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il colloquio

Sbarra: «L’autosufficienza delle istituzioni politiche è un’illusione»

Intervista al leader nazionale della Cisl. «Società italiana complessa, a Palazzo Chigi non c’è nessun Mago di Oz». Lo scontro sull’immigrazione: «No a cortocircuiti ideologici»

Pubblicato il: 16/03/2023 – 13:34
di Paola Militano
Sbarra: «L’autosufficienza delle istituzioni politiche è un’illusione»

LAMEZIA TERME Luigi Sbarra, uomo del profondo Sud, non ha una posizione di chiusura rispetto all’autonomia differenziata, purché la riforma «non indebolisca la coesione nazionale». È attorno alla sua visione del potere che si snoda l’intervista che ha rilasciato al Corriere della Calabria. Il leader nazionale della Cisl spiega che «non esiste “una” stanza dei bottoni» e che a Palazzo Chigi non c’è un Mago di Oz. Le istituzioni sono interconnesse, non autosufficienti. E davanti dalle tante crisi c’è soltanto una strada (obbligata) da seguire: trovare soluzioni di sistema.

Segretario, come sta andando la raccolta firma per la proposta di legge che vedrebbe il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione e nell’organizzazione delle aziende? Crede davvero che la «corresponsabilità» sia un vantaggio per i dipendenti? E rispetto al timido tentativo non riuscito del 2009 cos’è cambiato?
«Partiremo a breve, con una campagna che interesserà l’intero territorio nazionale. Rispetto al 14 anni fa è cambiato il mondo. Oggi siamo molto più consapevoli dell’interdipendenza tra tutte le componenti della vita sociale ed economica. La durissima stagione della pandemia, l’invasione criminale della Russia all’Ucraina e gli effetti dell’inflazione sul tessuto sociale e produttivo aprono gli occhi a tutti sul bisogno di trovare nuovi modelli di crescita più solidali ed efficienti, resilienti e produttivi. La partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese è un architrave fondamentale di questa evoluzione. Una vera “riforma istituzionale” che, attraverso nuove relazioni industriali punta a radicare gli investimenti, elevare i salari, rilanciare sicurezza, formazione e competenze, contrastare delocalizzazioni e speculazione finanziaria, incrementare innovazione di processo e prodotto».

Ci pare di capire, dopo le sue recenti dichiarazioni, che il suo giudizio sul nuovo Governo sia mutato, cosa le ha fatto cambiare idea rispetto solo a qualche mese addietro, quando si è smarcato dallo sciopero indetto da Cgil e Uil? la mancanza di interlocuzione e poi?
«Vede, la Cisl ha un vizio: guarda sempre e solo il merito di misure e provvedimenti. E allora ci vuole la lucidità per distinguere e contestualizzare i due momenti a cui fa riferimento. Il primo, immediatamente precedente all’approvazione della legge di bilancio, ci vedeva alla fine di un percorso che noi abbiamo valutato di netto miglioramento della Manovra. Le distinzioni nascevano da lì. Oggi, con la stessa libertà e autonomia, valutiamo un altro tratto di percorso. Quello relativo ai tavoli impantanati o mai avviati su pensioni, salute e sicurezza, sviluppo industriale, scuola, contrasto all’inflazione e politica dei redditi, Mezzogiorno, qualità e stabilità del lavoro. Si aggiungono misure varate dal governo e mai condivise come la delega fiscale, l’autonomia differenziata, il decreto migranti e il blitz sui crediti incagliati. Ce n’è abbastanza per chiedere al Governo se crede ancora nel dialogo sociale. Se la risposta è sì, dia risposte immediate e conseguenti. Diversamente, siamo pronti a valutare insieme a Cgil e Uil iniziative di lotta e mobilitazione».

Sarà perché ricordo le sue sfuriate pubbliche, le quasi quotidiane note al vetriolo all’indirizzo dei governanti di turno, le dure contestazioni, urlate a squarciagola sui binari di una stazione ferroviaria e, quel corteo con migliaia di forestali inferociti – ma devo confessarle di aver pensato, per dirla alla Pietro Nenni che «una volta entrati nella stanza dei bottoni, i socialisti non trovarono i bottoni».
«La battuta è buona, e forse molto più azzeccata di quanto sembri. Perché è vero: non esiste “una” stanza dei bottoni. Non c’è nessun Mago di Oz, a Palazzo Chigi. In una società complessa come quella italiana, tanto più in una stagione come questa caratterizzata da cambiamenti e transizioni epocali, l’autosufficienza delle istituzioni politiche è puramente illusoria. Per cambiare le cose in modo stabile, equo, bisogna aprire il cantiere delle innovazioni al riformismo sociale e remare tutti nella direzione di obiettivi strategici condivisi. Siamo ancora lì, al tema della corresponsabilità, di un patto tra tutte le energie vitali e generative del Paese. Di fronte a crisi sistemiche, come quella che stiamo attraversando, servono risposte di sistema».

Autonomia differenziata. I contrari, come Nino Cartabellotta, sostengono che darebbe il «colpo di grazia al sistema sanitario nazionale» aumentando «le diseguaglianze regionali, legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud e violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute». Da uomo del profondo Sud, cosa pensa?
«La Cisl non ha posizioni pregiudiziali: una riforma solidale, ben concertata, può aiutare ad elevare efficienza ed efficacia dei servizi, responsabilizzando gli amministratori locali e semplificando tante procedure. Dovrà però rafforzare e non indebolire l’unità e la coesione nazionale. Bisogna partire dalla definizione condivisa dei livelli essenziali delle prestazioni e dei relativi fabbisogni e costi standard, connessi a diritti di cittadinanza che lo Stato deve garantire in modo uniforme sull’ intero territorio nazionale. Altrettanto importante è assicurare adeguate forme di perequazione per i territori con minore capacità fiscale, a partire dal Mezzogiorno e dalle aree interne del Paese. Riteniamo poi che una riforma di tale importanza debba essere progettata ed attuata con il pieno coinvolgimento del Parlamento, del sistema della Autonomie locali e delle parti sociali. Certo, serve aprire subito un confronto con il Governo che assicuri la più ampia partecipazione ai processi decisionali».

A Steccato di Cutro, come detto nei giorni scorsi dalle pagine del Corriere, i calabresi hanno dimostrato di aver salvato umanità, generosità e buon senso, rispetto a qualche cinico, che si ostina ancora a farne solo una questione di numeri e di restrizioni…
«Quello che è successo è indicibile. Una tragedia che non può e non deve essere strumentalizzata da nessuno. Piuttosto bisognerebbe essere coerenti, determinati e veloci nelle azioni necessarie affinché disastri di questo genere non avvengano più. Primo comandamento: le vite si salvano, sempre e comunque. Non c’è circolare ministeriale che tenga. Secondo: va modificato il Trattato di Dublino. La materia va trattata a livello comunitario, con l’impegno solidale di ogni Paese alla condivisione delle energie e dell’accoglienza. Terzo, e direi di base: è ora di finirla con i cortocircuiti ideologici sull’immigrazione. Il fenomeno migratorio va gestito con razionalità, condivisione e responsabilità, puntando sull’integrazione e il valore dell’interculturalismo, pre-condizione per una convivenza civile, pacifica e inclusiva». (paola.militano@corrierecal.it)

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