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l’inchiesta

Gli indizi prima dello schianto, il caicco “senza speranza” e gli ultimi 40 minuti di terrore. Fatti (e dubbi) su una strage

I segnali nella comunicazione di Frontex. Il bollettino meteo dell’aeronautica militare. Gli interrogativi sull’avvio dei meccanismi di ricerca lungo le direttrici di sbarco. Tanti i nodi che le in…

Pubblicato il: 08/03/2023 – 6:58
di Pablo Petrasso
Gli indizi prima dello schianto, il caicco “senza speranza” e gli ultimi 40 minuti di terrore. Fatti (e dubbi) su una strage

CROTONE A ciascuno le proprie certezze. Ci sono quelle dell’avvocato Luigi Li Gotti, che difende (con i colleghi Mitja Gialuz, Vincenzo Cardone e Francesco Verri) i parenti delle vittime del naufragio di Cutro. Le elenca da giorni, partendo dalla considerazione che «le persone si sarebbero potute salvare». «Sappiamo per certo – dice – che l’aereo di Frontex ha lanciato l’allarme a Roma informando che una barca con persone a bordo stava navigando a 40 miglia verso le coste calabresi. Sappiamo anche che la Guardia costiera di Crotone non ha ricevuto da Roma nessuna telefonata per uscire in mare e dare soccorso ai migranti». Certezze che portano a una conclusione: «C’è stata negligenza. Qualcuno ci dovrà dire perché sono passate parecchie ore prima che partisse la macchina dei soccorsi».
Le certezze di Matteo Piantedosi sono tutte nella sua doppia informativa alle Camere: «Frontex (nella sua comunicazione delle 22,26 del 25 febbraio, ndr) non ha segnalato una situazione di distress a bordo, limitandosi a evidenziare la presenza di una persona sopra coperta, di possibili altre persone sotto coperta e una buona galleggiabilità dell’imbarcazione. L’esigenza di soccorso per le autorità italiane si è concretizzata, per la prima volta, alle 4 di domenica» con una telefonata al 112. Il barchino era già spezzato e i migranti erano stati inghiottiti dai flutti. 
Non ha dubbi neppure Peppe Provenzano, deputato del Pd, che commenta il racconto del ministro dell’Interno: «Alla fine quelle vite si potevano salvare, lo ha detto il comandante della Guardia Costiera di Crotone. Il governo deve essere indagato per strage colposa. Chi ha impedito che l’operazione di polizia evolvesse in soccorso? Il ministro Piantedosi non ha spiegato qual è la catena di comando scaricando la responsabilità sulla guardia di finanza e sulla guardia costiera. Chi ha deciso in quelle 6 ore di buco che dovesse rimanere un’operazione di polizia e non di soccorso? Il nodo è tutto qui». E «la criminalizzazione dei salvataggi è il filo che lega le norme, le circolari, i decreti sicurezza che volete reintrodurre, le norme contro le ong che provano a supplire alla carenze delle istituzioni».
A sciogliere i nodi e a ricostruire le presunte falle nei soccorsi è chiamata ora la Procura di Crotone. Il capo dell’ufficio giudiziario Giuseppe Capoccia si è lasciato andare solo a un «bella domanda» davanti ai cronisti che chiedevano come sia stato possibile che il caicco con 200 persone a bordo fosse abbandonato al proprio destino prima di frantumarsi contro la secca fatale a 200 metri dalla costa.  

Il procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia

Gli indizi prima dello schianto della “Summer love”

Partiamo, appunto, dalle certezze messe nero su bianco da Frontex nella comunicazione del 25 febbraio. Nella notte che precede lo schianto della “Summer love” al largo di Cutro, un aereo dell’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera individua il caicco turco. Si chiama “Eagle One” e attorno alla sua comunicazione ruota la “difesa” di Piantedosi in Aula: «Da Frontex – ha ribadito in più occasioni il ministro – non sono arrivate segnalazioni di pericolo». Vero, anche se la mail contiene “segnali” chiari che ci si trova davanti a una carretta del mare. Il primo: il documento di Frontex evidenzia «Call from the boat to Turkey». Il riferimento è alla chiamata partita da un apparecchio satellitare a bordo della barca e diretta verso la Turchia. La rotta turca sarà pure poco “valorizzata” nella geografia degli sbarchi, ma la sua esistenza non è mai stata messa in dubbio. Quella telefonata è un indizio importante: su quel caicco potrebbero esserci trafficanti di esseri umani. Seconda nota contenuta nel messaggio di “Eagle One”: «Apertura delle bocchette di prua».

