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la cerimonia

Lamezia Terme, la reliquia di Santa Rita nella parrocchia di Santa Maria Maggiore

La celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo, monsignor Serafino Parisi

Pubblicato il: 10/03/2023 – 6:51
Lamezia Terme, la reliquia di Santa Rita nella parrocchia di Santa Maria Maggiore

LAMEZIA TERME «Il Signore non impone nulla. Indica, una, due, tre strade possibili e, poi, noi dobbiamo scegliere: il percorso nasce dal cuore di Dio e alla fine torna dentro il cuore di Dio». Così il Vescovo, monsignor Serafino Parisi, durante la celebrazione eucaristica per l’arrivo della reliquia di Santa Rita nella parrocchia di Santa Maria Maggiore dove resterà fino al 19 marzo. Partendo dalle letture del giorno, monsignor Parisi, ha sottolineato che «chi si fida totalmente del Signore, in questo suo affidarsi e confidare nel Signore, trova la sua beatitudine. La vita dell’uomo che confida nel Signore – ha aggiunto – è come quella di un albero le cui radici sono poste nell’acqua, per cui non conosce la stagione della siccità, della pianta che secca e muore. Le sue foglie non appassiranno mai, perché è piantato lungo i corsi d’acqua e non c’è bisogno dell’annaffiatore di Santa Rita, alla quale era stato chiesto di annaffiare un legno secco». Oggi, invece, «il nostro grande dramma – ha proseguito il Vescovo – è proprio questa pretesa di una umanità che si illude di poter bastare a se stessa e, quindi, esclude Dio dalla sua vita, come se Dio impedisse di vivere, di esprimersi, di sperare, di sognare.

La reliquia

Il ragionamento che si fa è: mettiamo da parte Dio e, se c’è, viviamo come se non ci fosse”. Ed è così che l’uomo “si illude di poter costruire la propria esistenza sulle proprie forze: esclude Dio e rimane chiuso in sé stesso, in un’autoreferenzialità che è semplicemente deleteria nella sua vita. Il Signore che ci legge nel cuore – come ci ha detto Geremia – capisce ciò che l’uomo sceglie, ciò che liberamente vuole e che responsabilmente elegge come norma della propria vita, come regolamento della sua esistenza a partire proprio da questo allargamento del cuore: l’allargamento della capacità di abbracciare con la propria esistenza gli altri ed anche il Signore». «Dio – ha aggiunto monsignor Parisi facendo esplicito riferimento al brano di Geremia – , a ciascuno darà secondo le sue opere. Ed in questo senso, noi troviamo un aggancio con il testo del Vangelo. Cosa ha fatto il ricco durante la sua vita? Ha interpretato il passaggio di un uomo che basta a sé stesso, cura sé stesso, e questa cura di sé stesso lo porta ad escludere l’altro perché Lazzaro, che si è fatto presente a lui, non è stato minimamente considerato in quanto l’altro se mi serve lo considero, se non mi serve lo ignoro. Questo è il damma dell’umanità oggi. Questa chiusura dentro una visione non aperta, non caritatevole. Una visione egoistica, egotica, della propria vita. Una chiusura arroccata nella propria esistenza. Quando, poi, il ricco muore va tra le fiamme ed i tormenti, che è un modo per dire che è collocato per l’eternità nella sua solitudine. E questa sua sorte è in linea con l’ideale della sua vita: dato che aveva pensato solo a se stesso e si era chiuso alle necessità degli altri, nell’altra vita è come se il Signore dicesse ‘io rispetto la tua scelta. Se sulla terra sei stato così, continua per l’eternità ad essere così’. Per Lazzaro, no: ha confidato nel Signore ed avrà la sua esistenza appagata, compensata da tutti quei tormenti che aveva vissuto lungo la vita senza trovare una persona che dentro la sua esistenza terrena si fosse mai interessata di risollevarlo da quella sorte, di risollevarlo da terra”. Il Signore, quindi, “cristallizza per l’eternità la tua visione della vita, l’impostazione della tua esistenza, lo stile che tu hai avuto” ma “non vuole impaurire nessuno» perché, «fin quando ci regala i giorni della nostra esistenza, abbiamo tutte le possibilità per riprogrammare la nostra vita, per rimetterla su un altro registro che non è, appunto, quello della chiusura, ma dell’apertura. Diremmo della carità, della solidarietà, dell’incontro con gli altri» che, poi, «sono i tratti della vita di Santa Rita che nella sua esistenza ha anche dovuto subire tanti tormenti». Lo stile del credente, infatti, è «fidarsi unicamente del Signore non con un atteggiamento fideistico», ma consegnarsi totalmente nelle Sue mani, facendo la propria parte: «lavoro, mi impegno, cerco, cioè, con i miei poveri mezzi, con le mie scelte ed anche con le mie sofferenze, di servire il mondo, la storia, l’umanità, con la forza del Vangelo. Questa grazia – ha concluso il Vescovo – , che oggi sembra essere una grazia impossibile, la chiedo direttamente al Signore attraverso l’intercessione di Santa Rita perché possa essere lo stile di vita che ognuno di noi vuole scegliere come via da vivere cristianamente».

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