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La riflessione

La strage degli innocenti di Cutro e “la mostruosità di Cristo”

La croce di Giglio sta facendo vacillare l’indifferenza cronica delle potenze occidentali. La tragedia di Steccato ha cambiato le coscienze

Pubblicato il: 12/03/2023 – 7:05
La strage degli innocenti di Cutro e “la mostruosità di Cristo”

CUTRO «Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo». Il testo del “Qoelet”, che ha oltre due millenni, urta e scuote la nostra sensibilità occidentale, se pensiamo alla catastrofe di Steccato di Cutro dello scorso 26 febbraio: al viaggio disperato di innocenti in fuga dalla loro terra; alla morte per soffocamento – come nelle camere a gas di Auschwitz – di bambini, madri, uomini in cerca di libertà e dignità, finiti davanti alla riva dello Ionio calabrese, a pochi metri dalla salvezza dagli abissi del mare sommosso dal vento.
In proposito ritornano le questioni di Hans Jonas sul concetto di Dio dopo Auschwitz, secondo cui Egli è onnipotente e buono, dunque incomprensibile, a seguire la logica del filosofo tedesco, per non aver impedito quel naufragio mortifero vicino Crotone. Sempre a parere di Jonas, Dio potrebbe in alternativa essere «onnipotente e comprensibile», sicché la vicenda di Steccato di Cutro confuta l’esistenza della bontà divina. Jonas contempla infine l’ipotesi che Dio sia buono e comprensibile. Nel caso, dovremmo concludere che i morti, i dispersi e il dolore collettivo della tragedia calabrese dimostrano che a Dio manca l’onnipotenza.
Com’è possibile che Dio non sia intervenuto, che al termine della notte del 26 febbraio scorso non abbia placato le onde furiose dello Ionio oppure fermato l’urto del barcone “Summer love” contro la secca dinanzi alla spiaggia di Steccato? Perché Dio non ha spinto i vari decisori dello Stato a prevenire quell’epilogo, prevedibile, visto che nel lontano 2017 Nicola Carlone, comandante generale della Guardia costiera, aveva avvertito che «ogni barca sovraffollata è un caso Sar e una possibile situazione di pericolo», che «la fase di distress inizia anche senza un esplicito segnale di soccorso»?
Da tutt’altro angolo visuale, perché Dio dovrebbe mettersi in mezzo e cambiare il corso degli eventi dell’uomo, che ha leggi, strumenti, governi e arbitrio propri? Se lo facesse, potremmo rispondere, negherebbe il significato della croce, che esprime «la mostruosità di Cristo» – per riprendere Slavoj Žižek – come modello universale e riguarda, anche in prospettiva laica, il rispetto incondizionato dell’arbitrio e della libertà degli uomini, il perdono dei peccati e poi l’esempio della rinascita che il Figlio dell’uomo incarnò e rappresenta nella storia. Cristo, infatti, sconta, subisce più di Socrate la condanna personale a morte. Anzi, l’accetta immobile per elevare la propria kenosis, sicché ignora – racconta il Vangelo di Matteo – chi lo sfida dicendogli: «Tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi giù dalla croce!».
Allora non ha mero valore di memoria, né è un simbolo consolatorio davanti all’ingiustizia e all’impotenza umana, la croce di legno assemblata dall’artista Maurizio Giglio con resti del caicco turco su cui viaggiavano compressi – come gli ebrei nei treni della «soluzione finale» – quei poveri cristi maneggiati, sfruttati dal capitalismo disumano dominante.
Proprio quella croce di Giglio sta facendo vacillare l’indifferenza cronica delle potenze occidentali, le quali, nonostante i moniti e gli appelli di Papa Francesco, armano le guerre agitando il vessillo della democrazia e dei diritti umani, che tuttavia difendono solo in parte, con un’incoerenza clamorosa: da un lato impegnano uomini, mezzi e risorse finanziarie contro l’aggressore dell’Ucraina; dall’altro si limitano a prevedere pene più severe per gli scafisti, a ripetere a voce che occorre una risposta unitaria dell’Unione europea.
Non si tratta, qui, di assecondare le convinzioni dei partiti italiani sul tema delle migrazioni. Il “Qoelet”, o “Ecclesiaste”, ammonisce che esiste «un tempo per tacere e un tempo per parlare», «un tempo per amare e un tempo per odiare». È giunto il momento di misurare quanto «la mostruosità di Cristo», inchiodato di nuovo alla croce, ci abbia cambiato nella coscienza, nell’animo, nell’agire politico.

Emiliano Morrone

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