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il naufragio di cutro

Confronto tra il minore presunto scafista e altri sopravvissuti. Verri: emerge il ritardo nei soccorsi – FOTO e VIDEO

Prosegue l’incidente probatorio davanti al Gip di Catanzaro. Il legale dei parenti delle vittime: «Confermato il “buco” temporale negli interventi»

Pubblicato il: 20/03/2023 – 14:23
Confronto tra il minore presunto scafista e altri sopravvissuti. Verri: emerge il ritardo nei soccorsi – FOTO e VIDEO

CATANZARO Da una parte un presunto scafista, dall’altra i superstiti del naufragio di Cutro (Crotone). Davanti al Gip del tribunale dei minorenni di Catanzaro si è svolto oggi il secondo confronto tra il 17enne pachistano indagato quale presunto componente dell’equipaggio dell’imbarcazione affondata nelle acque crotonesi e due migranti, anche loro pakistani, che sono riusciti a sopravvivere in quella tragica notte. I due, Khan Asif e Khan Amin, sono stati ascoltati questa mattina all’incidente probatorio nel procedimento a carico del 17enne ritenuto dagli inquirenti il presunto scafista, assistito dall’avvocato Salvatore Perri. Secondo quanto si è appreso, anche i due sopravvissuti escussi oggi avrebbero dichiarato che il 17enne non sarebbe stato uno degli scafisti, fungendo essenzialmente da interprete a bordo. «Anche oggi – ha riferito l’avvocato Perri parlando con i giornalisti – uno dei due testi escussi ha confermato quanto ci aveva detto giorni fa un altro teste, e cioè che hanno provato a fare un viaggio qualche giorno prima di quello che poi hanno portato a termine, ma che non si è potuto concludere perché dopo alcuni giorni la barca non sarebbe arrivata e loro hanno fatto rientro a Istanbul con un taxi insieme anche all’indagato, taxi che si sono pagati un po’ ciascuno». Al centro dell’attenzione anche il ritrovamento di un borsone a bordo dell’imbarcazione: «Un teste – ha spiegato l’avvocato Perri – ha riferito che i comandanti turchi hanno chiesto ai migranti di lasciare le lire turche che avevano e le avrebbero raccolte per loro. Ma non era assolutamente la quota di viaggio: a domanda specifica della difesa delle persone offese, hanno riferito che il viaggio è stato pagato con il metodo Hawala, ovvero mediamente il deposito a un soggetto terzo nel paese di provenienza». All’incidente probatorio ha preso parte anche l’avvocato Francesco Verri, legale dei parenti delle vittime del naufragio di Cutro: «Abbiamo ricevuto la conferma anche oggi – ha detto l’avvocato Verri parlando con i giornalisti – che sono trascorsi troppi tragici minuti dall’urto della barca con la secca fino a quando non sono arrivati i soccorsi, persino a terra. Perché il secondo testimone, il secondo sopravvissuto che abbiamo sentito, Khan Amin, ha detto che ha nuotato mezzora e che quando è arrivato a riva ancora non c’era nessuno. Questo aspetto sta emergendo prepotentemente nell’incidente probatorio».

«Siamo salvi grazie al legno»

«Mi hanno detto: “Vai con la nave e arrivi in Italia, senza specificare dove esattamente”. Era la prima volta che cercavo di venire. Sono salito su una prima nave bianca. Poi abbiamo cambiato barca. Non c’erano salvagenti in nessuno dei due casi. Il mare non ricordo se era agitato. Molte persone si sentivano male. In questo caso potevano salire sopra per poco. Il permesso lo dava il comandante. Sono salito su, si vedevano le luci dell’Italia, il mare era grosso, c’erano onde. Ho sentito una botta, ero sopra. Mi sono salvato a nuoto, salendo sopra un legno. Ci ho messo mezz’ora ad arrivare in spiaggia a nuoto. Ribadisco che ci ho messo mezz’ora e a terra non c’erano ancora i carabinieri». E’ il racconto di uno dei superstiti del naufragio dello scorso 26 febbraio davanti alle coste di Steccato di Cutro (Crotone) al gip del tribunale dei minori di Catanzaro nell’incidente probatorio di questa mattina. «La prima barca era buona ma piccola. Poi ci siamo spostati su un’altra barca. La guidavano in tre – racconta il giovane superstite – I viaggiatori erano seduti sotto ma anche nella parte superiore. Potevamo salire tranquillamente sopra e fermarci 10, al massimo 15 minuti. C’erano due persone che accompagnavano le persone su e giù. L’indagato era anche nella prima barca. “a seconda barca era vecchia. Non c’erano salvagenti. Respiravo male e quindi salivo sopra – racconta ancora il superstite – Sapevamo solo che ci avrebbero portato in Italia, non dove L’indagato aiutava le persone a salire sopra, traduceva perché parlava turco. Viaggiava sopra, stava con un’altra persona del Pakistan, Uno dei due pakistani ha raccolto dei soldi sulla barca. Anche l’indagato ha raccolto denaro. Giravano con una borsa». «Quando stavamo arrivando, la navigazione proseguiva tranquillamente. Il mare era agitato – dice ancora il superstite al gip durante l’incidente probatorio – Eravamo preoccupati. Avevamo anche ansia di arrivare Anche quelli che stavano sopra, erano coperti. Quando il mare si è molto agitato, i comandanti sono scappati. Era buio. Non so nuotare, mi ha salvato Dio, sono stato espulso verso riva e con l’aiuto di un pezzo di legno. Quando sono arrivato a terra c’erano solo due pescatori, i carabinieri sono arrivati 10/15 minuti dopo», dice. E ancora: «Ho pagato il viaggio in contanti in Turchia ma quel denaro è stato tenuto bloccato. Della consegna si è occupato mio cugino. Non so se il denaro è finito nella stessa borsa con cui a bordo è stato raccolto il denaro. Più che una borsa o uno zaino, era un sacco». L’incidente probatorio proseguirà anche domani mattina per sentire altri tre superstiti. Mentre si terrà la prossima settimana davanti al gip di Crotone l’incidente probatorio nell’inchiesta che vede indagati gli altri tre presunti scafisti, tutti adulti. (c. a.)

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