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il processo

Donata Bergamini e la telefonata con Tiziana Rota: «Internò morbosa, mi hanno detto che è stato un delitto d’onore»

Altra udienza per la sorella dell’ex calciatore del Cosenza. La moglie di Lucchetti le disse: «L’hanno ucciso i parenti, lei è la mandante»

Pubblicato il: 31/03/2023 – 18:40
di Francesco Veltri
Donata Bergamini e la telefonata con Tiziana Rota: «Internò morbosa, mi hanno detto che è stato un delitto d’onore»

COSENZA Qualcuno, poco dopo la morte di Denis Bergamini, avvisò sua sorella Donata che Isabella Internò (unica imputata del processo in corso al tribunale di Cosenza sulla morte del calciatore rossoblù) era stata a casa dell’ex attaccante Maurizio Lucchetti e di sua moglie Tiziana. «Mi consigliarono di sentirla e così feci», ha detto oggi Donata Bergamini nel corso della seconda delle tre udienze a lei dedicate. «In quell’occasione, però – ha continuato la teste –, ebbi la percezione che Tiziana Rota non mi avesse detto tutto ciò che sapeva. Voleva chiudere in fretta la telefonata e mi convinsi che avesse paura di qualcosa. La rividi molti anni dopo, nel 2009 o 2010, nel mio paese, a Boccaleone, per un torneo dedicato a mio fratello. In quella circostanza finalmente si aprì con me. Mi rivelò di aver visto Isabella Internò sei o sette giorni prima che Denis morisse. La incontrò in una pasticceria a Rende e si sentì dire dalla ragazza una frase agghiacciante: “Piuttosto che saperlo di un’altra, lo preferisco morto”. Mi parlò anche dei cugini della Internò». Un ricordo, questo, che ha bloccato per qualche minuto la testimonianza di Donata Bergamini, apparsa visibilmente commossa. «Chiesi a Tiziana Rota – ha continuato poi la sorella di Denis – perché non mi avesse detto prima quelle cose e lei mi rispose che aveva avuto paura  per la sua bambina piccola. Mi chiese scusa, si mise a piangere. Una volta cresciuta, proprio sua figlia ha spinto la madre a venire da me per raccontarmi tutto». Il pm Luca Primicerio ha fatto ascoltare in aula anche una intercettazione telefonica del 2018 in cui Tiziana Rota, dopo essere stata convocata, insieme a Lucchetti, nella caserma di Pavia per essere ascoltata dall’allora procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, viene contattata da Donata Bergamini. In quella conversazione telefonica, Tiziana Rota racconta alla sorella di Denis di essere stata ascoltata da Facciolla per diverse ore, dicendo alla donna che mai avrebbe pensato che Isabella Internò sarebbe passata dalle parole ai fatti. «La procura di Castrovillari – dice Tiziana Rota a Donata – è certa dell’omicidio e che si è trattato di un delitto d’onore». «Mi sono state mostrate le foto del funerale – ha detto ancora Rota – e ho riconosciuto un cugino della Internò, stava sempre attaccato a lei, non la lasciava mai». E poi ancora: «Isabella è sempre stata troppo morbosa con Denis, lo seguiva, si nascondeva dietro le macchine per controllarlo». Riguardo all’aborto, Isabella Internò le parlava dell’onore di suo padre, «sembrava una pazza, Denis aveva fatto bene a lasciarla». Fino ad arrivare a quella sera maledetta (il 18 novembre 1989, ndr) «lui avrà reagito e la cosa sarà degenerata. Ma di certo, non può essere stata lei ad ucciderlo, sono stati i suoi parenti. Isabella è la mandante, non l’assassina».

Il rapporto tra Denis e Roberta Alleati

A Donata Bergamini è stato chiesto di approfondire anche il discorso legato alla relazione di suo fratello con Roberta Alleati e del rapporto con la fisioterapista Roberta Sacchi. «La Alleati spedì una lettera a casa dei miei genitori – ha detto – in cui diceva che Denis si era confidato con lei. La conobbi di persona il 17 dicembre del 1989, venne a casa mia, piansi quando la vidi, poi insieme andammo dal pm. Quando Denis era stato a Milano Marittima per le ferie, aveva preso un appartamento ma ho saputo soltanto in un secondo momento che c’era anche lei con lui. Infatti in quel frangente gli dissi “sei solo, perché non vai in albergo?”. Ma lui mi rispose che me lo avrebbe detto al momento giusto». Su Roberta Sacchi, la fisioterapista dell’ospedale di Pavia che curò Denis dopo l’infortunio subito nel gennaio del 1989, Donata Bergamini ha ribadito che la ragazza all’epoca le disse che Denis le aveva confidato di non essere più fidanzato con Isabella Internò, ma aveva una relazione con una delle sue parti. «Anche dopo il funerale, diverse amiche di mio fratello mi ribadirono questa cosa».

