CORIGLIANO ROSSANO Costruire un’opportunità lavorativa nel proprio territorio attraverso la valorizzazione di un’opera artistica e religiosa inestimabile, un vero e proprio tesoro della fede e della cultura mondiali: stiamo parlando del Codex Purpureus Rossanensis uno dei più antichi evangeliari esistenti (libro liturgico che raccoglie il testo integrale di due Vangeli: Matteo e Marco e miniature che riportano alcuni passi contenuti anche nei Vangeli di Luca e Giovanni), capolavoro dell’arte bizantina con le sue bellissime miniature, dal 2015 riconosciuto Patrimonio dell’Umanità e inserito nelle liste Unesco. In una terra sempre più a rischio spopolamento e in crisi economica, don Pino Straface, vicario generale dell’arcidiocesi di Rossano-Cariati, è riuscito a promuovere un’iniziativa lavorativa interamente al femminile, nata intorno al Codex, che ribalta percezioni e pregiudizi per raccontare la vitalità di una comunità cristiana “in uscita”, capace di incarnare i valori del Vangelo nella quotidianità.
La coraggiosa avventura di un gruppo di donne comincia nel 1997. Un cammino che ha visto il ruolo fondamentale di don Vincenzo Salvati e don Pino Straface, direttore del Museo diocesano e del Codex, che le hanno letteralmente prese per mano e fatte crescere a livello umano, spirituale e, alla fine, anche lavorativo. “Ci mettevamo sui gradini della cattedrale – racconta Rosa Urso, una delle guide del Museo –, e offrivamo ai turisti il nostro accompagnamento volontario; alla fine ci siamo rese conto che poteva anche diventare un lavoro, rimanendo nel nostro paese e inventandoci una professione”. Una storia in controtendenza rispetto alla narrazione abusata di una terra che continua a perdere i suoi talenti migliori: “Sono in tanti ad andare via da qui – spiega Daniela Pirillo, un’altra guida del Museo –, noi abbiamo deciso di restare”. A lei piace chiamarla “restanza”, con quel neologismo che è stato inserito nel 2017 sul sito della Treccani per indicare, negli studi antropologici, coloro che “decidono di restare e non per rassegnazione, ma con atteggiamento propositivo”.
In questo cammino di fede e lavoro indirizzato ad alimentare una speranza nella propria terra, la guida di don Pino è stata necessaria in tutti i passaggi. “Aiutare le persone a scoprire il legame tra il Vangelo e la vita significa anche aiutarle a mettere a frutto le proprie capacità, i propri talenti, la propria vocazione – spiega don Pino Straface a Giovanni Panozzo nel video “Il Codex, donne coraggiose, un prete: la restanza di Rossano” che si può vedere al link https://www.unitineldono.it/le-storie/il-codex-donne-coraggiose-un-prete-la-restanza-di-rossano/ -. Queste giovani si sono messe in gioco, hanno sconvolto la mentalità corrente, secondo la quale specialmente una donna avrebbe dovuto trovare marito… e finiva tutto lì. Abbiamo messo, insieme, le mani in pasta, superando moltissimi ostacoli: per un prete vuol dire metterci del proprio, senza paura”.
Le operatrici culturali hanno fatto la loro parte, ma la Chiesa non si è sottratta al suo compito di supporto. Il Codex, risalente al VI secolo, è stato oggetto di un delicatissimo restauro durato tre anni presso l’Istituto Centrale per il Restauro, a Roma. Poi il ritorno a casa nel 2016, accolto da mons. Giuseppe Satriano, all’epoca vescovo di Rossano-Cariati (nominato poi a Bari-Bitonto), mentre dal 2021 l’arcidiocesi calabra è retta da mons. Maurizio Aloise.
A stimolare il percorso intrapreso da queste donne c’è una quotidiana azione che non lascia nulla al caso. “Lavorare nella cultura – sottolinea Cecilia Perri, vicedirettrice del Museo diocesano e del Codex di Rossano – non è semplice e ci siamo trovate di fronte a tante difficoltà. La Chiesa ha avuto il coraggio di affidarci completamente la gestione del museo, siamo noi a curarlo in ogni dettaglio: dagli aspetti più pratici alla scelta degli eventi da realizzare”. Autonomia e passione – “il museo è il mio posto del cuore, ma richiede anche impegno e dedizione” – aggiunge Daniela Pirillo, guida presso la struttura – senza perdere di vista quel riferimento che continua a essere don Pino e che resta “sempre presente con discrezione e con dolcezza, con la sua capacità di dare la possibilità di esprimere la nostra professionalità”.
L’impegno di sacerdoti come don Pino non conosce soste. Testimoni del Vangelo, ogni giorno ci offrono il loro tempo, ascoltano le nostre difficoltà e incoraggiano percorsi di ripresa; si dedicano a tempo pieno ai luoghi in cui tutti noi possiamo sentirci accolti e si affidano alla generosità dei fedeli per essere liberi di servire tutti. Promotori di tantissime storie di salvezza e aiuto portate avanti sul territorio, i sacerdoti sono impegnati in prima linea insieme alle loro comunità. In queste opere sono sostenuti dalle offerte liberali dedicate al loro sostentamento.
“Il sacerdote per svolgere il proprio compito ha bisogno di sostegno e supporto per vivere una vita decorosa – sottolinea il responsabile del Servizio Promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni – Le offerte rappresentano il segno concreto dell’appartenenza ad una stessa comunità di fedeli e costituiscono un mezzo per sostenere concretamente tutti i sacerdoti, dal più lontano al nostro. I nostri sacerdoti hanno bisogno della vicinanza e dell’affetto delle comunità. Oggi più che mai ci spingono a vivere il Vangelo affrontando le difficoltà con fede e generosità, rispondendo alle emergenze con la dedizione”.
Le Offerte per i sacerdoti, nate come strumento per dare alle comunità più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, sono diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica in quanto espressamente destinate al sostentamento dei preti diocesani. Dal proprio parroco al più lontano.
Le offerte raggiungono circa 33.000 sacerdoti al servizio delle 227 diocesi italiane e, tra questi, anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Terzo Mondo e 3.000 sacerdoti, ormai anziani o malati, dopo una vita spesa al servizio agli altri e del Vangelo. L’importo complessivo delle offerte nel 2020 si è attestato sopra gli 8,7 milioni di euro rispetto ai 7,8 milioni del 2019. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.
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