LAMEZIA TERME Campoverde Agricola è senza ombra di dubbio una delle maggiori eccellenze calabresi, un’azienda di cui la Calabria può andare fiera. Il Gruppo, la cui sede si trova nella Piana di Sibari tra le pendici del Massiccio del Pollino e la costa Ionica, costituisce l’unione di circa 400 produttori di frutta presenti oggi su tutti i mercati nazionali e internazionali. «Alcuni imprenditori illuminati dei primi del ‘900 videro possibilità diverse sia dal punto di vista agronomico e quindi delle coltivazioni, sia dal punto di vista sociale con la possibilità di poter impiegare anche la manodopera in anni in cui si credeva molto nell’industrializzazione, cosa che poi di fatto non avvenne. Invece si sviluppò un’agricoltura realizzata su alcune innovazioni dell’epoca come la peschicoltura, per esempio, una novità assoluta nelle nostre zone e, contemporaneamente, anche la filiera del latte e quindi quella zootecnica». A dirlo, ieri sera, nel corso dell’ultima puntata di “Coltiviamo capolavori”, condotta da Saveria Sesto e in onda su L’altro Corriere Tv, è stato Luigi Nola, presidente della Campoverde Agricola Spa, una grande impresa, non solo nei numeri, nella superficie e nelle produzioni, ma soprattutto per la filosofia aziendale sviluppata in questi anni. Nola, laureato in Giurisprudenza, è anche direttore generale dei progetti vitivinicoli del gruppo nonché membro della giunta della Camera di Commercio di Cosenza e vice-presidente del Consorzio Terre di Cosenza Dop. Oggi Campoverde Agricola costituisce un modello di organizzazione e di pianificazione della produzione in tutta l’annata agraria.
Come anticipato, siamo nella piana di Sibari, una fertile pianura dedicata alla frutticoltura intensiva specializzata che va dalle pesche, alle nettarine e alle prugne. Di recente l’azienda ha anche introdotto la coltivazione dei cacomela e anche dell’actinidia. E poi ancora il riso di Sibari e i vigneti che vengono riparati dal massiccio del Pollino. Nel corso degli anni sono nati marchi divenuti prestigiosi in poco tempo oltre i confini regionali e nazionale. Stiamo parlando di “Ferrocinto” (che entrerà nel pool di imprese di Meraviglie di Calabria) per la produzione di vini di riconosciuto spessore, e “Dei Padri Aziende Agricole”, le aziende di famiglia impiantate, appunto, dai padri degli attuali responsabili già a partire dal 1949. Oggi le tenute sono condotte dai figli che in sintonia con la sapienza “dei padri” proseguono nella tradizione, tracciata di un’agricoltura di qualità. «La nostra – ha affermato ancora Nola – è un’esperienza che esiste ormai da circa tre generazioni, perché l’inizio dell’attività risale agli inizi del ‘900. Sostanzialmente proveniamo tutti da famiglie di agricoltori. Negli anni ovviamente il gruppo si è specializzato in varie produzioni. La piana di Sibari è sempre stata molto fertile, quindi sarebbe stato un peccato utilizzarla soltanto come si faceva un tempo. Noi rappresentiamo di fatto una terza generazione rispetto alle cose che sono state fatte negli anni dai nostri genitori e dagli agricoltori in generale della piana di Sibari, che hanno tenuto molto al territorio e alla sua salvaguardia. Hanno fatto sì che questi terreni così fertili fossero coltivati con passione, con determinazione nonostante le tante difficoltà».
Un’evoluzione nata quindi con il passaggio dall’agricoltura estensiva del grano alla frutticoltura specializzata che prende come modello l’Emilia Romagna cercando di aggregare il più possibile piccoli, grandi e medi produttori e oltre 400 coltivatori. «Sono arrivati dall’Emilia Romagna – ha rivelato Nola – capi coltivatori per spiegarci come si coltivavano e come si facevano gli impianti di pesche, per cui man mano è nata una cooperativa, la Osas del gruppo Campoverde, che aggrega una quantità di importanti agricoltori della piana di Sibari, con un unico intento, quello di cercare di esportare questo prodotto direttamente all’estero, perché era inutile pensare di occuparsi di vendita in Italia, quando ovviamente l’Emilia Romagna, sia per ubicazione sia per quantitativi, copriva già gran parte della fetta di mercato. Si pensò quindi di andare direttamente in Europa e principalmente in Germania.
Ovviamente per andare in Germania c’era bisogno di masse critiche di una certa dimensione e non potendo le aziende averle singolarmente, si capì che l’unione in questo caso poteva fare la forza, quindi nacque questa bella iniziativa che ancora oggi è in piedi ed è presente nei mercati nazionali e in internazionali, soprattutto in Europa. Negli anni è cresciuta anche la consapevolezza che le nostre produzioni fossero eccellenti, una presa di coscienza dovuta alla bravura degli agricoltori ma soprattutto alle condizioni climatiche e ambientali che sicuramente ci hanno favorito, compresa la precocità delle produzioni che ovviamente consente di arrivare con molto anticipo mercati. Da un punto di vista climatico siamo simili alla Spagna che è diventato negli anni il nostro più grande competitor».
