giustizia, gli scafisti decidono di sbarcare in un luogo ritenuto più sicuro e di notte, temendo che nella località preventivata vi potessero essere dei controlli; il piano prevedeva l’arrivo a ridosso della riva sabbiosa, con il successivo sbarco e la fuga sulla terraferma». Nei momenti immediatamente precedenti al naufragio la navigazione «era proseguita fino alle 3.50, allorquando, a circa 200 metri dalla costa, erano stati avvistati dalla barca dei lampeggianti provenienti dalla spiaggia e a quel punto gli scafisti, temendo la presenza delle forze dell’ordine lungo la costa, effettuano una brusca virata nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi dal quel tratto di mare. In quel frangente, la barca, trovandosi molto vicino alla costa ed in mezzo ad onde alte, urta, con ogni probabilità, il basso fondale (una secca) e per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo, comincia ad imbarcare acqua».
Intorno alle 4 di domenica, ha evidenziato il ministro passando all’esame dei fatti nelle ore del naufragio, «sull’utenza di emergenza 112 giunge una richiesta di soccorso telefonico da un numero internazionale che veniva geolocalizzato dall’operatore della Centrale operativa del Comando provinciale dei Carabinieri di Crotone e comunicato, con le coordinate geografiche, alla Sala Operativa della Capitaneria di Porto di Crotone. È questo il momento preciso in cui, per la prima volta, si concretizza l’esigenza di soccorso per le autorità italiane».
Nel naufragio di Cutro, «il primo dato certo è che l’assetto aereo Frontex che, per primo, ha individuato l’imbarcazione alle ore 22.26 del 25 febbraio a 40 miglia nautiche dall’Italia, non ha rilevato e, quindi, non ha segnalato una situazione di distress a bordo, limitandosi a evidenziare la presenza di una persona sopra coperta, di possibili altre persone sotto coperta e una buona galleggiabilità dell’imbarcazione», ha ribadito il ministro dell’Interno. «Frontex – ha proseguito Piantedosi – annotava, altresì, che l’imbarcazione procedeva a velocità regolare (6 nodi l’ora), non appariva sovraccarica e non “sbandava”. Peraltro, nessuna segnalazione di allarme o richiesta di aiuto proveniva dall’imbarcazione in questione».
Un passaggio necessario, legato alle procedure di ricerca e soccorso: «È essenziale chiarire che l’attivazione dell’intero sistema Sar (ricerca e soccorso, ndr) non può prescindere da una segnalazione di una situazione di emergenza. Solo ed esclusivamente se c’è tale segnalazione, si attiva il dispositivo Sar. Laddove, invece, non venga segnalato un distress, l’evento operativo è gestito come un intervento di polizia, anche in ragione di quanto prima osservato circa la capacità di soccorso delle nostre unità navali. È esattamente quanto avvenuto nel caso in questione».
«L’esigenza di tutela della vita ha sempre la priorità, quale che sia l’iniziale natura dell’intervento operativo in mare – ha detto ancora il ministro –. In altre parole – ha spiegato il ministro – le attività di law enforcement, che fanno capo al ministero dell’Interno, e quelle di soccorso in mare, che competono al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, esigono la cooperazione e la sinergia tutte le volte che i contesti operativi concreti lo richiedono, e in primis quando si tratta di salvaguardare l’incolumita’ delle persone in mare».
«Non esistono, né possono esistere – ha proseguito il titolare del Viminale – barriere tra Corpi dello Stato che operano in un campo, quello degli interventi in mare, che si fonda sulla cooperazione e sul coordinamento proprio perché il conseguimento di risultati, in quel contesto, più ancora che in altri, non può che avvenire con il concorso e il contributo di tutti gli attori coinvolti, come peraltro il diritto interno e quello internazionale impongono».
Riguardo all’accusa che il governo possa aver in qualche modo impedito i soccorsi, Piantedosi ha sottolineato: «Il quadro normativo nazionale, peraltro sottoposto a vincoli di natura internazionale con specifico riguardo alla materia del soccorso in mare, non è assolutamente stato modificato dall’attuale Governo. Peraltro, le modalità tecnico-operative dei salvataggi non possono essere in alcun modo sottoposte a condizionamenti di natura politica o a interventi esterni alla catena di comando. Dunque, sostenere che i soccorsi sarebbero stati condizionati o addirittura impediti dal Governo costituisce una grave falsità che offende, soprattutto, l’onore e la professionalità dei nostri operatori impegnati quotidianamente in mare, in scenari particolarmente difficili».
«Permettetemi di precisare – ha sottolineato ancora Piantedosi – che trovo incomprensibile aver messo in connessione il cosiddetto “decreto Ong” con il naufragio di Cutro perché, in primo luogo, né nello Jonio né lungo la cosiddetta rotta turca hanno mai operato navi di Organizzazioni non governative e, poi, perché le regole introdotte con il citato provvedimento partono dal presupposto che prima di tutto devono essere sempre assicurati il soccorso e l’assistenza dei migranti a tutela della loro incolumità».
Piantedosi è poi tornato sulle sue frasi («la disperazione non giustifica viaggi così rischiosi») che hanno scatenato polemiche nei giorni successivi al naufragio. «Alla gravità della condotta criminale degli scafisti – ha detto – facevo riferimento quando, con commozione, sdegno e rabbia e negli occhi l’immagine straziante di tutte quelle vittime innocenti, ho fatto appello affinché la vita delle persone non finisca più nelle mani di ignobili delinquenti, in nessun modo volendo colpevolizzare le vittime. Mi dispiace profondamente che il senso delle mie parole sia stato diversamente interpretato, non volendo in alcun modo colpevolizzare i migranti – ha aggiunto -. La sensibilità e i principi di umana solidarietà che hanno ispirato la mia vita personale, sono stati il faro, negli oltre trent’anni al servizio delle istituzioni e dei cittadini, di ogni mia azione e decisione».
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