ROMA Sono i criptofonini la nuova frontiera comunicativa della criminalità organizzata, a partire dalla ‘ndrangheta per arrivare alla mafia siciliana. E’ l’allarme lanciato dal comandante dei carabinieri del Ros, generale Pasquale Angelosanto, nel corso di una audizione davanti alla commissione Difesa della Camera dei deputati. I criptofonini sono smartphone che usano metodi di crittografia per proteggere i vari sistemi di comunicazione. Sono solitamente basati sullo stesso hardware dei telefonini normali. La differenza principale risiede nel software: questi dispositivi contengono infatti sistemi di cifratura superiori al normale telefono sul mercato.
«Sono diventati la più moderna soluzione tecnica di elusione di qualsiasi tentativo di intercettazione – ha premesso il generale – apparecchi dedicati che consentono comunicazioni vocali e di messaggistica in forma cifrata attraverso piattaforme gestite dalle stesse aziende produttrici del software». Grazie ad indagini condotte in Francia, Belgio e Olanda – ha spiegato Angelosanto – «è stata acquisita una grande mole di dati di traffico di organizzazioni criminali», e la successiva decrittazione «ha offerto chiavi di lettura che altrimenti sarebbero rimaste incomprese e inesplorate. L’obiettivo è continuare ad acquisire tali dati e a decrittarli, ma per riuscirci vanno superate alcune criticità: di ordine giuridico, legate alla qualificazione delle fonti di prova e alle modalità di acquisizione, e di carattere tecnico, legate alla formazione specialistica del personale e alle dotazioni tecnologiche».
«Parliamo di piattaforme concepite come se destinate ad un uso militare e per tutelare fortemente la privacy degli utenti – ha sottolineato il comandante del Ros – che usano sistemi di crittografia avanzata e device customizzati, acquistati al dettaglio e poi riconfigurati. Di per sè sono legali, ma le stesse modalità di vendita evidenziano la vocazione naturale ad un uso illegale di questo tipo di dispositivi: come emerso da alcune indagini, a curarne la commercializzazione sono le stesse organizzazioni criminali che si avvalgono di reti ad hoc». I criptofonini «sono difficili da reperire – ha proseguito Angelosanto – vengono pagati di solito con criptovalute o con bonifici su Iban di banche extraeuropee indicate da contatti sicuri, non hanno intestatari: è difficilissimo risalire all’utilizzatore attraverso un anonimo identificativo elettronico». L’impiego di questo tipo di device anche in Italia «è stato confermato in almeno due indagini condotte all’estero: in Francia ne sono stati individuati 70 mila, 4.500 dei quali usati anche da noi, in Belgio e Olanda altri 140 mila, almeno 12-15mila dei quali usati anche qui». In vari casi è emerso dall’audizione del comandante dei Ros – «i criptofonini erano utilizzati da appartenenti alla criminalità organizzata mafiosa, soprattutto calabresi e anche siciliani: faccio riferimento alla ‘ndrangheta, a Cosa Nostra e altre organizzazioni criminali. Ciò ha consentito di localizzare anche latitanti all’estero poiché nella ritenuta impenetrabilità del sistema crittografato, le comunicazioni erano abbastanza in chiaro: c’erano trasmissioni di foto, di documenti, foto di denaro, individuazioni di luoghi dove poter reperire armi o grandi quantità di sostanze stupefacenti. Come facciamo a renderci conto di questo? Lo facciamo perché il telefono criptato, o il sistema di crittazione adottato, deve comunque appoggiarsi sulla rete di telefonia mobile, e quindi su un gestore italiano, ma si appoggia semplicemente, non utilizza quella rete, per cui attraverso un complesso sistema di individuazione, che si ottiene attraverso i decreti della magistratura e la collaborazione dei gestori di telefonia, si riescono a individuare queste reti di criptofonia”. La difficoltà sta poi anche nell’uso di questo materiale, perché fino ad ora la giurisprudenza di merito e legittimità consente l’acquisizione di questi dati di traffico ed elementi derivati dalla messaggistica come documenti all’interno del procedimento penale”. «Noi –ha concluso il comandante del Ros – continuiamo a lavorare con le polizie straniere che, devo riconoscere, hanno delle strutture in questo settore molto avanzate e hanno iniziato a investire negli anni passati, quindi si sono trovate in grado di fronteggiare la situazione. Lo scambio è continuo, facciamo parte di diversi gruppi di lavoro proprio per poter individuare l’uso di questi criptotelefoni».
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