«Noi – ha proseguito Nola – con l’Emilia Romagna abbiamo cercato sempre di fare delle alleanze, perché le aggregazioni sono importanti sia a livello locale che nazionale e noi abbiamo sempre cercato anche lì di avere degli esempi importanti nel settore della frutta, attraverso un connubio con un’altra cooperativa molto importante dell’Emilia Romagna, e nel settore del latte, attraverso un accordo con Granarolo, che rappresenta anche lei cooperativa che aggrega quantitativi importanti di latte. Quindi l’obiettivo è sempre stato quello di valorizzare il prodotto e la terra, ma cercare di valorizzarlo tutti insieme, non pensando di farlo singolarmente».
«Negli anni – ha precisato il presidente di Campoverde Agricola – le aziende si sono dovute innovare. Inizialmente le aziende che conduciamo erano state improntate sulle due grandi campagne della Piana di Sibari, quella estiva con le pesche e le nettarine e quella invernale con gli agrumi, perché il nostro territorio è vocato soprattutto per il clementino. Negli anni però si è capito che utilizzare periodi così limitati di tempo, e quindi tre mesi da una parte, due mesi all’altra, e cioè cinque mesi su dodici, non era possibile. E quindi sono nate iniziative differenti rispetto a quelle originarie, con l’arrivo di varietà nuove, penso ad esempio al cacomela, che sono state impiantate anche nella piana di Sibari. Tutto questo per avere un mercato che durasse tutto l’anno. In più si è cercato anche di andare su alcune varietà di clementino tardivo perché ovviamente la campagna e gli agrumi era molto limitata al periodo di novembre e dicembre e ovviamente il periodo è molto corto. Quindi anche per rimanere legati ad alcuni supermercati che durante il periodo diciamo invernale si rivolgevano, per esempio, alla Sicilia, la Calabria e alcuni nostri soci e associati hanno dovuto convertire alcune produzioni di clementine in varietà più tardive».
Da una azienda all’altra. Il Gruppo Ferrocinto, eccellenza internazionale, dedicato alla produzione enologica all’interno del Parco del Pollino, si estende per 130 ettari con 50 dei quali coltivati a vigneto con uve a bacca bianca e rossa. I vitigni più rappresentativi sono quelli autoctoni del territorio: il Montonico, il Greco Bianco, il Moscato e il Pecorello e tra i rossi il Magliocco Canino e Dolce, l’Aglianico e il Calabrese. Solo una piccola parte è piantata a Cabernet Sauvignon e Chardonnay. L’immenso patrimonio naturale nel quale si trova immersa l’azienda, richiede scelte molto responsabili con un regime di coltivazione in conversione biologico, controllata da Bioagricert. «Sì – afferma Nola – nel 2010 la Campoverde ha deciso di investire anche la settore del vino. Ovviamente, per farlo aveva la necessità anche in quel caso di aggregare alcune produzioni, di soci della cooperativa. Quindi soci già esistenti e anche di produttori che fossero in zone vocate. L’azienda Ferrocinto è un’azienda che si trova all’interno di un comprensorio vocato, che è quello del Parco del Pollino.
Noi siamo al di sotto della catena montuosa del Pollino. Beneficiamo di questo microclima particolare, che è un clima diverso nella viticoltura rispetto a quello che avviene un po’ nella pianura. Un clima in cui non c’è bisogno per esempio dell’irrigazione, se non quella piovana. È un’azienda che si trova a 500 metri altezza al livello del mare e quello che colpisce e che ci ha lasciato anche speranzosi sul fatto che questo potesse essere un settore importante per le nostre aziende, è proprio il microclima che in queste zone si riesce ad ottenere perché per le vendemmie, per esempio, che avvengono ormai nel mese di agosto, il fatto di avere sbalzi termici fra il giorno e la notte importanti, agevola molto il nostro compito per la questione dei profumi e per quello che riguarda anche la qualità delle uve che porta a un prodotto finale di qualità. Insieme all’azienda Ferrocinto ci sono altre realtà che fanno parte del territorio, penso per esempio all’azienda che si trova nel territorio di Altomonte».
«Per noi – ha affermato ancora Nola – lavorare e produrre nell’area del Parco Nazionale del Pollino è un marcatore identitario, una cosa molto importante perché la Calabria nel panorama vitivinicolo non è mai stata una regione molto conosciuta, se non per iniziative singole che ovviamente hanno portato lustro alla regione, ma diciamo, da un punto di vista enologico, non è mai stata una regione forte. Il fatto di avere marcatori identitari all’interno della regione ti consente di trainare alcuni prodotti, come possono essere il vino, ma anche il cibo in generale, rispetto a un turismo che noi speriamo possa esplodere alle nostre latitudini. Speriamo e attendiamo, perché ancora i numeri non sono quelli di un turismo importante. Noi abbiamo investito tanto anche nel settore vitivinicolo, perché abbiamo realizzato una barricaia all’interno del territorio del Parco del Pollino, una struttura molto importante di cui sono molto orgoglioso, perché è stata fatta da noi, è stata fatta progettata da un calabrese, è stata realizzata con materiali eco-sostenibili».
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