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‘Ndrangheta in Lombardia, l’imprenditore prestanome di Turi Mancuso: regali e parcelle per il “compare”

Dall’inchiesta della Dda di Milano emerge la figura di Enrico Barone, finito in carcere. Reati tributari, ma non solo. Ricostruiti i legami con i clan del Vibonese e i “favori” per il boss in carcere

Pubblicato il: 01/04/2023 – 13:25
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta in Lombardia, l’imprenditore prestanome di Turi Mancuso: regali e parcelle per il “compare”

VIBO VALENTIA Rapporti solidi, ben radicati nel tempo con la ‘ndrangheta calabrese che, a Legnano-Lonate Pozzolo, nel territorio della provincia di Varese, è presente da tempo con un locale ben organizzato e capeggiato, come è emerso al termine del processo “Bad Boys”, da capo locale Vincenzo Rispoli. Sono quelli di Enrico Barone, classe ’69, nato a Vibo Valentia e residente in Lombardia, finito in manette nel corso del blitz della Guardia di Finanza dei Comandi Provinciali di Varese e Milano, su richiesta del gip del Tribunale di Milano, Tiziana Gueli, che ha accolto (solo in parte) le richieste dalla Dda di Milano. Oltre a lui è finito in carcere insieme a Maurizio Ponzoni (cl. ’66). Un’operazione incentrata in particolare sulle ipotesi di acquisizione di società in stato di insolvenza che, una volta entrate nella sfera di operatività dell’organizzazione, venivano portate al definitivo fallimento non prima, però, di averne completamente depauperato il patrimonio in danno dei creditori. Perno centrale di questo presunto sistema criminale sarebbe, per gli inquirenti, proprio Enrico Barone.

Il gruppo e le presunte truffe

Così come scrive il gip, l’indagine è stata in grado di disvelare un sodalizio criminale, promosso e organizzato dal Barone e da Ponzoni, finalizzato alla commissione di reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, omessa presentazione della dichiarazione a fini Iva, indebite compensazioni, intestazione fittizia, bancarotta fraudolenta e riciclaggio, attraverso la «creazione di strutture societarie, intestate a prestanome consapevoli» e utilizzate per «omettere sistematicamente il pagamento delle imposte e distrarre a vantaggio dei componenti del sodalizio «le risorse societarie in pregiudizio dei creditori».

Il prestanome dei Mancuso

Per la distrettuale antimafia del capoluogo lombardo – tesi confermata dal gip – il 54enne Enrico Barone sarebbe a tutti gli effetti un prestanome di Salvatore “Turi” Mancuso (cl. ’67) di Limbadi, figlio del boss deceduto “Don Ciccio” Francesco (cl. ’29), e soprattutto nipote del “capo dei capi” della ‘ndrangheta calabrese, il “supremo” Luigi Mancuso. Come è emerso dall’inchiesta, infatti, Barone ha anche battezzato il piccolo Antonio Mancuso (cl. ’04), figlio di Salvatore, e il 29 maggio del 2020 è stato addirittura contattato in videochiamata da un altro figlio, Giuseppe Mancuso, in quell’istante a colloquio (in remoto) con il padre detenuto nel carcere di Oristano. Ma, secondo l’inchiesta, Barone avrebbe anche distribuito una serie di “prebende” di varia natura a soggetti legati ai Tripodi, legati ai Mancuso e al locale di Legnano-Lonate Pozzolo. Il fortissimo legame criminale tra Barone e Salvatore Mancuso è emerso già in altri procedimenti. C’è, ad esempio, una sentenza della Corte d’Appello di Milano del 2015 (irrevocabile dal 2016) quando cioè proprio Barone è stato condannato per il reato di usura insieme proprio a Salvatore Mancuso. Sempre nel 2016 la Corte di Appello di Milano ha disposto la confisca di prevenzione, confermata dalla Corte di Cassazione di numerosi beni intestati fittiziamente al nucleo familiare del Barone cl. 69 ma in realtà riconducibili a Salvatore Mancuso.

La videochiamata in carcere

«(…) tra poco devo parlare con uno che è in carcere, con la videochiamata (…) questo chiama il figlio, dice che mi vuole vedere». C’è un altro episodio significativo per gli inquirenti e riportato dal gip nell’ordinanza. È il 19 maggio 2020 quando nel corso di una videochiamata intrattenuta dal computer del suo ufficio, Barone parla con il figlio di Mancuso, Giuseppe Ruggiero. Quest’ultimo lo rassicura sul fatto che, nel prossimo video colloquio con il padre, lo avrebbe fatto intervenire. E così accade effettivamente il giorno seguente, quando lo stesso Barone è contatto in videochiamata ancora da Giuseppe Mancuso che, a sua volta, è in linea in quel momento (sempre tramite videochiamata) con il padre Salvatore. L’occasione, insomma, per poter vedere e salutare il boss in quel momento rinchiuso in carcere ad Oristano.   

Le rassicurazioni al figlio di Turi

È invece il giugno de 2020 quando ancora Barone incontra, nel proprio ufficio, Giuseppe Mancuso. Nel corso del colloquio intercettato dagli inquirenti, Barone illustra i propri timori che qualche sodale possa aver speso la sua vicinanza ed operatività a favore del Mancuso per evitare problemi con altri pregiudicati. «(…) che i miei non sono reati brutti, non sono reati come omicidio, mafia e situazioni» spiega Barone al figlio di Turi Mancuso «sono tutti reati fiscali, truffe (…) da parte mia vai tranquillo che io non l’ho mai tirato in ballo su quella storia (…) non l’ho mai fatto io… Io sapevo». Per gli inquirenti questo è un ambientale molto significativa. Enrico Barone, infatti, esclude di aver mai utilizzato il nome dei Mancuso per risolvere “discussioni” con altre persone legate agli illeciti fiscali da lui commessi.

Regali e parcelle

In ragione del forte legame esistente tra Turi Mancuso, Enrico Barone avrebbe anche pagato o comunque contribuito al pagamento della parcella del suo avvocato. È lui stesso a dirlo in una conversazione intercettata dagli inquirenti al fratello, Carmine. «(…) a me mi ha scritto… adesso gli ho risposto… poi ho mandato i soldi dell’avvocato e bene o male lo sistemo». Gli inquirenti intercettano, poi, il commento di Carmine Barone che, rispondendo al fratello, considera il gesto maggiormente apprezzato rispetto a quello abituale di fornire solo una piccola somma di denaro mensile. «(…) ma tu pensi che davvero hanno bisogno dei 1000 euro loro? Almeno l’avvocato me la vedo io». Conversazione che si conclude con l’intenzione di Enrico Barone di fare un regalo ai Mancuso «poi se mi riprendo… qualche cosa gliela regalo pure a loro». (g.curcio@corrierecal.it)

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