BUCCINASCO Una comunità ucraina e la famiglia ‘ndranghetista dei Papalia condivideranno gli spazi di una villa confiscata a Buccinasco, piccolo Comune vicino a Milano chiamato a confrontarsi con la presenza della criminalità organizzata e diversi fatti di sangue nella sua storia recente. È l’epilogo di una vicenda approdata, dice il sindaco Rino Pruiti all’AGI, «a un compromesso anche per il disinteresse dello Stato a custodire un bene così prezioso». E per un antico errore del Demanio che nel 2015 «con la confisca tagliò la villetta dei Papalia di via Nearco con un coltello» lasciando le parti in comune, tra cui il cortile, agli esponenti del clan.In quel momento Rocco Papalia stava finendo di scontare 26 anni di carcere e quel cortile è diventato uno spazio per dibattiti e iniziative antimafia. Poi il boss ha finito di espiare la sua pena e la moglie Adriana Feletti ha avviato una causa civile nel 2019 per buttare giù quel cancello, per Pruiti «un limite simbolico e invalicabile», e accedere al cortile. Il 12 gennaio scorso il Tribunale civile le ha dato ragione in una sentenza in cui, com’è giusto dal punto di vista di un magistrato, la questione mafia non esiste ma si disserta solo su un’arrugginita bega condominiale come tante altre. A quel punto il primo cittadino ha chiesto allo Stato di battere un colpo «perché ho rimesso nelle mani dello Stato il bene escludendo di poter condividere l’immobile con la mafia» e nelle ore scorse il prefetto di Milano, Renato Saccone, lo ha fatto ipotizzando di dare alloggio ai cittadini ucraini in fuga dalla guerra attraverso la Diaconia Valdese e il vicino Comune di Cesano Boscone. «Bene l’intervento del prefetto e il suo progetto– considera Pruiti – Voterà a favore nel “Piano di zona” anche se come condizione ho posto che i dipendenti di Buccinasco non abbiano nessun contatto con esponenti della mafia. Non vogliamo avere nulla a che fare con loro. La gestione sarà esclusivamente dei valdesi, sulla cui dirittura morale non ci sono dubbi, che non dovranno riferire a noi ma alle autorità preposte, tra cui la prefettura». Il sindaco non molla: «Faremo ricorso contro la sentenza civile ma ci vorranno anni per un’altra decisione. Così come sono passati tanti anni in cui lo Stato avrebbe potuto sistemare la cosa e non l’ha fatto fino a che è crollato quel cancello simbolo di resistenza». (AGI)
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