Gli oblò della nave sono aperti per consentire a diverse persone di respirare. Altro segnale “spia”: il barchino potrebbe essere sovraccarico. Il dubbio diventa quasi esplicito in un altro passaggio, quello che evidenzia «probabili persone aggiuntive sottocoperta» con tanto di «significativa risposta termica da bocchette». Ancora: i «giubbotti di salvataggio non sono visibili» mentre fuori coperta – in piena notte – c’è un uomo, altro dato non comune. Questi i fatti prima delle certezze. Per Frontex «sono sempre le autorità nazionali competenti a classificare un evento come ricerca e soccorso». Per il ministro dell’Interno l’agenzia europea avrebbe dovuto evidenziare le condizioni di emergenza in maniera esplicita. Dai fatti si sconfina in un campo di interpretazioni, procedure, conflitti di competenze. Anche per questo il lavoro della Procura di Crotone non si annuncia facile.

Il mare mosso e le (poche) speranze del caicco turco

migranti cutro

Fin qui arriva “Eagle One”, che ha monitorato la zona fino a quando non è dovuto rientrare alla base per mancanza di carburante. Da quel momento in poi le valutazione si spostano dall’aria ai flutti dello Jonio. Nei giorni scorsi, “La Stampa” ha focalizzato l’attenzione sul bollettino meteo dell’aeronautica militare diramato alle 18 del 25 febbraio «con indicazioni valevoli fino alle 6 del mattino successivo». Il documento dice «Ionio settentrionale vento 7, mare molto mosso in aumento». Il bollettino viene, nei fatti, confermato dal tentato intervento di due mezzi della Guardia di finanza usciti in missione di polizia intorno alle 3,50. Saranno entrambi costretti a rientrare: la mareggiata li spinge verso la costa, le onde – avvicinandosi a riva – si sono fatte più alte e difficili da governare. Siamo a pochi minuti dalla tragedia. La domanda, però, è d’obbligo: se le condizioni del mare erano ingestibili per i mezzi delle fiamme gialle, quante speranze poteva avere il caicco turco che si era imbarcato nell’ennesimo viaggio della speranza? La risposta, purtroppo, è in fondo al mare e lungo le spiagge di Cutro.  

Gli ultimi 40 minuti di terrore: quando è stato attivato il meccanismo di ricerca? 

Il racconto copre più di cinque delle sei ore di “buco” nei soccorsi a cui fa riferimento il pool di legali che curerà gli interessi dei parenti delle vittime. Manca un ultimo tratto, anch’esso puntellato di dubbi. Più di trenta minuti di terrore: quelli trascorsi tra le 4 del mattino di domenica 26 febbraio (l’ora presunta del naufragio, ndr) e le 4,35. I documenti, però, consento di fare un altro piccolo passo indietro, fino a una delle comunicazioni intercorse tra Guardia di finanza e Guardia costiera. Sono le 3,40 circa quando la Guardia di finanza avverte che i suoi mezzi stanno rientrando in porto per il mare grosso ed «è stato attivato il meccanismo di ricerca, lungo le direttrici di probabile sbarco, coinvolgendo anche le altre forze di polizia nelle ricerche lungo la costa». In realtà, stando alla relazione del ministro Piantedosi alla Camera, i primi soccorsi vengono mobilitati alle 4.19, quando la Centrale operativa del Comando provinciale dei Carabinieri di Crotone invia alla foce del Tacina, a Steccato di Cutro, la pattuglia del Nucleo radiomobile della Compagnia di Crotone. Sono 40 minuti – quelli passati dalla comunicazione della Gdf all’invio della pattuglia – nei quali quel «meccanismo di ricerca» pare non essere stato attivato. Alle 4,35, quando i carabinieri arrivano a destinazione, il barcone è naufragato da circa mezz’ora. Da quel momento in poi arrivano telefonate alla centrale operativa della guardia costiera. Quella di un’attivista italo-marocchina segnala addirittura la posizione esatta del caicco. Si parla addirittura di segnalazioni su Facebook. Intanto i soccorritori, e tra loro molti pescatori, sono in mare a raccogliere corpi esanimi e salvare tutte le vite che possono. Non tutte quelle che vorrebbero. Alcuni ancora non riescono a prendere sonno. (p.petrasso@corrierecal.it)

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