L’aborto di Isabella Internò e la telefonata di Donata alla zia di Torino

Pur avendone già parlato nell’udienza dello scorso 23 marzo, anche oggi a Donata Bergamini sono stati chiesti maggiori dettagli sulla decisione presa da Isabella Internò di abortire. «Andammo dal mio ginecologo – ha dichiarato – che confermò la gravidanza al quinto mese e mezzo. Ricordo che lui stesso sconsigliò alla Internò di abortire. Quando poi parlai al telefono con la zia della ragazza che viveva a Torino (Assunta Trezzi, ndr), mi venne detto chiaramente che i familiari di Isabella non avrebbero dovuto sapere niente della faccenda. Quella telefonata mi scosse molto, fu una cosa allucinante. Successivamente parlai dell’aborto a mio padre, nonostante Denis mi avesse chiesto di non farlo. Mio padre consigliò a mio fratello di sposare Isabella e di non abortire, aveva letto tante cose sul disonore nel Sud Italia e aveva paura. Ma Denis gli rispose che anche giù le cose erano cambiate e non doveva preoccuparsi di niente. Insomma, non voleva sposarla».

“Ti lascio il mio cuore e non il mio corpo”

«Da quello che ricordo – ha affermato Donata Bergamini – Isabella Internò mi descrisse mio fratello come un pazzo, come un ragazzo goliardico. Mi disse che fece l’autostop a cinque macchine che diventarono tre in un secondo momento, poi lui le si avvicinò dicendole la famosa frase “Ti lascio il mio cuore e non il mio corpo” e si tuffò sotto il camion come se fosse in piscina». A Roseto Capo Spulico – ha sottolineato poi la teste – mi diedero i beni di Denis, ma il passaporto non c’era, me lo dissero i carabinieri. Eppure Isabella Internò mi aveva ripetuto più volte che il desiderio di mio fratello quel giorno era quello di lasciare il calcio e partire all’estero. Ricordo anche che l’orologio che indossava Denis funzionava perfettamente, la catenina era integra, le scarpe pulite, c’era solo sassolino piccolo sulla suola». Donata Bergamini ha ammesso di aver più volte assecondato Isabella Internò pur di strapparle qualche informazione in più su quella tragica serata. «Ma era come un disco rotto – ha affermato – ripeteva sempre la stessa cosa. Un giorno, arrabbiata, le chiusi il telefono in faccia».

La macchina scura vista da Rinaldi e il risarcimento da invertire

Donata Bergamini è tornata su Francesco Forte e Berardino Rinaldi, i due testimoni che il 18 novembre del 1989 passarono dal luogo della tragedia. «Uno dei figli di Rinaldi – ha detto oggi la sorella dell’ex calciatore del Cosenza – mi disse che suo padre aveva visto una macchina scura in direzione Cosenza e un ragazzo che si sbracciava sulla strada». Inoltre la teste di giornata ha ricordato l’episodio in cui il Cosenza calcio, tramite il presidente Antonio Serra, propose a Domizio Bergamini, nel caso famiglia e società fossero stati risarciti dall’assicurazione per la morte del ragazzo, di invertire le quote che sarebbero spettate loro. Ovviamente a condizione che come causa della morte risultasse l’incidente (o omicidio colposo) e non il suicidio. «Ci dissero che il loro miliardo – ha evidenziato Donata – lo avrebbero ceduto a noi e loro avrebbero preso i nostri eventuali 250 milioni. Ma mio padre replicò che a lui non interessava niente dei soldi, lui voleva solo sapere la verità e che piuttosto avrebbe zappato la terra e mangiato cipolle tutta la vita. Mio padre non accettava l’ipotesi di suicidio o omicidio colposo. Lui era convinto che Denis fosse stato ucciso». Su questo aspetto è tornato anche l’avvocato di parte civile Fabio Anselmo, portando Donata Bergamini a ripercorrere le fasi del processo di Trebisacce al camionista Raffaele Pisano. «Gli avvocati – ha detto la teste – erano Andrea Toschi, Franz Caruso (attuale sindaco di Cosenza, ndr) ed Eugenio Donadio. Da quel processo ci aspettavamo che emergesse fuori la verità, ricordo che l’avvocato del Cosenza calcio Manfredi a un certo punto stava riuscendo a far parlare la Internò, ma venne stranamente interrotto. Gli avvocati ci dicevano sempre che per arrivare alla verità bisognava passare necessariamente dall’omicidio colposo».

