CATANZARO Antonio Genesio Mangone, 58 anni, ha reso le prime sommarie informazioni il 10 novembre 2021. L’operazione Rinascita Scott era scattata da oltre un anno, il 19 dicembre 2019, e il processo era in corso.
Antonio Mangone, originario di Cariati, in provincia di Cosenza ma con residenza a Legnaro alle porte di Padova, non è coinvolto nel procedimento Rinascita – è considerato intraneo alla cosca Grande Aracri in Veneto – ma è stato detenuto in carcere a Siracusa con Gianfranco Ferrante e Michelangelo Barbieri.
A parlare per la prima volta di Mangone è stato il maggiore del Ros centrale, Fabio Vincelli, proprio nel corso del processo. Vincelli racconta che Mangone ha parlato con i magistrati di Catanzaro di alcuni dialoghi di Ferrante e Barbieri a proposito «della vicinanza e della disponibilità dell’avvocato Pittelli alla consorteria Mancuso».
Gianfranco Ferrante, proprietario del Cin Cin Bar di Vibo, è accusato essere un imprenditore vicino al boss Luigi Mancuso mentre Michelangelo Barbieri viene considerato organico alla cosca di Zungri comandata da Giuseppe Antonio Accorinti.
A novembre 2021 Mangone racconta ai magistrati che Ferrante e Barbieri, con i quali il collaboratore ha anche condiviso la cella, parlavano del fatto che l’avvocato Pittelli «era un uomo a disposizione della famiglia Mancuso (apriva conti correnti, faceva ottenere agevolazioni nell’ambito sanitario, affidamenti dalle banche, faceva conoscere persone importanti – come direttori di banca – e anche politici, sempre riferendosi ad agevolazioni fatte in favore di persone della stessa ‘ndrina di appartenenza del Ferrante, ossia quella dei Mancuso) e che sperava che il Pittelli uscisse fuori dal calderone del processo e che venisse assolto poiché tramite le sue conoscenze potevano essere risolti i loro problemi giudiziari».
Non solo. Mangone ascolta e apprende dai dialoghi di Ferrante che «Pittelli continuava ad aiutare la famiglia Mancuso anche dagli arresti domiciliari». All’epoca Pittelli si trovava effettivamente ai domiciliari, attualmente è libero. Mangone racconta che «Ferrante diceva che il Pittelli era in contatto diretto con gli esponenti di vertice della famiglia Mancuso» e che l’avvocato aveva fatto un favore lavorativo alla figlia del detenuto che abita a Milano. Secondo il collaboratore «Ferrante parlava del Pittelli come di un oggetto con il quale aveva rapporti diretti e personali e ne parlava benissimo tanto che quasi gli brillavano gli occhi quando si parlava di lui. Quando Ferrante faceva riferimento all’avvocato Pittelli questi era detenuto in regime di arresti domiciliari. Ricordo che in molte occasioni quando Ferrante rientrava dalle udienze del processo Rinascita – Scott diceva che Pittelli era il perno principale della famiglia Mancuso, nel senso che molti affari del clan e la risoluzione di problematiche varie del sodalizio passavano dalle sue mani». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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