Nascere una volta, una seconda. E poi un’altra volta ancora. La notizia che il tribunale di Paola ha concesso il cambio di identità a una donna transgender ci fa respirare
e ci racconta che il come siamo non deve per forza corrispondere a chi siamo. Ed è una storia bellissima (di nascita e ancora rinascita) che mi fa tornare indietro, sì, ma con il cuore oggi finalmente più avanti. Vent’anni fa ho vissuto e lavorato per un periodo in Spagna. Io, giovane ingegnere, da una provincia del sud Italia in una meravigliosa e inaspettatamente moderna Andalusia. Condividevo l’appartamento, el piso, con una coppia di donne omosessuali; ho frequentato le loro amiche e vissuto i loro spazi e loro i miei (insieme alle sofferenze e alle gioie di quegli anni). Non c’erano discriminazioni, né preconcetti. Era tutto estremamente autentico. L’evoluzione che ha avuto la normativa spagnola in termini di riconoscimenti delle coppie LgbtQ+ era già nell’aria (il matrimonio tra persone dello stesso sesso e l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso, furono legalizzati dalle Corti Generali nel 2005, sotto il primo governo Zapatero). In Italia, a distanza di vent’anni, ci si trova ancora dinanzi a enormi difficoltà. Cosa ci spaventa dell’amore? Ognuno ha il diritto di amare a modo proprio, perché tutti siamo diversi nel manifestare il nostro amore. Questa diversità può avere davvero tutti i colori dell’arcobaleno, purché abbia i medesimi colori nei diritti. L’offensiva del nostro governo all’Europa, sul tema, parla di diritti negati; insieme, siamo in grado di far sentire la nostra voce così come sta accadendo in molte piazze italiane. Sono in piazza anche io e dico che no, l’amore senza diritti è negazione dell’amore stesso. Tuteliamo i diritti di tutte le famiglie, di tutti i bambini. Tuteliamo questo amore, ne esiste uno solo.
*Esponente Democrat – Vicesindaca Cosenza
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