Il «buco nero» di Donata

L’avvocato Anselmo ha toccato anche un tasto delicato della vita privata di Donata Bergamini, costretta a una terapia di supporto psicologico. «Ho avuto un buco nero – ha rivelato la donna –, ancora oggi mi chiedo come ho fatto a non crollare prima. Lo stress causato da questo processo mi ha causato una forte depressione da cui mi sto lentamente riprendendo».

I viaggi a Cosenza con papà Domizio

Nel corso del dibattimento, la sorella di Bergamini ha rivelato anche di essere partita con suo padre Domizio alla volta di Cosenza. «Dopo la morte di Denis – ha detto ancora Donata – siamo scesi a Cosenza, volevamo cercare le prove per dimostrare che non si era trattato di suicidio. Mio padre aveva paura dei depistaggi, voleva parlare con le persone, con la Questura, voleva far riaprire il caso. Abbiamo incontrato Padre Fedele. Io andai solo una volta con lui, viaggiammo di notte. Poi non mi volle più con sé, temeva che potessero farmi del male. Entravamo nei bar, parlava con le persone. Tutti ci stavano lontani, uscivano appena entravamo. Ma spesso, quando andavamo alla cassa, trovavamo il conto pagato. A Cosenza tutti sapevano che Denis era stato ucciso, qualcuno ci diceva di cercare le prove. Ci arrivarono anche delle lettere a casa».

Il libro di Carlo Petrini: «L’importante è che se ne parli»

«Nel 2001 – ha proseguito Donata Bergamini – incontrammo Carlo Petrini, un ex calciatore che voleva scrivere un libro su Denis. All’inizio ero contenta. Ci parlò di qualcosa di poco chiaro che era legato al calcio e che poteva essere tirato fuori grazie alla storia di mio fratello. Quando vidi la prima bozza del libro non mi piacque, ma papà insisteva, diceva “l’importante è che se ne parli”. In quel periodo lui più di tutti si rendeva conto che sul caso di Denis era calato il silenzio. Quando lessi il libro, rimasi senza parole. Si parlava di calcioscommesse, di droga, Denis veniva infangato. Inoltre venivano riportare delle dichiarazioni di mio padre che non riconoscevo. Quando ne parlai direttamente con lui, mi rispose “Facciamoci del male, ma dobbiamo fare in modo che se ne parli. Qui tutti lo hanno dimenticato”. Mio padre era ossessionato da quella sentenza che diceva che Denis si era suicidato. Voleva dimostrare che non era la verità. Il suo scopo era quello di riaprire il caso. Successivamente Petrini mi chiese scusa, mi rivelò che nel suo libro aveva mescolato verità e invenzioni. Ammise che se avesse scritto di un delitto legato a una questione privata, nessuno se ne sarebbe occupato. Oggi, a distanza di tempo, ammetto che quel libro è stato fondamentale per la riapertura del caso. Da allora iniziarono a chiamarci in tv e i giornali tornarono ad occuparsi della vicenda. Ma che si trattasse di droga, calcioscommesse o altro, noi insistevamo sul fatto che di mezzo c’era sempre lei, Isabella Internò. Perché quel giorno era con Denis se non stavano più insieme da tempo?».

Gianluca Tiesi e la puntata di “Chi l’ha visto?”

Ascoltato uno stralcio di una conversazione telefonica tra Donata Bergamini e Gigi Simoni (ex portiere del Cosenza molto legato a Denis), la teste ha rivelato di essere stata contattata privatamente, dopo l’apertura di una pagina facebook dedicata al fratello intorno al 2010 (“Verità per Denis”, poi trasformata in “Giustizia per Donato Denis Bergamini”), da Gianluca Tiesi, cognato di Isabella Internò. «Mi scrisse che qualcuno – ha affermato la donna – aveva indotto Denis al suicidio e che mi avrebbe potuto mettere in contatto con Isabella Internò. Gli diedi il mio numero telefonico ma dopo una puntata di “Chi l’ha Visto?” in cui intervistarono la Internò, lei non volle più parlarmi». Donata Bergamini verrà ascoltata anche il prossimo 4 aprile. Previsto in quella data il controesame della difesa.

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