REGGIO CALABRIA I rapporti tra ‘ndrangheta e Cosa Nostra nell’attuazione della strategia stragista negli anni ’90. Sono i contenuti del processo che si sta svolgendo in appello a Reggio Calabria e che vede imputati il boss palermitano Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuto espressione della cosca Piromalli di Gioia Tauro per l’uccisione dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, trucidati il 18 gennaio 1994 in un agguato avvenuto sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria nei pressi dello svincolo di Scilla.
Ma sono anche i contenuti di una conversazione captata e finita nelle carte dell’inchiesta “Hybris” della Dda reggina, che ieri mattina ha portato all’arresto di 49 persone ritenute vicine alle cosche Piromalli-Molé.
«Un’intercettazione prova». Così il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha definito la conversazione tra Francesco Adornato, «navigato esponente della ‘ndrangheta», e Giuseppe Ferraro, indagato nel procedimento. Un incontro avvenuto il 17 gennaio 2021 e captato dagli investigatori durante il quale fanno dichiarazioni che richiamano i contenuti dell’inchiesta “‘Ndrangheta stragista”. È proprio il 72enne Adornato, condannato in via definitiva per mafia negli anni novanta e «dunque proprio nel periodo di attuazione della cosiddetta strategia stragista», a raccontare a Ferraro che «la commissione si era riunita presso il resort “Saionara” sito a Nicotera e che era presente Pesce ed era assente Pino Piromalli ma che quest’ultimo aveva conferito a Pesce il mandato a rappresentarlo». «Pesce, in proprio ed in nome e per conto di Piromalli, – ha aggiunto Adornato – aveva votato a favore della partecipazione alle stragi anche da parte della ‘ndrangheta».
Un progetto criminale che era stato abbracciato dai Pesce e dai Piromalli, ma che era stato osteggiato da Luigi Mancuso. Secondo il racconto di Adornato, infatti, «era presente anche Luigi Mancuso, esponente apicale dell’omonimo clan di Vibo Valentia, il quale, al contrario, aveva votato contro la suddetta partecipazione». Le stragi, si evince dalle intercettazioni, erano «dirette all’eliminazione del regime di carcere duro», il 41bis, e «si progettava di arrivare ad assassinare un ministro e fare un colpo di Stato».
«Siamo parlando di soggetti che vivono le dinamiche di ‘ndrangheta», ha detto il procuratore aggiunto Lombardo, che ha chiesto l’acquisizione dell’intercettazione. «Quando ho letto per la prima volta ho capito che siamo chiamati tutti a fare uno sforzo di conoscenza. Qui parliamo dell’acquisizione di questo risultato di prova», ha aggiunto Lombardo che ha parlato di «Continuità investigativa e impegno costante». In riferimento ad Adornato, Lombardo ha spiegato: «E’ uomo di ‘ndrangheta, non parla per sentito dire». «Io ritengo – ha detto infine Lombardo parlando di “intercettazione prova” – che non si possa prescindere da questi contenuti». La Corte, presieduta da Bruno Muscolo, si è quindi riservata di decidere dopo aver ascoltato le difese che si esprimeranno sull’acquisizione il 13 marzo. Slitta dunque la data della sentenza che, in caso di acquisizione, potrebbe essere emessa dalla Corte d’Assise d’appello intorno al 23 marzo. (redazione@corrierecal.it)
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