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La strage dei migranti

Naufragio di Cutro, la drammatica testimonianza di un superstite: «Sono rimasto in acqua per tre ore prima dei soccorsi»

L’uomo è stato ascoltato dal gip del Tribunale dei minori: «Ho perso una nipotina per ipotermia». L’incontro con Meloni: «Ha pianto»

Pubblicato il: 17/03/2023 – 12:25
Naufragio di Cutro, la drammatica testimonianza di un superstite: «Sono rimasto in acqua per tre ore prima dei soccorsi»

CATANZARO «Sono rimasto in acqua almeno tre ore aggrappato ad un pezzo della barca e sono stato recuperato quando era già giorno da una motovedetta della Guardia costiera». A raccontarlo è uno dei superstiti del naufragio di Steccato di Cutro che stamani è stato sentito dal gip del Tribunale dei minorenni di Catanzaro nell’incidente probatorio disposto per cristallizzare le testimonianze dei naufraghi. L’uomo, nell’incidente, ha perso una nipotina di 6 anni, morta, dice lui «per ipotermia».
«Ero nella stiva quando c’è stato l’urto – ha raccontato l’uomo, un cittadino siriano – sono subito salito insieme ai miei due nipoti e ci siamo gettati in acqua. La bambina però è morta mentre l’altro nipote si è salvato». Quest’ultimo aveva raccontato di avere tenuto in braccio la sorellina ma che tutto era stato inutile perché la piccola era morta per il freddo. L’uomo ha poi riferito che poco prima dello scontro con la secca, gli scafisti turchi erano scesi nella stiva per informare i migranti che sarebbero arrivati a breve e quindi avevano messo il motore del caicco al massimo, rompendo poi la leva per evitare di poter decelerare. Quindi avrebbero buttato in acqua un canotto nel tentativo, risultato vano, di fuggire.

L’incontro con Meloni: «Si è messa a piangere»

Ha pianto la premier Giorgia Meloni, davanti ai drammatici racconti dei superstiti e dei familiari delle vittime – 86 quelle accertate fino ad ora – del naufragio del caicco carico di migranti avvenuto il 26 febbraio a Steccato di Cutro. Ha pianto mostrando un «forte carico emotivo» davanti alle parole di chi è scampato per puro caso alla tragedia, ma che in mare ha perso un figlio, i genitori o altri familiari. A raccontarlo è Firas Algazi, un cittadino siriano, che nello scontro del barcone con una secca ha perso un nipotino di 6 anni, ed altri parenti. Insieme ad un altro nipote più grande, lui si è salvato rimanendo attaccato ad un pezzo della barca. È rimasto tre ore in acqua, poi «quando era già giorno» è stato recuperato da una motovedetta della Guardia costiera e portato in ospedale in ipotermia.
Oggi è stato sentito nell’incidente probatorio per il presunto scafista 17enne, ma ieri è volato a Roma insieme al nipote ed altri superstiti e familiari delle vittime per incontrare la premier a Palazzo Chigi. «Da parte sua – racconta prima di deporre – c’è stato un forte carico emotivo. Ci ha chiesto delle nostre sofferenze e quando le abbiamo raccontate si è messa a piangere. È stata molto partecipativa. Chi voleva raccontare la propria storia ha potuto farlo». Lui le ha raccontato di quei due nipoti caduti in acqua, del suo tentativo di tenerli stretti a se e del nipote più grande che ha fatto di tutto per trattenere il bambino ma inutilmente. «È morto di freddo nell’acqua gelida», dice. «Io e mio nipote – racconta dell’incontro – abbiamo chiesto alla premier un aiuto per fare venire in Italia la mamma del bambino e gli altri figli rimasti in Siria per ricongiungimento familiare. Lei ci ha detto che potrebbe aiutarci. Ci ha fatto una promessa per cui per ora l’incontro è stato molto positivo».
«Porto addosso ancora il dolore per la perdita del bambino – aggiunge – mi era stato affidato da sua madre ed ho dovuto dirle che era morto. All’inizio non ce l’ho fatta. Se avessi saputo dei rischi che avremmo corso non l’avrei portato con me. Mi avevano detto che avremmo navigato in 60-70 a bordo di una barca sicura». Al termine dell’incontro con la premier, Firas e gli altri migranti, si sono fatti una foto tutti insieme, con la premier e col ministro degli esteri Antonio Tajani.

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