REGGIO CALABRIA Ha camminato sei giorni dal Mali alla Libia, attraversato il deserto, per poi compiere il “viaggio della speranza” alla ricerca di un futuro migliore per sé e per i due gemellini che portava in grembo. A bordo dell’imbarcazione, in balia delle onde, è rimasta per tre giorni, prima di essere portata in salvo insieme ai suoi compagni di viaggio. È la storia di Mariama, una ragazza di 27 anni originaria della Nuova Guinea, arrivata in Calabria a bordo della nave “Diciotti”, sbarcata nel tardo pomeriggio di sabato scorso al porto reggino con 584 migranti a bordo. E proprio a Reggio Calabria, dove si trova ricoverata nel reparto di Ginecologia e Ostetricia del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi Melacrino Morelli”, la donna ha dato alla luce i suoi bambini.
Significativa la testimonianza delle ostetriche che hanno accolto Mariama e altre donne appena arrivate a Reggio dopo il viaggio via mare: «Quando abbiamo accolto le ragazze della Guinea al Pronto Soccorso Ostetrico erano distrutte dalla fatica, sconfitte, silenziose e con lo sguardo impaurito di chi stava vivendo una tragedia di cui non conosceva la fine». Oggi Mariama sta bene e aspetta l’arrivo del marito da Roma. Al suo fianco il personale dell’ospedale reggino, che la donna ha ringraziato: «Sono molto contenta di come ci hanno accolto in Italia appena siamo arrivati con i miei connazionali nel porto di Reggio Calabria – ha affermato – e dell’assistenza ricevuta in Ospedale insieme all’affetto e umanità che mi ha dimostrato tutto il personale in questo momento di difficoltà. Ringrazio di cuore, non mi sono mai sentita sola».
A Reggio Calabria una storia a lieto fine mentre a Cutro è un dramma senza fine con la ricerca mai terminata in mare dei migranti dispersi dopo il naufragio costato la vita a 79 persone. «Di fronte al dramma di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame – si legge in una nota del Gom – e sono in cammino verso una speranza di vita, le nostre coscienze ci chiamano, evangelicamente, ad essere “prossimi” ai più deboli e agli abbandonati. In questa storia la vita ha trionfato consentendo ad una madre di mettere al mondo, pur partendo da condizioni assolutamente a rischio, due vite in assoluta sicurezza». (redazione@corrierecal.it)
x
x